Gli orti e giardini condivisi di Roma sono aumentati del 50 per cento in un anno, passando da 100 a 150. In quasi
ogni quartiere della città i cittadini, davanti all'incuria dello spazio pubblico e del verde urbano, si sono rimboccati le maniche ed hanno recuperato le aree abbandonate per restituirle all'uso pubblico. Sono i dati riportati sul comunicato di Zappata Romana che annuncia l'aggiornamento 2013 della mappa on line, visitata ogni anno da oltre 30 mila persone. È in versione italiana e inglese, si trovano informazioni e manuali su come fare/farsi l'orto, il giardino, l'aiuola recuperando aree pubbliche incolte e abbandonate o - peggio - destinate a cementificazione o discarica a cielo aperto. La mappa riporta per ogni esperienza la localizzazione, una descrizione, una fotografia e i contatti. Un lavoro necessario e encomiabile, quello di Zappata Romana, anche se non sempre "preciso" perché le iniziative si moltiplicano e spesso non sono intercettabili.
Anche a Monteverde sono state fatte diverse esperienze di questo genere: il Comitato di quartiere Quattro Venti - che ha una pagina facebook molto attiva, da consultare e a cui partecipare - ha messo a segno diversi successi nel recupero di spazi verdi abbandonati, piantumazioni ex novo e molto altro. Tutto nella filosofia del prendersi cura laddove l'inerzia della Pubblica Amministrazione abbonda. Ed è esattamente questo il messaggio e la linea di Zappata Romana: «Si può fare qualcosa per se stessi e per il resto della comunità, non solo orti e giardini ma anche campi di calcio, palestre, basket, aree cani o,semplicemente, la manutenzione del verde», dicono a Zappata e spiegano inoltre che, «a Roma come Londra, Barcellona e Berlino, nonostante l'assenza di un ruolo propulsivo capitolino, lo spazio pubblico e le aree verdi sono il campo di sperimentazione di nuovi modelli di spazio pubblico a contatto con la natura per aumentare il capitale sociale della città restituendo aree abbandonate a tutta la cittadinanza in forma di spazi di relazioni. Senza inventarsi nulla i romani sono ricorsi alla tradizione, testimoniata dalla antica Università degli Ortolani e dalla mappa di Roma del Nolli del 1748 che riporta orti dentro e fuori le mura rimasti e, infine, ai più recenti, orti di guerra e dei ferrovieri in molti casi rimasti fino ai giorni nostri». I cittadini e le cittadine romane si sono dati molto da fare in questi anni, basta consultare la mappa per scoprire che dall'Appia nuova all'Eur, da Termini a Tor Sapienza "i guerriglieri del verde" sono molti e dotati di fantasia e determinazione. Ora resta da ascoltare la voce della (nuova) Amministrazione alla quale, Zappata Romana e molti suoi "seguaci" chiede di seguire regole semplici e di buonsenso, che elenca così:
· riconoscere (legalmente) e garantire ai cittadini la possibilità di partecipazione, di organizzazione e gestione degli spazi pubblici, quali orti e giardini condivisi, per finalità ambientali, culturali e di solidarietà economica e sociale;
· rimuovere gli ostacoli di ordine amministrativo, economico e sociale, che, impediscono lo sviluppo degli orti e giardini condivisi e con questo permettere l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale della città;
· promuovere e sostenere lo sviluppo della cultura, di pratiche ambientali e sostenibili attraverso gli orti e i giardini condivisi, quali strumenti volti alla tutela del paesaggio, del ambiente, della salute anche con la compartecipazione dei cittadini, delle associazioni, delle istituzioni scolastiche e pubbliche in genere.
Non dovrebbe essere così complicato, aggiungo io. Tanto più che è per il benessere, l'aria e la bellezza di/e per tutti. Cose che al nuovo sindaco Ignazio Marino sembra stiano a cuore, almeno da quanto ci ha raccontato in campagna elettorale. Roma non solo è una delle città più belle del mondo e con una quantità di verde sopra la media, ma è anche (con Milano) la città con la maggiore estensione agricola d'Europa: lo sapevate? Probabilmente chi di voi ha partecipato agli incontri di Plautilla con l'architetto Alessandra Criconia è a conoscenza di questo dato, ma nella maggior parte dei casi noi cittadini romani (e i milanesi anche) non ne siamo consapevoli. C'è un enorme potenziale poco sfruttato, anche in termini di impiego lavorativo. Eppure, partendo dalla salvaguardia dell'aiuola sotto casa, molti giovani si sono avvicinati alla terra, e dalla terra all'agricoltura. Quella moderna, quella di oggi. Quella davvero a chilometro zero, in città o nell'immediata vicinanza. Al proposito, se vi va, potete leggere questo articolo uscito sulla rivista Slow food nel giugno 2012: sfogliando on line, da pagina 110 a 112 si parla di aiuole commestibili in Inghilterra, mentre da pagina 114 a pagina 117, si parla di una bellissima esperienza a Roma città: una cooperativa agricola fondata negli anni Settanta, che ancora oggi resiste e che è stata affiancata e "raccolta" da un gruppo di giovani, laureati (ma anche no) negli anni Duemila. Con forze come queste, la cementificazione selvaggia e l'incuria si posso fermare. Voi che ne dite?
Nessun commento:
Posta un commento