lunedì 21 aprile 2014

Storia del Necronomicon, il Libro Maledetto (e di H. P. Lovecraft, l'uomo che sussurrava nelle tenebre)

G. Luca Chiovelli

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- 700 circa. Abdul Alhazred nasce a Sana’a, nello Yemen, sotto il califfato degli Omayyadi.
- 730 circa. Abdul Alhazred scrive a Damasco Al Azif (Lovecraft: “Questa è la parola usata in arabo per indicare il rumore notturno prodotto da certi insetti, e che si crede sia anche il verso dei demoni”).
- 738. Abdul Alhazred, secondo lo storico del XII secolo Ibn Khallikan, muore in circostanze misteriose (il suo corpo, secondo persistenti versioni, fu straziato in pieno giorno da un essere invisibile: Lovecraft adombrerà tale resoconto semileggendario nel racconto The hound).
- 950. Teodoro Fileta a Costantinopoli traduce l'opera in greco col titolo Necronomicon (Descrizioni delle leggi dei morti).
- 1050. Il patriarca Michele ordina la distruzione delle versioni in greco. Il testo originale in arabo è considerato perduto.
- 1228. Olaus Wormius traduce in latino una versione greca superstite del Fileta. Nell’introduzione è data per certa la scomparsa dell’originale arabo.
- 1232. Papa Gregorio IX ordina la distruzione di tutte le copie, in versione latina e greca, del Necronomicon.
- XV secolo. Edizione tedesca della versione latina, stampata probabilmente a Norimberga.
- 1500-1550. Dicerie contrastanti e, forse, inattendibili: si parla di un’edizione italiana della versione greca; o, addirittura, d’una versione in volgare italiano distillata dall’erudito ed esoterista Giulio Camillo Delminio.
- 1580. John Dee inizia una traduzione inglese dell’opera che rimarrà allo stato manoscritto. D’essa sopravvivranno solo dei frammenti.
- XVII secolo. Edizione spagnola della versione latina.
- 1692. In un incendio d’una biblioteca privata di Salem viene perduto uno degli ultimi esemplari della versione greca.
- 1890, 20 Agosto. Nasce a Providence Howard Phillips Lovecraft.
- 1895. Viene pubblicato Il re in giallo di Robert W. Chambers. Il re in giallo è una raccolta di racconti che ruotano attorno a un ominoso testo in forma teatrale: Il re in giallo, appunto.
La lettura del  libro induce alla pazzia. Secondo Lovecraft (cfr. 1927) l’opera è ispirata al Necronomicon. Un antenato materno di Chambers fu tra i fondatori di Providence.

- Gennaio 1921. Lovecraft scrive La città senza nome (The nameless city).
“Remota nel deserto d'Arabia giace la città senza nome, rovinosa e caotica, le basse mura quasi sepolte dalle sabbie di età infinite. De­v'essere stata così già prima che l'uomo ponesse le prime pietre di Menfi, già prima che venissero cotti i mattoni di Babilonia. Nessuna leggenda è così antica da risalire fino ad essa per darle un nome, o per ricordare che fu mai viva un giorno; ma se ne parla in sussurri attorno ai fuochi di campo, e le vecchie ne mormorano nelle tende degli sceicchi, così che tutte le tribù la evitano senza sapere perché. Di questo luogo sognò il poeta pazzo Abdul Alhazred la notte prima di cantare il distico inesplicabile:

Non è morto ciò che in eterno può attendere
E col passar di strani eoni anche la morte può morire.
(That is not dead which can eternal lie
And with strange aeons even death may die)”

- Settembre 1922. L. scrive Il segugio (The hound)

“Appena vedemmo l'amuleto sapemmo che dovevamo possederlo, che quel tesoro era il premio riservatoci dalla tomba secolare. Anche se non l'avessimo mai visto prima l'avremmo desiderato, ma non era così. Era estraneo, certo, all'arte o alla letteratura familiari alle perso­ne sane di mente, ma lo riconoscemmo per l'oggetto di cui parla il Necronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred: lo spaventoso sim­bolo spirituale dei divoratori di cadaveri, il cui culto è praticato in Asia centrale, sull'altopiano di Leng. Identificammo fin troppo facil­mente l'effigie di cui parla il demonologo arabo: effigie, secondo quanto è scritto, che l'artista avrebbe copiato da oscure manifestazio­ni soprannaturali delle anime di coloro che violarono e divorarono i morti …

“Nel Necronomicon di Abdul Alhazred leggemmo le sue bizzarre proprietà e apprendemmo il rapporto che esiste fra le anime dei mangiatori di morti [i ghoul] e gli oggetti che il talismano simboleggiava; erano tutte cose orribili, e poco dopo comin­ciò il terrore ...”
“L'orrore arrivò al culmine il 18 novembre, quando St. John, tor­nando a piedi dalla lontana stazione ferroviaria, fu assalito da una belva carnivora e fatto a pezzi [come Abdul Alhazred] …”.

