lunedì 18 novembre 2013

"Allor che i giorni ...". Una poesia dell'amor di lontano

Di Jaufre Rudel (1125? - 1148), sappiamo pochissimo. Di lui rimangono solo sei componimenti. Sei. Nonostante tale scarno raccolto, l’opera e la vita di Jaufre Rudel, nativo di Blaye, nell’Aquitania, Francia meridionale della costa atlantica, hanno commosso i cuori e le menti di decine di poeti. Perché? La risposta è semplice: egli visse quando uomini, sentimenti e azioni possedevano ancora i contorni favolosi e liquidi necessari alla creazione del bello. Dell’uomo Rudel sappiamo quasi nulla, come detto; il suo ricordo sopravvive, però, in una vida, biografia anonima in prosa occitanica (propria della Francia meridionale del tempo), che precedeva la compilazione delle sei liriche. E fu la breve vida, redatta circa un secolo dopo, a tramandarne la figura: non già dell’uomo Rudel, che non conosceremo mai, ma del Rudel eterno, stilizzato come in quelle miniature medioevali in cui i colori (oro, azzurro, rosso) delineano una vicenda simbolica, sospesa, ineluttabile. Eccola:

“Jaufre Rudel di Blaia fu persona assai nobile, principe di Blaia. E s'innamorò della contessa di Tripoli, senza averla vista, per il bene che ne udì dire dai pellegrini che venivano da Antiochia. E scrisse su di lei parecchie poesie con bella musica e semplici parole. E per il desiderio di vederla, si fece crociato prendendo il mare, e sulla nave fu colto da malattia e condotto in un albergo a Tripoli come morto. E lo si fece sapere alla contessa, ed ella si recò da lui, al suo capezzale, e lo strinse fra le braccia. E quando egli seppe che era la contessa, recuperò subito l'udito e il respiro, lodando Iddio per averlo tenuto in vita finché l'avesse vista: e così morì fra le braccia di lei. Ed ella lo fece seppellire con grande onore nella casa del Tempio; e poi, in quello stesso giorno, si fece monaca a causa del dolore che ebbe dalla morte di lui”.


Rudel è meno un uomo che una metafora vasta e totale; una metafora definitiva, che comprende tutto: l’Amore indomabile e la Morte senza scampo. E  che divenne assolutamente perfetta poiché s’arricchì e affinò, nei secoli, per l’ammirazione e la lode delle anime più sensibili; per sempre: e questa è la poesia immortale, non altro.

Rudel è poeta dell’amor di lontano, amor de lonh. Su cinquantadue versi, quattordici rimano con la stessa parola: lohn, lontano. Lontano come è lontana l'amata Melisenda: una donna, una parola.
Pisanello
È impossibile ricostruire a parole lo stato d’animo di Allor che i giorni: forse solo alcune immagini possono ricomporre, a distanza di secoli, le antiche sensibilità; un quadro del Pisanello, per la componente medioevale (San Giorgio e la principessa; con quell'incredibile paesaggio sullo sfondo) o uno del romantico Caspar David Friedrich, per la malinconia del viaggiatore di mare che non appagherà mai il suo amore (Monaco sulla riva del mare).
Una Stimmung che si nutre di nostalgia, ovviamente, e della passione per Melisenda, insoddisfatta e soffusa d’una quieta malinconia fatalista, amplificata dai nomi colmi di meraviglia della vida (Tripoli, Antiochia, Blaia): ecco ciò che affascinò in nove secoli.
Caspar David Friedrich

Tra i tanti, Francesco Petrarca ne Il Trionfo dell’Amore:

Giaufrè Rudel, ch'usò la vela e 'l remo/a cercar la sua morte

E poi Heinrich Heine (1797-1856) nel Romancero - letze Gedichte:

La contessa che Rudel
sulla spiaggia ormai morente
vide, e il volto riconobbe
d'ogni suo sogno struggente …

E Algernon Charles Swimburne (1837-1909) in The death of Rudel:

Ah! lei non mi ha ancor visto,
Ma le palpebre - bianche perle - sembrano bagnate;
Mi amerà o mi dimenticherà?

E poi Robert Browning (1812-1889), in Rudel to the Lady of Tripoli:

Oh, Angelo dell’Est, un solo sguardo dorato, uno!
Attraverso le acque, verso il tramonto, a questo cantuccio!
- Le acque, lontane e tristi. A questo cantuccio, Angelo mio!

