G. Luca Chiovelli
Qualche tempo fa scrissi Della letteratura non frega più niente a nessuno; Alessandro Perugia rispose con il suo Conversazione e democrazia.
Ora è ancora una volta il mio turno: cercherò di rispondere e ampliare il discorso.
Questi gli articoli precedenti:
- Della letteratura non frega più niente a nessuno
- Conversazione e democrazia
Se vorrete approfondire ... lunedì 19 maggio, Plautilla (via Colautti 28-30), ore 17.30: primo tè-matico: Ma la lett(erat)ura è morta, o fa solo finta?
Una lettura che non è più lettura
Una volta si diceva: "Ora mi leggo un libro". E si passava all'azione. Si leggeva ancora poesia; il romanzo russo; Robinson Crusoe, Don Chisciotte, il Demetrio Pianelli. Qualche classico scritto in lingue estinte; le sperimentazioni novecentesche: Joyce, Beckett; il teatro: Marlowe, Brecht, Pirandello.
Vi era, in Italia, persino uno spazio di discussione: a volte alto, talora pretenzioso, ma ancora vivo: associazioni, giornali, riviste, accademia.
Ogni lettore aveva tempo. Il discrimine è questo. Si aveva tempo; gli inciampi della vita, ovvio, esistevano: ma limitati entro la ragionevolezza.
Il tempo dell'otium permetteva di affrontare la lettura, quella vera, e di riflettere su di essa. Ogni italiano di buon gusto poteva costituire una riserva di esperienze su cui basare un discorso personale. Una visione della società. Basta leggere la prosa di una qualunque missiva alla redazione d'un periodico degli anni Sessanta-Settanta.
Oggi, paradossalmente, si legge molto di più. Dalla mattina sino a tarda notte il cervello viene sottoposto a un fuoco di fila d'informazione e messaggi; si legge il giornale, la free press, il periodico, il blog, la mail, il cellulare, i titoli televisivi, il post su Feisbuk, le stringhe di 140 caratteri, il volantino, la pubblicità, la relazione aziendale, il cedolino dello stipendio o della pensione, la prosa burocratica, le fatture, le didascalie sotto la foto del cane che bacia il gatto, del gatto che bacia il neonato, del neonato che fa smorfie da neonato, le comunicazioni di servizio.
Si compulsa ininterrottamente. La sera si è sfiniti, prosciugati, dilavati interiormente dalla tensione continua. E nella rete a strascico della lettura quotidiana cosa rimane impigliato? Rifiuti. Rottami d'un discorso incompiuto. Lacerti d'un esperienza che non avrà mai la pienezza dell'unità. E così, giorno dopo giorno, il mondo diviene incomprensibile, perché questi frantumi d'informazione, questi brandelli, non si organizzeranno mai in una visione soddisfacente, unica, totale - che stia salda - e su cui si possa esercitare la meditazione, l'intelligenza, e il continuo arricchimento che deriva dal dialogo e dallo studio. Di conseguenza, ognuno di noi non può che comunicare per frammenti.
Manca il terreno comune ... la lingua e l'esperienza comuni … mancano persino le abitudini che una volta facevano degli italiani un popolo ...
Non facciamo che scambiarci le tessere di mosaici diversi e di cui ignoriamo il disegno originario.
Il mondo, intanto, corre: incompreso. Crescono le nevrosi, le malattie, la schizofrenia.
Tutto è letteratura, quindi niente lo è davvero
Se la lettura non è più tale, ma una parodia d'essa, scompare la letteratura. Petrarca, Ovidio, Saffo, John Donne ... chi li capisce ormai ... ma chi li legge ... siamo troppo sfiniti e distratti per aprire quegli incunaboli fitti d'un sentimento misterioso e lontano, maturo e pieno, semplice e profondo ...
Siamo come Atahuallpa che scuoteva la Bibbia per sentire la voce del dio cristiano ... ci appaghiamo della novità, purché sia leggera, ovviamente, e non ci affatichi ... perché siamo stanchi ... E non abbiamo tempo.