- 1923. L. scrive La ricorrenza (The festival)
“Il vecchio mi indicò una sedia, un tavolo e un mucchio di libri, poi uscì dalla stanza. Io sedetti, vidi che i libri erano vecchi e ammuffiti dall'umidità e che i titoli comprendevano l'assurdo Marvells of Science del vecchio Morryster, il terribile Saducismus Triumphatus di Joseph Glanvill pubblicato nel 1681, la Demonolatreia di Remigio, stampata nel 1595 a Lione, e peggio di tutti l'irriferibile Necronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred, nella versione latina di Olaus Wormius a suo tempo messa all'indice. Non avevo mai visto quest'ultimo volume, ma ne avevo sentito cose mostruose … Cercai di leggere e presto fui assorbito da qualcosa che trovai nel maledetto Necronomicon, un concetto o una leggenda troppo orribile per essere sopportata dalla mente senza perder la ragione …"
"… riuscii a ottenere una copia del discutibile Necronomicon di Abdul Alhazred, custodita gelosamente nella biblioteca della Miskatonic University. I medici parlavano di ‘psicosi’ e convennero che la cosa migliore era che mi sbarazzassi di qualunque ossessione. Lessi una volta ancora quell'odioso capitolo e tremai da capo a piedi, perché in qualche modo io lo conoscevo già .."
Ne La ricorrenza appare una rarissima e fondamentale citazione dal Necronomicon:
Le profondità ultime della terra … non sono per l'occhio che vede: poiché abbondano di straordinarie e terribili meraviglie. Maledetto il terreno dove morti pensieri riprendono a fluire in corpi estranei, maledetta la mente che non è racchiusa in una testa d'uomo. Disse saggiamente Ibn Schacabao che è felice la tomba dove nessuno stregone ha giaciuto, felice di notte la città i cui negromanti si sono ridotti in cenere. È antica la tradizione secondo cui l'anima dei corrotti dal demonio non vuole distaccarsi dalla creta del corpo, ma ingrassa e istruisce i vermi stessi che glielo divorano; finché dalla corruzione nasce orrida vita e le bestie abominevoli che si nutrono di carogne si moltiplicano per vessare la terra e per diffondervi piaghe mostruose. Grandi caverne vengono scavate dove dovrebbero bastare i pori della terra, e cose che dovrebbero strisciare hanno imparato a reggersi in piedi.
 
- 1926. Taccuino 21. Lovecraft confessa d’aver già notato il libro in un negozio; poi mente sul suo acquisto. Da questa data le menzioni del grimorio si fanno più coerenti e circostanziate.
“L'abominevole libro intravisto in un antico negozio, e mai più rivisto …”

- 1926. L. scrive La discesa (The descendant)
“A Londra c'è un uomo che urla quando suonano le campane della chiesa. Vive da solo, con un gatto striato, nella locanda di Gray e la gente lo considera un pazzo innocuo. Ha una stanza piena di libri banali e del tipo più puerile: ora dopo ora cerca di perdersi in quelle deboli pagine. Tutto quel che chiede alla vita è di non pensare. Per qualche ragione il pensiero gli è insopportabile e tutto ciò che eccita l'immaginazione deve essere evitato come la peste. È molto magro, grigio di capelli, coperto di rughe, ma alcuni sostengono che non sia vecchio quanto sembra. La paura lo ha marchiato coi suoi artigli e qualunque rumore lo fa trasalire: allora sgrana gli occhi e la fronte si bagna di sudore. Evita amici e compagni perché non vuole rispondere alle domande; quelli che un tempo lo conobbero come studioso e artista dicono che fa pena vederlo adesso. Ha abbandonato tutti da anni e le vecchie conoscenze non sanno per sicuro se abbia lasciato il paese o si sia imboscato in un angolo dimenticato dal mondo. Vive ormai da dieci anni nella locanda di Gray, ma del periodo precedente non volle dir nulla fino alla notte in cui il giovane Williams gli portò il Necronomicon … Le discussioni continuarono per molte sere, fino a quando Williams portò a casa l'infame Necronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred …”

- Giugno 1926. L. scrive Il richiamo di Cthulhu (The call of Cthulhu)

“Adoravano, stando alle loro parole, i Grandi Antichi che erano vissuti molto prima della comparsa dell'uomo, e che erano giunti su questo giovane mondo dal cielo. Ora i Grandi Antichi erano scomparsi nel profondo della terra e sotto i mari, ma i loro cadaveri avevano rivelato ai primi uomini, in sogno, i segreti che bisognava conoscere. Da allora il culto non si era estinto. I prigionieri avevano ammesso di farne parte, aggiungendo che esso era sempre esistito e avrebbe continuato a esistere nei deserti e nelle zone oscure del mondo, fino al giorno in cui il gran sacerdote Cthulhu, sorto dalla sua casa nell'immensa città sommersa di R'lyeh, avrebbe riconquistato la terra al suo potere. E quel giorno, quando le stelle fossero state pronte, egli avrebbe chiamato e i suoi adoratori lo avrebbero liberato.