E ancora cantarono la vicenda di Rudel e Melisenda da Tripoli: Ludwig Uhland (1787-1862), Giosué Carducci (in Rime e ritmi), Edmond Rostand (La princesse lointaine), Amin Maalouf et cetera.
Ed ecco una delle sei poesie di Jaufre:

Allor che i giorni son lunghi a maggio,
amo il dolce canto degli uccelli, di lontano,
e quando poi di là io parto
mi ricordo di un amore lontano.
Di desiderio vado curvo e mesto,
che né canto né fior di biancospino
mi giovan più dell'inverno gelato.

Io dell'amore mai più godrò
se non godrò di questo amor lontano,
perché non so donna più nobile e buona
in nessun luogo, vicino o lontano;
tant'è vero e squisito il pregio suo
che là, nel regno dei Saraceni,
fossi per lei tenuto prigioniero!

Triste e felice me ne partirò,
pur di vederlo, l'amore lontano:
ma non so quando la vedrò,
ché le nostre terre son troppo lontane:
Son tanti i valichi e i cammini!
Indovinar io non so ...
ma sia tutto secondo la volontà di Dio!

Mi sarò certo felice quando le chiederò,
pregando Dio, l'amor nato lontano,
e, se lei vorrà, presso di lei,
dimora prenderò, benché sia di lontano:
Sarà perfetto il nostro incontro,
quando, amante lontano, sarò così vicino,
che dalle belle parole verrò consolato.

So bene che il Signore è veritiero,
per questo io vedrò l'amor lontano;
ma per un bene che ne traggo
ne ho due mali, tanto sono lontano.
Ahi! ch'io sia laggiù da pellegrino,
che il mio saio e il mio bastone
visti fosser da' suoi begli occhi!

Dio che fece tutto ciò che viene e va
e accese questo amor lontano
mi dia potere - io certo lo voglio -,
di veder questo amore lontano;
ma veramente, in luogo che s'addice,
che la camera e il giardino
mi ricordino sempre un palazzo!

Dice il vero chi mi chiama ingordo
e bramoso dell'amor lontano,
che non v'è gioia che più mi piace
come il godere dell'amor lontano.
Ma ciò che voglio mi è negato,
così mi dette in sorte il mio padrino,
che io amassi e non fossi amato.

Maledizione ne venga al mio padrino,
che così mi dette in sorte
l'amar e il non esser amato (1)

(1) Lanqan li jorn son long en mai
m'es belhs dous chans d'auzelhs de lonh,
e quan me sui partitz de lai 
remembra.m d'un amor de lonh;
vau de talan embroncx e clis, 
si que chans ni flors d'albespis
no.m platz plus que l'iverns gelatz.

Ja mais d'amor no.m jauzirai 
si no.m jau d'est'amor de lonh,   
que gensor ni melhor no.n sai   
ves nulha part, ni pres ni lonh;
tant es sos pretz verais e fis
que lay, el renh del Sarrazis,
fos ieu per lieys chaitius clamatz! 

Iratz e jauzens m'en partrai 
s'ieu ja la vei, l'amor de lonh:  
mas no sai quoras la veyrai,  
car trop son nostras terras lonh:  
assatz hi a pas e camis,      
e per aisso no.n suy devis:    
mas tot sia cum a Dieu platz!   

Be.m parra joys quan li querrai, 
per amor Dieu, l'alberc de lonh;
e s'a lieys platz, albergarai
pres de lieys, si be.m de lonh: 
adoncs parra.l parlamen fis,    
quan drutz lonhdas er tan vezis   
qu'ab bels digz jauzira solatz.   

Be tenc lo Senhor per verai 
per qu'ieu veirari l'amor de lonh;  
mas per un ben que m'en eschai  
n'ais dos mals, quar tan m'es de lonh.
Ai! car me fos lai pelegris,  
si que mos fustz e mos tapis 
fos pels sieus belhs uelhs remiratz!

Dieus que fetz tot quant ve ni vai
e formet cest'amor de lonh 
mi don poder, que cor ieu n'ai, 
qu'ieu veya cest'amor de lonh, 
verayamen, en tals aizis,    
si que la cambra e.l jardis    
mi resembles tos temps palatz!  

Ver ditz qui m'apella lechai
ni deziron d'amor de lonh,     
car nulhs autres joys tan no.m plai
cum jauzimens d'amor de lonh,   
mas so qu'ieu vuelh m'es atahis,
qu'enaissi.m fadet mos pairis
qu'ieu ames e no fos amatz.      

Mas so qu'ieu vuelh m'es atahis,  
qu'enaissi.m fadet mos pairis       
qu'ieu ames e no fos amatz.

Consigli di lettura

La poesia dell’antica Provenza, Guanda, due voll., 1984-1986 (cura di Giuseppe E. Sansone)
Jaufre Rudel, L'amore di lontano, Carocci, 2003

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