Leggiamo tanto, leggiamo tutto ... Poesiole, incipit, motteggi, sentenze, esternazioni da cioccolatino, Carlo Cracco, Chiara Pizzighettoni, Roberto Calasso ... le nostre gerarchie sono offuscate, livellate ... in fondo, oggi, tutto è letteratura ... quindi niente lo è davvero.
La distruzione dei beni comuni
I beni comuni, quelli che ci univano in un'esperienza sociale immediata e senza bisogno di ragione, idee senza parole: la storia, la scuola, il paesaggio, la cucina, l'educazione religiosa, i classici, la politica. Una landa che permetteva l'intesa istintiva. Persino il gioco, lo sport. Sui prati romani, negli anni Settanta, la domenica, crocchiavano all'unisono le frequenze di centinaia di radio a pile: otto partite in contemporanea. Il giorno dopo, lunedì mattina, l'agorà del pettegolezzo, dello sfottimento, della polemica. Che univa in un discorso basso, ma collettivo. Collanti di massa: le Olimpiadi; e così il tennis, la pallacanestro, il ciclismo, i mondiali di calcio. Esperienze disperse e che non costituiscono più terreno condiviso da tutti: “scusa Ameri, sono Ciotti”, Oriali-Collovati-Scirea, Mennea, Mercks-Gimondi, Borg-McEnroe, D'Antoni-Premier-Meneghin.
La conversazione
Non si conversa più, col genio del dilettantismo, con la garbata pacatezza dell'uomo di mondo o dell'accademico aperto alla divulgazione divertita perché manca, appunto, un terreno comune, solido e riconoscibile.
I nostri sono tempi liquidi, avverte Bauman.
Semiliquidi, diciamo: diarroici.
E non dobbiamo incorrere nel tremendo equivoco: chiudono le librerie perché ci sono i megastore. Ma no! Chiudono le librerie (e chiuderanno i megastore) perché la lettura è ormai altra cosa: lettura di fuffa, non di libri o di testi omogenei.
E chiudono i piccoli spazi sociali e di quartiere non perché avanzano gli shopping mall, ma perché, purtroppo, non abbiamo nulla da dire l'uno con l'altro. Quale il campo di dialogo? La meteorologia, la polemica televisiva, il colpo della strega?
Megastore e shopping mall sono frutti maligni d'un albero già insidiato dalla malattia.
La società non esiste, figuriamoci la conversazione
Abbiamo la lettura/non lettura; parallelo è l'altro ossimoro: la socializzazione misantropa. Feisbuk, twitter, wozzapp ... feste, party, incontri, società di mediazioni sessuali, cercamici, convegni ... eppure non siamo mai stati tanto soli. Ci piace tanto il social network, ma siamo oramai terrorizzati da ogni occasione in grado di porci a contatto con l'altro: dal Natale alle riunioni di condominio ai matrimoni ... creiamo delle piccole patrie entro cui rifugiarci … oppure agogn(i)amo le ferie, le vacanze ... certo, per sfuggire ... me ne vado a Berlino, in Thailandia, a Cuba, in Papuasia ... scappo ... stacco ... non ne posso più ...
L'ennesima fregatura semantica: nel mondo iperconnesso e superamicale il prossimo ci infastidisce, ci fa orrore ... bastiamo a noi stessi ... altro che conversazione ... ma di cosa dovremmo parlare ormai? Nulla ci unisce, la finta socializzazione ci divide.
Un esperimento
La conversazione. Ecco un esperimento. Provate a strappare all'I-phone un essere umano sotto i trent'anni e a imbastire un discorso articolato: manifesterà noia, fastidio, stupore … crollerà il capo come ad accondiscendere a un pazzo … ecco in lui, un vago terrore (cosa vorrà da me questo qua?) … lo prenderà una fissità vitrea qualora lo scocciatore varchi le angustie dell'ipotassi … e poi sogghigni, tentativi di ricondurre il tutto a una facezia ... Penserà ansioso: tutto questo non può essere che uno scherzo ... non sta succedendo a me ... quest'uomo mi parla, non può essere vero ... non poteva mandarmi un messaggio? Non può lasciarmi in pace? Voglio tornare al mio mondo ... fatemi tornare al mio mondo ... agli amici che mi hanno appena mandato un emoticon ...