Nell'attesa, niente altro bisognava dire: c'erano segreti che nemmeno la tortura sarebbe riuscita a estorcere. Una cosa era certa: l'umanità non era la sola forma di vita dotata di coscienza su questa terra. Dal buio sorgevano forme che visitavano i fedeli, e che tuttavia non erano quelle dei Grandi Antichi, perché nessun uomo li aveva mai visti. L'idolo di pietra rappresentava il grande Cthulhu, ma non era possibile dire se gli altri gli assomigliassero. Nessuno era più in grado di leggere l'antica scrittura, ma le informazioni passavano di bocca in bocca; il rituale che i celebranti cantavano non era segreto: il vero segreto non veniva mai detto ad alta voce, solo sussurrato. La cantilena che i poliziotti avevano sentito significava solo questo: ‘Nella sua dimora di R'lyeh il morto Cthulhu attende sognando’ (Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn)".

- Fine 1926. Scompare il pittore iperrealista Richard Upton Pickman, autore de La lezione e dell’abominevole Demone che divora i cadaveri; con lui si perdono le tracce di una edizione della versione greca del Necronomicon.

- 1927. L. scrive Storia e cronologia del Necronomicon (History and chronology of the Necronomicon).

“Titolo originale Al Azif: questa è la parola usata in arabo per indicare il rumore notturno prodotto da certi insetti, e che si crede sia anche il verso dei demoni.
Il testo fu composto da Abdul Alhazred, poeta pazzo di Sana’a nello Yemen, forse fiorito all'epoca dei califfi Omayyadi intorno al 700 d.C. Costui visitò le rovine di Babilonia e le segrete sotterranee di Menfi, dopodiché trascorse dieci anni nel grande deserto meridionale d'Arabia, il Roba el Khaliyeh o "Spazio Vuoto" degli antichi e il Dahna o Deserto Scarlatto degli arabi moderni, che lo ritengono protetto da spiriti maligni e abitato da mostri letali: coloro che sostengono di averlo attraversato ne raccontano meraviglie. Nei suoi ultimi anni Alhazred abitò a Damasco, dove il Necronomicon (Al Azif) fu scritto; sulla morte o scomparsa del poeta, avvenuta nel 738 d.C, si raccontano molte cose terribili e spesso contrastanti. Un biografo del sec. XII, Ebn Khallikan, riferisce che fu afferrato da un mostro invisibile nella piena luce del giorno e divorato davanti a un gran numero di testimoni agghiacciati. Sulla pazzia di Alhazred si è a lungo speculato. Sosteneva di aver visto la favolosa Irem, Città delle Colonne, e di aver trovato sotto le rovine di una sconosciuta metropoli del deserto i segreti e gli annali mostruosi di una razza più antica dell'umanità; non era di fede musulmana, ma adorava entità sconosciute che chiamava YogSothoth e Cthulhu.
Nel 950 d.C. l'Azif, che aveva ottenuto una discreta e ufficiosa diffusione tra i filosofi del tempo, fu tradotto segretamente in greco da Teodoro Fileta di Costantinopoli, che gli attribuì il titolo di Necronomicon. Per un secolo circa il grimorio spinse alcuni sperimentatori a compiere terribili esperienze, finché venne bandito e fatto bruciare dal patriarca Michele. In seguito se ne è sentito parlare poco e segretamente, ma nel 1228 Olaus Wormius ne fece una traduzione in latino medievale che fu stampata due volte: una nel XV secolo in caratteri gotici (evidentemente in Germania) e l'altra nel XVII, probabilmente in Spagna. Entrambe le edizioni non hanno data né altri segni di identificazione, ed è possibile stabilire una collocazione geograficotemporale solo in base alle caratteristiche tipografiche interne. Tanto la versione greca che quella latina furono messe all'indice nel 1232 da papa Gregorio IX: evidentemente la tradizione del Wormius, avvenuta poco prima, aveva richiamato l'attenzione della Chiesa. L'originale arabo era da considerarsi perduto già ai tempi di Wormius, come da lui indicato nell'introduzione all'opera; quanto alla versione greca  che fu stampata in Italia fra il 1500 e il 1550  nessun esemplare è stato più visto dopo l'incendio di una certa biblioteca privata a Salem, nel 1692. Una traduzione inglese effettuata dal dottor Dee non fu mai stampata ed esiste solo in frammenti recuperati dal manoscritto originale. Del testo latino esiste una copia (ed. sec. XV) nella sezione riservata del British Museum, mentre un'altra (sec. XVII) si trova nella Bibliothéque Nationale di Parigi. Altri esemplari del sec. XVII sono reperibili presso la Widener Library ad Harvard, nella biblioteca della Miskatonic University ad Arkham e in quella dell'università di Buenos Aires. È probabile che numerose altre copie esistano in segreto, e pare che un esemplare del sec. XV faccia parte della collezione di un famoso milionario americano. Una voce ancora più vaga attribuisce la conservazione di una copia del testo greco (XVI secolo) alla famiglia Pickman di Salem: ma se anche così fosse, è probabile che sia scomparsa con l'artista R.U. Pickman all'inizio del 1926. Il libro è rigorosamente vietato dalle autorità di molti paesi e da tutte le fedi organizzate. La sua lettura produce orribili conseguenze. Pare che voci riguardanti quest'opera (pressoché sconosciuta al grande pubblico) abbiano ispirato a R.W. Chambers l'idea centrale di uno fra i suoi primi libri, Il re in giallo”.

