Quel treno per Baghdad
a cura di Stefano Malatesta
Neri Pozza, pp. 172, euro 16,50
Maria Teresa Iannitto
Quel treno per Baghdad è una raccolta di racconti che hanno come elemento centrale il treno. Gli autori, tutti uomini, non sono persone comuni, ma personaggi particolari, accomunati dalla passione per il viaggio o più in generale per l’avventura, intesa in senso più lato come sfida, curiosità, coraggio nello sperimentare strade nuove in tutti i sensi. Il curatore della raccolta è Stefano Malatesta, giornalista e scrittore: dirige il bel Festival della letteratura di viaggio, organizzato dalla Società Geografica Italiana a Villa Celimontana, a Roma.
Il treno è indubbiamente un elemento pieno di fascino, uno spunto fantastico per storie di ogni genere e infatti in questi racconti si offre come il luogo di ricordi centrali della propria biografia oppure è lo spazio dove immaginare storie di viaggiatori con sviluppi imprevedibili. O ancora rappresenta il progetto di una grandiosa impresa economica e politica, come viene spiegato nel racconto centrale che dà il nome all’intero volume.
Quando i treni avevano ancora gli scompartimenti, si saliva in treno con circospezione, magari si andava su e giù per il corridoio in cerca del posto più consono alle proprie aspettative: lo stare da soli o la ricerca di compagnia. E d’estate c’era la diatriba sui finestrini: e chi lo voleva aperto e chi lo voleva chiuso o aperto per metà. Lo stesso dicasi per la porta dello scompartimento e le tendine….oggi certe discussioni non hanno più occasione di essere, i finestrini sono sigillati e il vagone accomuna tutti i passeggeri in un unico grande scompartimento. Prima che il telefono cellulare facesse la sua comparsa, il compagno o la compagna occasionale del viaggio in treno, era un personaggio misterioso e si poteva immaginare di lei o di lui qualunque cosa, dagli sviluppi più incredibili. Oggi, senza alcun pudore, si viene coinvolti in squarci di vita che vanno dal litigio con la suocera, alla preparazione di un matrimonio, passando per la bocciatura del figlio o la riunione di lavoro. Il telefono e il suo squillo fastidioso non lasciano più spazio alla fantasia. E poi ognuno può rinchiudersi nella sua playlist musicale, guardarsi un film sul computer o continuare a chattare nel suo mondo virtuale, perdendosi nel frattempo il mondo reale delle persone, che, nella sua varietà, ci si offre per pochi momenti durante il viaggio in treno.
I racconti del libro sono ambientati in epoche diverse e in zone del mondo diverse e remote. E’ un bel libro, le storie sono affascinanti e riescono a portare il lettore in tempi e luoghi lontani. Il racconto più lungo e centrale è forse il meno affascinante, forse perché più che un racconto è un piccolo saggio di storia in forma narrativa. L’autore, Mario Fales, è uno storico orientalista e ci narra della costruzione della linea ferroviaria che unisce Berlino a Istanbul, e in particolare della tratta che unisce la capitale ottomana a Baghdad. Piccola parentesi: in Italia lo storico di professione, cioè colui che fa della ricerca storica il suo mestiere, considera lo scrivere di storia un qualcosa di riservato agli addetti ai lavori. Cosa che si traduce in saggi piuttosto noiosi con scarsissima diffusione. Lo storico che scrive pensando anche al lettore mediamente acculturato, ma non propriamente storico, viene quasi emarginato e svalutato dalla comunità scientifica, come se il diffondere i risultati della propria ricerca li rendesse meno seri.
E’ un vizio tipicamente italiano, che per esempio tra gli storici anglosassoni non si riscontra. Fortunatamente, Mario Fales non rientra tra gli storici spocchiosi e possiamo godere della sua narrazione.
Ma torniamo al treno. Progettato alla fine dell’ottocento, sulla base di un accordo tra l’allora Kaiser Guglielmo II di Hoenzollern e l’imperatore turco Abdul Amir II, il treno attraversa le travagliate vicende dei primi decenni del novecento, guerre mondiali e genocidi compresi, per arrivare a destinazione solo nel 1940, quando ormai l’aereo ha preso decisamente il sopravvento nei collegamenti tra occidente e oriente. Delle numerose vicende che vengono ricordate mi piace sottolinearne una in particolare: quella del barone Max von Oppenhaim, recentemente celebrato in una mostra a Berlino, dove i visitatori hanno potuto ammirare i restaurati capolavori assiri trafugati dal barone e sfortunatamente distrutti dalle bombe incendiarie nel 1943. Fales svela aspetti taciuti dalle biografie del barone- archeologo, diffuse in occasione della mostra e ci narra del suo coinvolgimento nel progetto della costruzione della ferrovia e soprattutto della parte avuta nell’ideare e fomentare una jihad islamica in funzione anti-inglese. Von Opphenaim, appartenente ad una ricca famiglia ebraica “ era affascinato dall’autoritarismo tedesco e rifiutava tutto quanto ci fosse al mondo di inglese, di civile, di democratico” .Da Hitler ottenne il riconoscimento di “ariano onorario” e addirittura una croce di guerra per i suoi meriti nell’aver organizzato la jihad, peraltro con risultati fallimentari. Il barone poté dunque morire tranquillamente nel suo letto nel 1946.
Dagli altri racconti riuniti nel libro, sottolineerei i personaggi che ne vengono fuori, proprio ad avvalorare quella pratica così affascinante di immaginare nel proprio vicino di poltrona storie fantastiche, che rendono, appunto, il viaggio in treno un’avventura.
L’aristocratico siciliano che si reca, adolescente, alle miniere di zolfo della famiglia con il trenino che arranca su di una traballante quanto aerea rotaia, protagonista del primo racconto, si collega all’altro nobile, noto per il rilancio del vino siciliano nel mondo, che, scoprendo casualmente i binari di una linea ferroviaria abbandonata, racconta gli anni di quando era bambino, prima della riforma agraria, quando i signori viaggiavano ancora a cavallo o in calesse. L’anziano diplomatico, ormai in pensione, che, viaggiando sul treno che lo porta alla consueta destinazione balneare, rivive l’attesa e la meraviglia che quel viaggio riusciva a suscitare in lui sin da bambino. L’attore alle prime esperienze che usa il treno per raggiungere luoghi e situazioni per mettersi alla prova. Il giornalista dedito ad imprese da record come il giro del mondo senza soldi. E ancora un lui e una lei che si incontrano ed immaginano dell’uno e dell’altra una vita che il lettore scoprirà essere completamente diversa. L’inevitabile riferimento a Karen Blixen nel viaggio in treno da Mombasa al Lago Vittoria, passando per Nairobi. Insomma un panorama di personaggi affascinanti che comprende gli stessi autori con i loro squarci biografici.
Un bel libro, che fa davvero piacere leggere.
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