Obiezioni di un babbeo
Per me non è cosi!
Non è vero che è cosi!!
Io leggo e mi relaziono!!!
Risposta: ecco le obiezioni di un babbeo.
La realtà mediata
Crediamo di parlare, ma la lingua non ci appartiene più.
Noi parliamo, ma usiamo una lingua altra, codificata in territori alieni.
Non sappiamo cosa dire di noi, perché, discorrendo in un idioma straniero, esprimiamo solo ciò che altri intendono e concepiscono e desiderano.
La solitudine dell'uomo sociale
Una società schiantata ... costituita da somme di individui allettati da una socializzazione misantropa ... la solitudine, la diffidenza per il prossimo, la paura per l'altro, l'ossessione per la sicurezza ...
Libertà senza libertà
Non siamo mai stati tanto liberi e non ci sono mai stati tanti divieti. La terza contraddizione. La fregatura delle parole. Diritti, democrazia, libertà ... mi è bastato un pomeriggio in giro sulla Casilina (ricca di reperti): una gitarella archeologica … sono incappato in cani da guardia, guardiani che ringhiavano come cani, sistemi d'allarme, antifurti, steccati, cancellate, reticolati metallici, muri, muretti, muriccioli, intimazioni, proprietà private, divieti d'accesso, entrate e passaggi riservati, pass, badge, esibizioni di documenti ... eccolo qua il bene comune per eccellenza, il passato, il padre di noi tutti, perso nel labirinto delle proprietà individuali, del menefreghismo, dell'abbandono, della disconnessione dalla collettività ... lo svanire dello Stato … lo Stato. Dov’è lo Stato? Dove siamo finiti noi, dovremmo dire.
Le élite non producono niente
Un gregge di banchieri e finanzieri della Morgan Stanley ospiti per un brunch nella sala capitolare di Santa Maria Novella a Firenze: crapula globalizzata e deluxe esornata da affreschi del Trecento.
Oppure: un tizio che, in Italia, fa affari con il cosiddetto biologico si prende due guglie del duomo di Milano con relative statue: per un giro d'affari a New York.
Ancora: sfilate di moda per bambini nella chiesa di Santo Stefano al Ponte; ecco il resoconto idiota:
Performance di gran classe, curata nei minimi dettagli, ove giochi di luci, live music e balletti facevano da cornice alle piccole modelle che sfilavano sicure, con la genuità e la spontaneità tipica dei bambini, regalando sorrisi ed emozioni a tutti i presenti.
Più di 250 gli invitati, tra giornalisti e buyer.
Un successo.
Sono notizie fresche. Di giornata. Fra le tante.
Il passato, bene comune, utilizzato per le scampagnate di nababbi illetterati. Ma dove sono queste élite? Mi sa che aveva ragione Pasolini pure su questo: i padroni del mondo e la classe media bramano le stesse cose e, quindi, sono vittime allo stesso modo. A volte rimpiango il complotto internazionale ... la Spectre capitalista che ordisce trame sopra le nostre inconsapevoli teste ... il buzzurro italiano con le sue guglie, e le sanguisughe americane, ecco le élite ... Il mondo sembra un treno impazzito guidato da un suicida. Ma quali élite! Sono feudatari sanguinari e stupidi, null'altro ... Guardate le nostre, di élite: parlamento sindacato confindustria dirigenti delle telecomunicazioni: sono peggio del trentenne con l'I-phone ... Il maggior intellettuale italiano redige ormai romanzi scipiti e dispense per un quotidiano che perde mille copie la settimana ... Le élite non parlano che a se stesse? Ma di che devono parlare questi fessi ... non producono niente da decenni … e soprattutto a chi parlano? a nessuno ... ma dove sono poi? Blair Schroeder Kohl Clinton Thatcher ... Appena staccano la spina del potere eccoli per quello che sono: nullità ... al massimo si fanno scrivere la biografia da qualche schiavetto ... le élite! Le élite culturali! Magari averle! Sono favorevole ad esse: esigo un signore rinascimentale, un Re Sole ... Pietro il Grande, Solimano il Magnifico, Pio II, Cosimo de’ Medici, Fanfani ... oppure Federico II di Svevia, un crucco che, nei ritagli di tempo, inventò la letteratura italiana ...