- 1927. L. scrive Il caso di Charles Dexter Ward (The case of Charles Dexter Ward)
Lo stregone Joseph Curwen (Corvinus, apparentemente immortale) scrive al protagonista:

“Mi compiaccio dell'impegno che portate ne li Studi Antichi, et a vostro modo, poi che non credo li eseguisse meglio il signor Hutchinson a SalemVillage. Certo quello che H. resuscitò non fu che un animato Obbrobrio, perché poté impadronirsi solo parzialmente de la materia prima. Quanto voi mi inviaste non funzionò, o perché mancava qualche elemento o perché le Parole non erano esatte quando le pronunciai e copiai. Da solo nulla posso: non posseggo le arte chimiche per obbedire a Borello e sbagliai al punto VII. Portate con voi il Necronomicon che mi raccomandaste, ma vi priego di osservare quello che ci fu detto sulla necessità imperativa di prestare grande attenzione a Chi noi evochiamo, giacché sapete ciò che scrisse il signor Mather nel Magnalia ecc, et potete giudicare come fosse autentica la cosa orrenda che vi è riferita. Vi dico ancora: non evocate niuna Entità che non possiate indietro rimandare, col che significo alcuna cosa i cui poteri siano più grandi dei vostri. Fui atterrito nel leggere che eravate a conoscenza di ciò che Ben Zariatnatmik custodiva nella sua cassa d'ebano, poiché ho benissimo compreso chi ve lo disse. Ancora vi priego di indirizzarmi le vostre lettere come Jedediah, non Simone: in questa comunità la vita di un uomo può essere breve, e voi conoscete il Progetto pel quale tornai indietro nei panni di mio figlio. Spero che mi farete parte di ciò che l'Uomo Nero apprese da Silvano Cocidio nella tomba sotto il muro romano et vi sarò obbligato per il prestito del manoscritto di cui parlate.”

- 1928. Taccuino 22
Appunti per un racconto. Autobiografico?
“ … un libro che induce sonno in chi legge, che non si può leggere, un uomo deciso lo legge e diventa pazzo …”

- Luglio 1928. L. scrive L’orrore di Dunwich (The Dunwich horror)
Wilbur Whateley, già in possesso di frammenti della traduzione manoscritta di John Dee, si presenta all’Università di Arkham:
“Alto quasi due metri e mezzo, con una valigia di cartone comprata allo spaccio di Osborn, quest'essere deforme, bruno e caprino, comparve un giorno ad Arkham cercando il temuto volume custodito sotto chiave nella biblioteca dell'università: l'abominevole Necronomicon del folle arabo Abdul Alhazred, nella versione latina di Olaus Wormius, stampato in Spagna nel XVII secolo …”
Più oltre il professor Armitage declama un altro passo ominoso del Necronomicon, pagina 751 dell’edizione integrale:
"Né si deve pensare … che l'uomo sia il primo o l'ultimo dei padroni della Terra, né che questo banale impasto di carne e anima sia il solo a calcarne la polvere. Gli Antichi furono, gli Antichi sono, gli Antichi saranno. Non negli spazi che conosciamo, ma fra gli spazi, Essi trascorrono sereni, primevi e adimensionali e da noi non visti. YogSothoth conosce la porta. YogSothoth è la soglia. YogSothoth è la chiave e il guardiano della soglia. Passato, presente, futuro coesistono in YogSothoth. Egli sa dove gli Antichi irruppero in tempi remoti, e dove irromperanno un'altra volta. Egli sa dove Essi hanno calcato i campi della Terra e dove ancora li calcheranno, e perché nessuno può contemplarLi mentre camminano. Dal Loro odore possono gli uomini talvolta sapere che Essi sono vicini, ma il Loro sembiante nessun uomo conosce, eccetto che nelle fattezze di coloro che Essi hanno generato fra il genere umano; e di questi ultimi ve ne sono di molte sorte, assai diverse nell'aspetto: dalla più rassomigliante immagine dell'uomo, a quella invisibile forma priva di sostanza che è Loro. Trascorrono non visti e abominevoli in luoghi solitari ove le Parole sono state pronunziate e i riti urlati nelle Stagioni adatte. Le Loro voci mormorano nel vento, la Terra rimbomba della Loro consapevolezza. Essi piegano foreste e abbattono città, ma foreste e città non possono vedere la mano che le colpisce. Kadath nel deserto gelato Li ha conosciuti, e quale uomo conosce Kadath? Le gelide desolazioni del Sud e le inabissate isole dell'Oceano custodiscono pietre ove è inciso il Loro sigillo, ma chi mai ha contemplato le città gelate o le misteriose torri inghirlandate di alghe e di conchiglie? Il Grande Cthulhu è Loro cugino, eppure può scorgerLi a stento. Iä! ShubNiggurath! Come un'abominazione voi Li conoscerete. La Loro mano è sulla vostra gola, e tuttavia non Li vedete; e la Loro dimora è la vostra stessa vigilata soglia. YogSothoth è la chiave della soglia, ove le sfere s'incontrano. L'uomo regna oggi dove Essi regnarono un tempo; ma presto Essi regneranno dove l'uomo oggi regna. Dopo l'estate è inverno, e dopo l'inverno estate. Essi attendono, imperturbabili e potenti, perché qui Essi torneranno a regnare".

