Patrizia Vincenzoni
Genesis di Sebastiao Salgado al museo dell'Ara Pacis di Roma è un viaggio fotografico nei cinque continenti del nostro pianeta, una spedizione durata otto anni alla ricerca di luoghi incontaminati. Il lavoro realizzato ci restituisce una terra e una vita che, attraverso il suo sguardo fotografico, diventa racconto epico. Le popolazioni indigene vengono ripresi nei loro habitat naturali. Scrive il fotografo: "In Genesis ho lasciato che la mia fotocamera permettesse alla natura di parlare. È io ho avuto il privilegio di ascoltare".
Nelle mani di Salgado il bianco e nero diventa una policromia di sfumature e variazioni tonali, contrasti di luce e ombra percorrono le immagini in modo tale che tratti e linee sembrano animarsi di vita propria, ridisegnando altre possibili significazioni percettive dell'immagine stessa, in una sorta di astrazione temporale sacralizzata dalla potenza evocativa di ciò che si "vede".
Paesaggi, volti, carovane di uomini e animali sono ritratti in situazioni naturali, a volte estreme, interrompendo l'omogeneità dello spazio che si trasforma in luogo ancestrale. La Terra ab initio. Anche le popolazioni nomadi della Siberia, colte durante le loro migrazioni,diventano presenze senza tempo dentro un paesaggio battuto dal freddo: immagini iconiche fissate da contrasti di "colore" e da una foschia che aleggia tutt'intorno.
Da tempo Salgado ci ha abituato alla sua sensibilità estetica e al suo rispetto etico verso quelle situazioni naturali e umane saccheggiate e devastate dal degrado in cui versa la società civile e le istituzioni politico-economiche che la rappresentano.
Anche gli altri progetti realizzati lungo la sua carriera - Workers (1993), Migrations (2000) - , così come questo, hanno cercato di scalfire quella patina di indifferenza che possiamo sentire verso mondi e vite mai lontani abbastanza dal nostro effimero e illusorio "centro".
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