Liberateci da questa democrazia arida, fasulla, asociale, plutocratica, nichilista.
Attutire il frastuono
Uno schiamazzo infernale ... i sistri del nulla continuamente agitati ... nervi sensibili e sempre eccitati: squilli, messaggini, sonerie, promemoria, canzonette, stralci di romanzi che non si leggeranno mai, consigli per gli acquisti ... Una muzak che ci accompagna appena si è desti. È necessario abbassare il volume ... come reagire? Abolire il presente ... non scrivere libri, poesie, romanzi ... per carità ... ignorare gli empiti narcisistici ... Yes, we don't care ... non blaterare a vuoto, non distrarsi, non concedere nulla alla moda, recuperare il tempo, l'ortografia, la sintassi, la dignità, la cautela, la distanza ... la scuola e i maestri ... recuperare il passato ... e, soprattutto, selezionare le letture ... un classico all'anno: Il ritratto di Dorian Gray, le Operette morali, Gioco all'alba, Padri e figli ... iniziare la disintossicazione ... rehab ... un paio di centinaio di pagine all'anno ... da meditare lungamente, perché ogni classico possiede il dono della totalità e della verità ... chiudere account, bannare i cicalatori, non rispondere al telefono, fulminare la televisione, perdere di vista chi frequenta il salone del libro ... isolare gli untori del nulla.
In prima linea
Tirare i remi in barca ... ma quando mai ... sono sempre qui: la mia lotta e la mia etica coincidono ... scrivo online: mi si può leggere o meno, ma non inquino ... le mie elucubrazioni possono smiagolare nel nulla con un click ... in cinque minuti potrei annientare la mia presenza digitale ... non affliggo torchi, uffici stampa, correttori di bozze, alberi centenari, rilegatori, brossuratori, convegnisti, operatori culturali, traduttori ... quello che ho scritto l'ho bruciato tanto tempo fa ... circa un migliaio d'anni fa ... ah, che liberazione ... milioni di parole scritte con la Bic avvamparono con brevi e avide lingue di fuoco purificatore ... La terra stessa sembrò esalare un sospiro di soddisfazione ... ho liberato l'umanità da un paio di romanzi almeno ... e da qualche decina di racconti ... la Mazzantini pubblica (e vende) e inquina ... io non pubblico perché ho deciso di strangolare nella culla le mie creazioni: Cronache da un'illuminazione confusa e Un matrimonio ... Predico male o bene? Non lo so, ma razzolo di conseguenza.
Breve manifesto
Come lettori, intellettuali, amanti delle arti e delle scienze dobbiamo riguadagnare l'ombra, l'anonimato. Riscoprire il passato, abolire il presente; aborrire il chiacchiericcio, il calembour idiota, la battutina, il gioco di parole.
Privilegiare il silenzio, i classici, la profondità, il sacrificio lustrale.
Solo in tal modo potremo distinguere ancora il meritevole, l'armonioso, il bello.
Solo cosi la realtà si ricomporrà nella propria comprensibile unità.
E i frammenti ritorneranno al proprio posto per delineare il quadro della nostra identità: di lettori, cittadini, esseri umani ... quello che volete.
L'unica occasione che abbiamo per capirci di nuovo, parlare, assegnare al caos le parole esatte, definitive, giuste.
Qualche tempo fa scrissi Della letteratura non frega più niente a nessuno; Alessandro Perugia rispose con il suo Conversazione e democrazia.
Ora è ancora una volta il mio turno: cercherò di rispondere e ampliare il discorso.
Questi gli articoli precedenti:
- Della letteratura non frega più niente a nessuno
- Conversazione e democrazia
Se vorrete approfondire ... lunedì 19 maggio, Plautilla (via Colautti 28-30), ore 17.30: primo tè-matico: Ma la lett(erat)ura è morta, o fa solo finta?