 - 1929. L. scrive Nelle spire di Medusa (Medusa’s coil)
“Era l'antica, orribile ombra a cui i filosofi non hanno mai osato dare un nome... l'essere di cui il Necronomicon fa solo cenno, ed è simboleggiato dai colossi dell'isola di Pasqua …”

- 1930. L. scrive Colui che sussurrava nelle tenebre (The whisperer in the darkness)
“Suppongo che non ignori gli spaventosi miti anteriori alla venuta degli uomini sulla Terra, i cicli di YogSothoth e di Cthulhu menzionati nel Necronomicon. Ho avuto occasione di scorrere quest'opera, e mi pare che ce ne sia un esemplare nella biblioteca della vostra università …”
“Certo, poteva anche trattarsi di un falso, poiché io non ero il solo ad aver letto il mostruoso Necronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred; malgrado ciò, rabbrividii riconoscendo alcuni ideogrammi che i miei studi mi avevano insegnato ad associare a entità empie e terrificanti, risalenti a epoche anteriori alla nascita della Terra e degli altri mondi del sistema solare, quando avevano conosciuto una specie di folle semiesistenza”
Lessi nomi e parole che avevo già sentito altrove e che sapevo riferirsi ai misteri più orridi: Yuggoth, il Grande Cthulhu, Tsathoggua, YogSothoth, R'lyeh, Nyarlathotep, Azathoth, Hastur, Yan, Leng, il lago di Hali, Bethmoora, il Segno Giallo, L'murKathulos, Bran e il Magnum Innominandum; fui condotto in mondi estranei al nostro, di cui l'autore del Necronomicon aveva vagamente intuito l'esistenza; presi conoscenza degli abissi della vita originale, delle diverse correnti che ne derivano, e, finalmente, d'una mostruosa mescolanza che si era prodotta tra quelle correnti e un ulteriore abominio venuto dall'esterno”

