Questa volta tutti d’accordo.
L’ultimo incontro del Gruppo di lettura (sabato 8 giugno) ha visto una
platea compatta nell’apprezzare gli Appunti (o Racconti) di un
giovane medico di Michail A. Bulgakov.
Pubblicati su una rivista medica a partire dal 1925, non
si sa con esattezza quando siano stati redatti, se già durante l’attività di
medico condotto appena laureato, come viene narrato, o se in tempi successivi,
sulla base di appunti presi durante quell’esperienza fondamentale,
traumatica e gratificante a un tempo.
L’anno fatale della Rivoluzione russa, il 1917, è una
comparsa costante ma ininfluente. Accenni ai conflitti ridotti al minimo.
Si è detto della protagonista Russia, delle sue
dimensioni sterminate, delle sue nevi affascinanti e inospitali, della
solitudine, della lontananza, delle superstizioni e arretratezza delle campagne, e per converso dello splendore luminoso e
chiassoso delle città, richiamate con nostalgia dall’autore terrorizzato
dall’immane compito; della cifra stilistica che rivela e conferma l’autore di Cuore di cane e del Maestro e Margherita, per alcuni accenni grotteschi e surreali e il
modo di tratteggiare i personaggi, con brevi lampi di luce; della sua
“modernità”.
Paradigmatico è apparso in questo senso Morfina, racconto denso e
angoscioso, capace di descrivere con ricchezza di dettagli il percorso
infernale di un tossicomane caduto per un caso malaugurato (il pericoloso
intreccio tra un dolore improvviso e lancinante allo stomaco e quello per
l’abbandono dell’amata) nella dipendenza da stupefacente, narrato in prima persona dal protagonista stesso,
dalla speranza di redenzione e
liberazione sino alla dissoluzione finale, che ha trascinato con sé altre
vittime.
Un’identica esperienza, conclusa positivamente,
diversamente dal racconto, ha interessato lo stesso Bulgakov. Saperlo non muta
il giudizio “estetico”, apre uno squarcio imprevisto sulla sua vita.
B. racconta lo sdoppiamento che il giovane medico vive
tra il senso di insicurezza per essere appena uscito dagli studi e del tutto
inesperto, l’incubo di trovarsi solo di fronte a evenienze temute (mio dio, l’ernia strozzata! parti
difficili…) e il dover essere nei fatti l’unico punto di riferimento di tutta
la popolazione locale, sparsa in un territorio molto ampio; l’adozione di
surrogati di maturità (gli occhiali, la barba forse?). L’ambiguità tra il
desiderio di curare gli altri e la voglia di fuggire, la solitudine di fronte
alla responsabilità di dover decidere cosa fare e lo smarrimento e il senso di impotenza di fronte alla morte.
I lettori-medici del gruppo hanno testimoniato della verità e attualità del
racconto.
Concludiamo con la lettera che B. scrive a Stalin, per
descrivere con puntuale pignoleria la situazione delle sue opere boicottate in
patria, le repliche delle pièces
teatrali cancellate, ecc. Pare che Stalin lo apprezzasse moltissimo come
scrittore, sicché intervenne per aiutarlo a vivere del suo mestiere. Un dato in
qualche modo commovente, un lato umano dell’Inflessibile.
Alla fine, come quasi sempre accade, si parla assai più
del contenuto che della forma. Ed ecco l’attuale tendenza alla
specializzazione, quasi parossistica, e il bisogno di empatia, e…
Nessun commento:
Posta un commento