martedì 25 febbraio 2014

Laboratorio di traduzione: Philip Schultz, "Fallimento"

Vi proponiamo la versione italiana di Failure, la poesia che dà il titolo alla raccolta con cui Philip Schultz ha vinto nel 2008  il premio Pulitzer. La traduzione è stata elaborata nel corso del Laboratorio, che in questo ciclo ha come oggetto appunto i testi del poeta statunitense. Il gruppo si incontra questo pomeriggio alle 18 da Plautilla (via Colautti 28-30). Qui il testo originale, preceduto da una breve nota di Fiorenza Mormile.

 Per pagare il funerale di mio padre

mi feci prestare soldi da gente

cui lui già doveva soldi.

Uno lo chiamò una nullità.

No, dissi io, lui era un fallito.

Nessuno ricorda

Il nome di una nullità, perciò

sono chiamati nullità.

I falliti sono indimenticabili.

Il rabbino che lesse un elogio di rito

su un uomo che non apparteneva

e non credeva in niente

era lui un fallito e una nullità.

Non riuscì a immaginare il figlio

e la moglie del morto

umiliati da ogni sua parola.

A capire che non

credere e non appartenere

a niente richiedeva una sorta

di fede e spavalderia.

Uno zio, che contava sulle dita

gli affari falliti di mio padre-

un parcheggio che allevava oche,

un motel che arriffava lune di miele,

un bowling con Mariachi itineranti-

non riuscì ad amare e onorare suo fratello,

che gli aveva insegnato a fischiare

di nascosto, a rubare mele

con la destra o la sinistra. In realtà,

mio padre era comico.

I suoi orologi pizzicavano, inciampava

nel risvolto dei calzoni e russava

forte al cinema, dove

la stanchezza alla fine

lo vinceva. Lui non credeva a:

risparmio assicurazioni giornali

verdure bene e male fragilità

umana storia o Dio.

I parenti ci evitavano

come la peste. Lasciai la città

ma non riuscii a andare via.

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