- 1931. L. scrive Le montagne della follia (At the mountains of madness).
Una spedizione antartica scopre una città antidiluviana. La eressero gli antichi dei (The Old Ones), venuti dalle stelle, tramite mostruose creature protoplasmiche da loro create, a loro volta divenute divinità.
La razza umana, parto del caso, non è che un esiguo e breve incidente in una evoluzione dai tempi incommensurabili.
“Nel paesaggio c'era qualcosa che ricordava gli straordinari e inquietanti dipinti asiatici di Nicholas Roerich e le de­scrizioni ancora più strane e inquietanti del favoloso, malvagio alti­piano di Leng che ricorrono nel temuto Necronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred. In seguito mi sarei pentito di aver esaminato quel testo d'infamia nella biblioteca dell'università ... la struttura complessiva ricorda le creature mostruose di certi antichi cicli mitici, e in particolare gli Esseri antichi di cui parla il Necronomicon …"
"An­cora una volta pensai ai miti antichissimi che mi perseguitavano da quando avevo messo piede nel desolato mondo antartico: all'altipia­no di Leng, ai MiGo, agli abominevoli uomini delle nevi che si dice vivano sull'Himalaya, ai Manoscritti pnakotici con i loro riferimenti a età preumane, al culto di Cthulhu, al Necronomicon e alle leggende iperboree dell'informe Tsathoggua e della progenie stellare,  peggio che informe  associata a quell'oscura entità ...”.
“Le creature che avevano costruito e popolato lo spaventoso labi­rinto che risaliva all'età dei dinosauri non erano dinosauri, ma molto peggio. A loro confronto i grandi rettili erano creature recenti e prati­camente senza cervello, mentre i costruttori appartenevano a una raz­za antica e sapiente, e avevano lasciato impronte nella roccia che già allora risalivano a quasi un miliardo d'anni prima... E la roccia si era formata prima che la vita sulla terra progredisse oltre lo stadio di mal­leabili gruppi di cellule, ragion per cui precedeva assolutamente l'ori­gine della nostra evoluzione biologica. Perché erano essi ad aver crea­to le forme di vita terrestri e ad averle fatte schiave; e senza dubbio essi avevano fornito il modello delle creature mostruose descritte nei miti primigeni, quelli cui accennano con terrore i Manoscritti pnakotici e il Necronomicon. Erano i Grandi Antichi filtrati dalle stelle quando la terra era giovane... gli esseri plasmati da un'evoluzione aliena e dotati di tali poteri che il nostro pianeta non ne ha mai cono­sciuto l'uguale. E pensare che solo il giorno prima Danforth e io ave­vamo esaminato i frammenti della loro materia corporea, fossilizzata da milioni di anni... e il povero Lake e il suo gruppo li avevano visti interi ...".
"Mito o no, le sculture raccontavano come gli esseri dalla testa stellata fossero arrivati dallo spazio profondo su una terra ancora senza vita e in formazione; né furono i soli a visitare il pianeta, perché li seguirono altre entità che a loro volta si erano dedicate ai viaggi spaziali. A quanto pareva erano in grado di attraversare l'etere interstellare su grandi ali membranose, fatto che confermerebbe cer­te curiose leggende che si narrano sulle nostre colline e che mi sono state riferite da un collega appassionato di antichità. Le creature ave­vano vissuto a lungo in fondo al mare, costruendo fantastiche città e combattendo inaudite battaglie contro avversari sconosciuti con l'aiuto di complessi meccanismi che impiegavano ignote fonti d'ener­gia. Evidentemente le loro conoscenze scientifiche e tecniche supera­vano di gran lunga quelle attuali dell'uomo, anche se gli aspetti più spettacolari e avanzati della tecnologia venivano usati solo in caso di stretta necessità. Alcuni bassorilievi facevano pensare che le creature avessero attraversato una fase intensamente tecnologica su altri pia­neti, ma vi avessero rinunciato quando avevano scoperto che si tratta­va di un modo di vivere dalle tristi conseguenze psicologiche. L'ecce­zionale resistenza dei loro organismi e la semplicità dei relativi biso­gni li rendeva particolarmente adatti a mantenere un elevato tenore d'esistenza senza far ricorso a manufatti troppo sofisticati e addirittu­ra a fare a meno di vestiti se non in rari casi, come protezione contro gli elementi.
Fu nel mare, prima per cibarsene e poi per altri scopi, che crearo­no la vita sul nostro pianeta: si servirono delle sostanze a disposizione e impiegarono metodi conosciuti da tempo. Gli esperimenti più com­plessi avvennero dopo la distruzione di vari nemici cosmici. Avevano fatto lo stesso su altri pianeti, fabbricando non solo il cibo che ritene­vano necessario ma vere e proprie masse multicellulari protoplasmiche capaci di modellare i propri tessuti in ogni sorta di organi provvisori, il tutto sotto influsso ipnotico. In questo modo le creature stel­late si erano dotate di schiavi ideali per eseguire i lavori pesanti ne­cessari alla comunità. Non c'è dubbio che queste masse informi siano ciò che Abdul Alhazred definisce "shoggoth" nello spaventoso Necronomicon, benché persino quel folle non abbia mai osato immagi­nare che esistessero davvero, salvo nei sogni drogati di chi masticava una certa pianta alcaloide. Quando gli Antichi dalla testa a forma di stella ebbero sintetizzato il cibo elementare di cui avevano bisogno e prodotto una buona quantità di shoggoth, consentirono che determi­nati gruppi di cellule si evolvessero in altre forme di vita animale e ve­getale per servire i loro oscuri propositi: sterminare qualunque specie la cui presenza diventasse una fonte di preoccupazione.
Con l'aiuto degli shoggoth, che potevano espandersi fino a tra­sportare pesi colossali, le piccole e basse città sottomarine si trasfor­marono in enormi e imponenti labirinti di pietra non diversi da quelli che più tardi sarebbero sorti sulla terraferma. Gli Antichi, del resto, erano molto adattabili, in altre regioni dell'universo avevano vissuto su una terra e conoscevano l'arte della costruzione in superficie. Stu­diando l'architettura delle antichissime città scolpite sulle pareti, non diverse da quella di cui stavamo attraversando i corridoi deserti da milioni d'anni, fummo colpiti da un particolare che non abbiamo an­cora tentato di spiegare neppure a noi stessi. La sommità degli edifi­ci, che nella città intorno a noi era ridotta a rovine informi da milioni d'anni a causa delle intemperie, era rappresentata con estrema preci­sione nei bassorilievi: si vedevano masse di guglie aghiformi, delicati ornamenti ai vertici dei coni e delle piramidi, strati di sottili dischi scanalati che sormontavano gli edifici cilindrici. Era esattamente ciò che avevamo visto nel mostruoso miraggio proiettato dalla città mor­ta, e che ci era apparso mentre volavamo sulle imperscrutabili monta­gne della follia avvicinandoci all'accampamento del povero Lake; ep­pure, strutture del genere erano scomparse da migliaia o decine di migliaia d'anni!”
“Ci trovavamo certamente in uno degli angoli più strani, tremendi e fantastici del globo. Era infinitamente più antico di qualsiasi terra esi­stente, e nacque in noi la convinzione che la desolata distesa di ghiac­cio su cui eravamo atterrati non fosse altro che il favoloso altopiano di Leng, luogo d'incubi cui persino il folle autore del Necronomicon non accenna volentieri. La grande catena di montagne era lunghissi­ma: cominciava come una modesta serie di elevazioni nella Terra di Liutpold, sulla costa del Mare di Weddell, e attraversava praticamen­te tutto il continente".
"Erano opere infami, degne di un incubo, anche se raffiguravano eventi accaduti milioni di anni fa: perché gli shog­goth e le loro gesta non possono essere sopportati dallo sguardo del­l'uomo e non dovrebbero essere raffigurati da nessun essere vivente. Il folle autore del Necronomicon ha tentato di rassicurarci, con un certo nervosismo, che simili entità non sono mai esistite sul nostro pianeta, e che la loro invenzione si deve a sognatori schiavi dell'op­pio. Protoplasma informe capace di imitare e riflettere qualunque forma di vita, qualunque organo e processo vitale... agglomerati vischiosi di cellule simili a bolle... sferoidi gommosi del diametro di ol­tre cinque metri, dotati di un'infinita duttilità e plasticità... schiavi della suggestione ipnotica, costruttori di città sempre più determinati a fare a modo loro, sempre più intelligenti, anfibi straordinari e in grado di imitare le altre forme di vita in modo sempre più sofistica­to... Gran Dio, quale follia può aver spinto gli Antichi a servirsi di creature simili, e a immortalarle nelle loro sculture? …”
“Danforth, infatti, è uno dei pochi che abbiano osato addentrarsi da cima a fondo nel Necronomicon, di cui ha trovato una copia decrepita e mangiucchiata dai tarli nella biblioteca dell'università ...”

