domenica 9 giugno 2013

Bulgakov unisce (il gruppo di lettura)

Marta Ancona

Questa volta tutti d’accordo.
L’ultimo incontro  del Gruppo di lettura (sabato 8 giugno) ha visto una platea compatta nell’apprezzare gli Appunti (o Racconti) di un giovane medico di Michail A. Bulgakov.
Pubblicati su una rivista medica a partire dal 1925, non si sa con esattezza quando siano stati redatti, se già durante l’attività di medico condotto appena laureato, come viene narrato, o se in tempi successivi, sulla base di appunti presi durante quell’esperienza fondamentale, traumatica e gratificante a un tempo.
L’anno fatale della Rivoluzione russa, il 1917, è una comparsa costante ma ininfluente. Accenni ai conflitti ridotti al minimo.
Si è detto della protagonista Russia, delle sue dimensioni sterminate, delle sue nevi affascinanti e inospitali, della solitudine, della lontananza, delle superstizioni e arretratezza delle campagne, e per converso dello splendore luminoso e chiassoso delle città, richiamate con nostalgia dall’autore terrorizzato dall’immane compito; della cifra stilistica che rivela e conferma l’autore di Cuore di cane e del Maestro e Margherita, per alcuni accenni grotteschi e surreali e il modo di tratteggiare i personaggi, con brevi lampi di luce; della sua “modernità”.

Paradigmatico è apparso in questo senso Morfina, racconto  denso e angoscioso, capace di descrivere con ricchezza di dettagli il percorso infernale di un tossicomane caduto per un caso malaugurato (il pericoloso intreccio tra un dolore improvviso e lancinante allo stomaco e quello per l’abbandono dell’amata) nella dipendenza da stupefacente, narrato  in prima persona dal protagonista stesso, dalla speranza di redenzione  e liberazione sino alla dissoluzione finale, che ha trascinato con sé altre vittime.
Un’identica esperienza, conclusa positivamente, diversamente dal racconto, ha interessato lo stesso Bulgakov. Saperlo non muta il giudizio “estetico”, apre uno squarcio imprevisto sulla sua vita.
B. racconta lo sdoppiamento che il giovane medico vive tra il senso di insicurezza per essere appena uscito dagli studi e del tutto inesperto, l’incubo di trovarsi solo di fronte a evenienze temute (mio dio, l’ernia strozzata! parti difficili…) e il dover essere nei fatti l’unico punto di riferimento di tutta la popolazione locale, sparsa in un territorio molto ampio; l’adozione di surrogati di maturità (gli occhiali, la barba forse?). L’ambiguità tra il desiderio di curare gli altri e la voglia di fuggire, la solitudine di fronte alla responsabilità di dover decidere cosa fare e lo smarrimento  e il senso di impotenza di fronte alla morte. I lettori-medici del gruppo hanno testimoniato della verità e attualità del racconto.
Concludiamo con la lettera che B. scrive a Stalin, per descrivere con puntuale pignoleria la situazione delle sue opere boicottate in patria, le repliche delle pièces teatrali cancellate, ecc. Pare che Stalin lo apprezzasse moltissimo come scrittore, sicché intervenne per aiutarlo a vivere del suo mestiere. Un dato in qualche modo commovente, un lato umano dell’Inflessibile.
Alla fine, come quasi sempre accade, si parla assai più del contenuto che della forma. Ed ecco l’attuale tendenza alla specializzazione, quasi parossistica, e il bisogno di empatia, e…

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