mercoledì 26 giugno 2013

Diario di una partita Iva al tempo della crisi

Ti racconto un libro
Ludovica Amat, 60 giorni e finiscono i soldi 
et/al, pp 224, euro 12

Raethia Corsini

"Ho circa due mesi. Poi finiscono i soldi. 
Contavo sulla mia piccola riserva e sul fido, ma quel Calzini, quell’imbecille, quell’inetto, quella faccia di merda di quella fottuta banca di merda mi da detto che mi revoca il fido. Così imparo. A scoprire le carte. Ero andata a dirgli che non mi avevano confermato un incarico importante che durava da anni, e che due clienti non mi avevano, né mi avrebbero, pagato, che quindi avevo bisogno di un piccolo paracadute, un extra fido, che poi da qui a qualche mese il lavoro lo avrei trovato. Figurarsi se non lo trovo. Sono 26 anni che lavoro. Ho cominciato a ventuno, stavamo su tutti i giornali con la mia socia di allora e io. Intervistate come fulgido esempio di imprenditorialità giovanile. Erano gli anni in cui De Michelis (ministro alla disco-music dell’era Craxi) esortava i giovani a inventarsi il lavoro. Un visionario".

Questo è l’incipit di un libro umanamente utile, scritto in modo leggero che strappa ogni tanto sorrisi amari. Si intitola 60 giorni e finiscono i soldi, lo ha scritto Ludovica Amat ed è appena uscito per et/al edizioni. Romanzo in forma di diario, racconta di una professionista di mezza età e a partita Iva, che vede svaporare il proprio lavoro – e relativi guadagni - eroso un giorno dopo l’altro da clienti che scompaiono, spesso senza saldare il conto. Effetti di una crisi impietosa che non fa sconti a nessuno (o quasi). L'autrice, cagliaritana, al suo esordio nel romanzo, vive a Milano e si occupa da sempre di comunicazione aziendale. In questo diario dà voce alle emozioni altalenanti, le ansie, le paure, la solitudine e i mondi nuovi che inprovvisamente si affollano nella vita di chi - da un giorno all’altro – perde il lavoro. Anche quello di libero professionista.
La Amat registra una realtà che, con l’attuale crisi economica, si è diffusa esponenzialmente e drammaticamente generando sacche di silenziosi “senza lavoro” – ma assenti nelle liste di disoccupazione – che increduli, prima ancora che smarriti, le tentano tutte per riacciuffare un incarico anche minimo da sommare magari ad altri piccoli o piccolissimi che nell'addizione aritmetica possono dare un introito utile a mantenere affitto e bollette, o magari anche solo l’affitto, o anche solo…E in una sottrazione giornaliera delle “certezze” acquisite nel passato, che si vanificano a velocità sorprendente, la protagonista  riesce a escogitare (suggerire?) piccole vie d’uscita. Non soluzioni, ma balsami omeopatici per salvarsi dalla vertigine del baratro. Con una lettura scorrevole, senza incagli, Ludovica Amat guarda da dentro un'attualità che tocca tutti molto da vicino e nella quale molti e molte possono specchiarsi. E anche cogliere il modo per spostare il punto di vista, per intravedere, in circostanze ed espedienti inconsueti, spiragli che nella vita precedente apparivano assurdi. 



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