- 1932. L. scrive La casa delle streghe (The dreams of witch house)
“Gilman aveva già carpito allo spaventoso Necronomicon di Abdul Alhazred, al fram­mentario Libro di Eibon e agli Unaussprechlichen Kulten di von Juntz, impubblicabili per legge, più di un'inquietante informazione che ave­va messo in relazione alle sue formule sulle proprietà dello spazio e le sue dimensioni note e ignote era il fatto di avere letto il nome 'Azathoth' nel Necronomicon, e di avere ap­preso che esso apparteneva a un'empietà primigenia il cui orrore su­perava ogni descrizione …”
“Gilman decise che l'ultima parte del sogno doveva essere il frutto di ciò che aveva letto nel Necronomicon a proposito di Azathoth, il dio idiota che regnerebbe sul tempo e lo spazio da un nero trono incomprensibile e ritorto su se stesso, al centro del caos supremo …

- 1932. L. scrive Attraverso le porte della chiave d’argento (Through the gates of the silver key)
"Quando il rito fu compiuto, Carter si rese conto di non essere in al­cuna regione conosciuta ai geografi e in un tempo che la storia non poteva misurare. Ciò che avveniva non gli era del tutto sconosciuto: vi alludevano i misteriosi frammenti pnakotici, e quando Carter ave­va decifrato i motivi scolpiti sulla Chiave d'Argento, un intero capito­lo del Necronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred aveva acqui­stato un preciso significato. Una porta era stata aperta: non certo l'Ultima Soglia, ma un ingresso che portava dalla terra e il tempo a quell'estensione della terra che si trova oltre il tempo e da cui a sua volta, terribile e pericolosa, l'Ultima Soglia conduce al Grande Vuoto al di là di tutti i mondi, di tutti gli universi e la materia".
“Sapeva che avrebbe trovato una Guida, una creatura terribile che era vissuta sulla terra milioni di anni fa, quando l'uomo non esisteva affatto ed esseri dimenticati si aggiravano su un pianeta fumante e co­struivano bizzarre città fra le cui ultime rovine avrebbero giuocato i primi mammiferi. Carter ricordò come il mostruoso Necronomicon accennasse alla Guida, in toni vaghi e sconcertanti …”.
Poi la terza citazione dal Necronomicon:
"E benché vi siano coloro … che hanno osa­to gettare un'occhiata oltre il Velo, accettandoLo come Guida, tutta­via sarebbero stati più prudenti a evitare ogni commercio con LUI: poiché nel Libro di Thoth sta scritto quanto è terribile il prezzo an­che di un singolo sguardo. E coloro che passeranno non torneranno più, poiché nelle Vastità che trascendono il mondo vi sono Entità del­le tenebre che afferrano e legano a sé. La Cosa che zoppicava nel buio, il Male che sfidò l'Antico Segno, l'Orda che sta a guardia della porta segreta di ogni tomba, nutrendosi di ciò che fuoriesce dai suoi inquilini: tutti questi abominii sono inferiori rispetto a COLUI che guarda la Soglia, ed EGLI guiderà l'incauto al di là dei mondi, nel­l'Abisso dei nefasti Divoratori. Poiché EGLI è 'UMR ATTAWIL, il Più Antico, che lo scriba battezzò L'INSAZIABILE DELLA VITA".
“Un momento più tardi Carter seppe che era così, perché la Forma aveva parlato alla sua mente senza emettere suoni e senza bisogno del linguaggio. E benché il nome che aveva pronunciato fosse temuto e terribile, Randolph Carter non cedette alla paura. Rispose a sua volta senza emetter suoni o servirsi del linguaggio, rendendole omaggio co­me aveva appreso dal Necronomicon. Perché l'entità non era altri che Colui che il mondo temeva sin da quando Lomar era emersa dalle ac­que e gli Alati erano scesi sulla terra per insegnare all'uomo l'Antica Sapienza. Era la Guida spaventosa, il Guardiano della Soglia: 'Umr atTawil, l'antico, che lo scriba aveva definito l'Insaziabile della Vita”.