Una lettura che non è più lettura
Una volta si diceva: "Ora mi leggo un libro". E si passava all'azione. Si leggeva ancora poesia; il romanzo russo; Robinson Crusoe, Don Chisciotte, il Demetrio Pianelli. Qualche classico scritto in lingue estinte; le sperimentazioni novecentesche: Joyce, Beckett; il teatro: Marlowe, Brecht, Pirandello.
Vi era, in Italia, persino uno spazio di discussione: a volte alto, talora pretenzioso, ma ancora vivo: associazioni, giornali, riviste, accademia.
Ogni lettore aveva tempo. Il discrimine è questo. Si aveva tempo; gli inciampi della vita, ovvio, esistevano: ma limitati entro la ragionevolezza.
Il tempo dell'otium permetteva di affrontare la lettura, quella vera, e di riflettere su di essa. Ogni italiano di buon gusto poteva costituire una riserva di esperienze su cui basare un discorso personale. Una visione della società. Basta leggere la prosa di una qualunque missiva alla redazione d'un periodico degli anni Sessanta-Settanta.
Oggi, paradossalmente, si legge molto di più. Dalla mattina sino a tarda notte il cervello viene sottoposto a un fuoco di fila d'informazione e messaggi; si legge il giornale, la free press, il periodico, il blog, la mail, il cellulare, i titoli televisivi, il post su Feisbuk, le stringhe di 140 caratteri, il volantino, la pubblicità, la relazione aziendale, il cedolino dello stipendio o della pensione, la prosa burocratica, le fatture, le didascalie sotto la foto del cane che bacia il gatto, del gatto che bacia il neonato, del neonato che fa smorfie da neonato, le comunicazioni di servizio.
Si compulsa ininterrottamente. La sera si è sfiniti, prosciugati, dilavati interiormente dalla tensione continua. E nella rete a strascico della lettura quotidiana cosa rimane impigliato? Rifiuti. Rottami d'un discorso incompiuto. Lacerti d'un esperienza che non avrà mai la pienezza dell'unità. E così, giorno dopo giorno, il mondo diviene incomprensibile, perché questi frantumi d'informazione, questi brandelli, non si organizzeranno mai in una visione soddisfacente, unica, totale - che stia salda - e su cui si possa esercitare la meditazione, l'intelligenza, e il continuo arricchimento che deriva dal dialogo e dallo studio. Di conseguenza, ognuno di noi non può che comunicare per frammenti.
Manca il terreno comune ... la lingua e l'esperienza comuni … mancano persino le abitudini che una volta facevano degli italiani un popolo ...
Non facciamo che scambiarci le tessere di mosaici diversi e di cui ignoriamo il disegno originario.
Il mondo, intanto, corre: incompreso. Crescono le nevrosi, le malattie, la schizofrenia.
Tutto è letteratura, quindi niente lo è davvero
Se la lettura non è più tale, ma una parodia d'essa, scompare la letteratura. Petrarca, Ovidio, Saffo, John Donne ... chi li capisce ormai ... ma chi li legge ... siamo troppo sfiniti e distratti per aprire quegli incunaboli fitti d'un sentimento misterioso e lontano, maturo e pieno, semplice e profondo ...
Siamo come Atahuallpa che scuoteva la Bibbia per sentire la voce del dio cristiano ... ci appaghiamo della novità, purché sia leggera, ovviamente, e non ci affatichi ... perché siamo stanchi ... E non abbiamo tempo.
Leggiamo tanto, leggiamo tutto ... Poesiole, incipit, motteggi, sentenze, esternazioni da cioccolatino, Carlo Cracco, Chiara Pizzighettoni, Roberto Calasso ... le nostre gerarchie sono offuscate, livellate ... in fondo, oggi, tutto è letteratura ... quindi niente lo è davvero.