- 1933. L. scrive La cosa sulla soglia (The thing on the doorstep)
“Di na­scosto dai suoi leggeva cose come il terrificante Libro di Eibon, gli Unaussprechlichen Kulten di Von Junzt e il Necronomicon, opera proibita dell'arabo pazzo Abdul Alhazred … Oggi, se fossi il bibliotecario della Miskatonic brucerei il Necronomicon e gli altri libri di quel tipo”.

- Fine 1933. L. scrive Il libro (The book)
“Ricordo la notte in cui preparai sul pavimento i cinque cerchi con­centrici di fuoco e rimasi in quello centrale, cantando la mostruosa li­tania rivelata da un messaggero della terra dei tartari. Le pareti si dissolsero e un vento nero mi trascinò in abissi grigi, senza fondo, men­tre a diversi chilometri sotto di me apparivano le guglie simili ad aghi di montagne sconosciute. Dopo un po' ci fu il buio completo e poi la luce di migliaia di stelle disposte in costellazioni straordinarie, estra­nee. Alla fine sotto di me apparve una pianura immersa in una luce verde, e su di essa vidi le torri contorte di una città costruita come nessuno mai ha visto, letto e neppure sognato. Mentre mi avvicinavo alla città, fluttuando, vidi un grande edificio squadrato, di pietra, in mezzo a uno spazio aperto; un'orribile paura s'impadronì di me. Ur­lai e cercai di lottare, e dopo aver perso i sensi per un certo intervallo mi ritrovai nella mansarda, steso in mezzo ai cinque cerchi fosfore­scenti tracciati sul pavimento. Nel viaggio di quella notte non avvennero cose più strane di altri viaggi in altre notti, ma il terrore fu maggiore perché sapevo di essere più vicino agli abissi e ai mondi esterni di quanto fossi mai stato prima. In seguito fui più cauto coi miei incantesimi, perché non volevo essere strappato al mio corpo e dalla terra, ed essere scagliato in abissi sconosciuti da cui non avrei più potuto fare ritorno”.

- 1935. L. scrive L’ombra venuta dal tempo (The shadow out of time)
“Esistono prove tangibili sotto forma di appunti del fatto che consultai estesamente opere come i Cultes des Ghoules del Conte d'Erlette, il De Vermis Mysteriis di Ludvig Prinn, gli Unaussprechlichen Kulten di von Junzt, i frammenti superstiti dell'inquietante Libro di Eibon e il temuto Necronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred …”
“Probabilmente non c'era mai stata un'epoca in cui gruppi o sette religiose non avessero segretamente venerato quelle rivelazioni: nel Necronomicon viene suggerita la presenza di un simile culto in seno al genere umano, culto che deve aver permesso ad alcune coscienze di spingersi nell'abisso del passato e di risalire ai giorni della Grande Razza”.

- 15 marzo 1937. Morte di Howard Phillips Lovecraft.

- 1941. L’antiquario di New York, Philip Duchesne, mette in catalogo un facsimile del Necronomicon al prezzo di oltre novecento dollari.

- 1941 ad oggi. Il Necronomicon appare sempre più frequentemente nei cataloghi delle biblioteche pubbliche: di Yale e di Tromsø, in Norvegia, fra le altre. Come nel racconto di J. L. Borges, Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, la realtà alternativa si insinua nel tessuto del reale (Borges, peraltro, dedicherà uno scritto a Lovecraft: There are more things).
Il nascosto si sostituisce all’evidente (e viceversa), come un morbo fatale.
Come spiega definitivamente l’occultista Borello, nel De Imperio: “Non si cerchi oltre una verità che è già esposta in evidenza e che ci parla per simboli nei sogni: ‘Nella sua dimora di R'lyeh il morto Cthulhu attende sognando’ e ‘Non è morto ciò che in eterno può attendere/E col passar di strani eoni anche la morte può morire; noi siamo il sogno di Coloro che sono imperituri e possono attendere, sognando, la fine dell’Universo, nell’Eternità ... Il Loro risveglio coinciderà col dissolversi dell’Uomo e del Tutto in un sogno, breve e ridicolo, di cui si perderà memoria: e il Ciclo ricomincerà, con nuovi uomini e nuovi dei e nuovi mondi. Questo avverrà quando sorgeranno le Stelle Nere, a ricongiungersi, nel volgersi dell’Eterno … Per Loro, nel Senza Fine, il nostro tempo è un circolo schiacciato, conosciuto in ogni più minuscola combinazione … uno spettacolo interpretato da attori di quart’ordine, senza importanza, a cui l’uomo, arrogante, dona il nome di Storia …”.
Al Necronomicon (a Il re in giallo e al De Imperio) si è ispirato, forse involontariamente, Nic Pizzolatto per la serie True detective.

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