La distruzione dei beni comuni
I beni comuni, quelli che ci univano in un'esperienza sociale immediata e senza bisogno di ragione, idee senza parole: la storia, la scuola, il paesaggio, la cucina, l'educazione religiosa, i classici, la politica. Una landa che permetteva l'intesa istintiva. Persino il gioco, lo sport. Sui prati romani, negli anni Settanta, la domenica, crocchiavano all'unisono le frequenze di centinaia di radio a pile: otto partite in contemporanea. Il giorno dopo, lunedì mattina, l'agorà del pettegolezzo, dello sfottimento, della polemica. Che univa in un discorso basso, ma collettivo. Collanti di massa: le Olimpiadi; e così il tennis, la pallacanestro, il ciclismo, i mondiali di calcio. Esperienze disperse e che non costituiscono più terreno condiviso da tutti: “scusa Ameri, sono Ciotti”, Oriali-Collovati-Scirea, Mennea, Mercks-Gimondi, Borg-McEnroe, D'Antoni-Premier-Meneghin.
La conversazione
Non si conversa più, col genio del dilettantismo, con la garbata pacatezza dell'uomo di mondo o dell'accademico aperto alla divulgazione divertita perché manca, appunto, un terreno comune, solido e riconoscibile.
I nostri sono tempi liquidi, avverte Bauman.
Semiliquidi, diciamo: diarroici.
E non dobbiamo incorrere nel tremendo equivoco: chiudono le librerie perché ci sono i megastore. Ma no! Chiudono le librerie (e chiuderanno i megastore) perché la lettura è ormai altra cosa: lettura di fuffa, non di libri o di testi omogenei.
E chiudono i piccoli spazi sociali e di quartiere non perché avanzano gli shopping mall, ma perché, purtroppo, non abbiamo nulla da dire l'uno con l'altro. Quale il campo di dialogo? La meteorologia, la polemica televisiva, il colpo della strega?
Megastore e shopping mall sono frutti maligni d'un albero già insidiato dalla malattia.
La società non esiste, figuriamoci la conversazione
Abbiamo la lettura/non lettura; parallelo è l'altro ossimoro: la socializzazione misantropa. Feisbuk, twitter, wozzapp ... feste, party, incontri, società di mediazioni sessuali, cercamici, convegni ... eppure non siamo mai stati tanto soli. Ci piace tanto il social network, ma siamo oramai terrorizzati da ogni occasione in grado di porci a contatto con l'altro: dal Natale alle riunioni di condominio ai matrimoni ... creiamo delle piccole patrie entro cui rifugiarci … oppure agogn(i)amo le ferie, le vacanze ... certo, per sfuggire ... me ne vado a Berlino, in Thailandia, a Cuba, in Papuasia ... scappo ... stacco ... non ne posso più ...
L'ennesima fregatura semantica: nel mondo iperconnesso e superamicale il prossimo ci infastidisce, ci fa orrore ... bastiamo a noi stessi ... altro che conversazione ... ma di cosa dovremmo parlare ormai? Nulla ci unisce, la finta socializzazione ci divide.
Un esperimento
La conversazione. Ecco un esperimento. Provate a strappare all'I-phone un essere umano sotto i trent'anni e a imbastire un discorso articolato: manifesterà noia, fastidio, stupore … crollerà il capo come ad accondiscendere a un pazzo … ecco in lui, un vago terrore (cosa vorrà da me questo qua?) … lo prenderà una fissità vitrea qualora lo scocciatore varchi le angustie dell'ipotassi … e poi sogghigni, tentativi di ricondurre il tutto a una facezia ... Penserà ansioso: tutto questo non può essere che uno scherzo ... non sta succedendo a me ... quest'uomo mi parla, non può essere vero ... non poteva mandarmi un messaggio? Non può lasciarmi in pace? Voglio tornare al mio mondo ... fatemi tornare al mio mondo ... agli amici che mi hanno appena mandato un emoticon ...
Obiezioni di un babbeo
Per me non è cosi!
Non è vero che è cosi!!
Io leggo e mi relaziono!!!
Risposta: ecco le obiezioni di un babbeo.
La realtà mediata
Crediamo di parlare, ma la lingua non ci appartiene più.
Noi parliamo, ma usiamo una lingua altra, codificata in territori alieni.
Non sappiamo cosa dire di noi, perché, discorrendo in un idioma straniero, esprimiamo solo ciò che altri intendono e concepiscono e desiderano.
La solitudine dell'uomo sociale
Una società schiantata ... costituita da somme di individui allettati da una socializzazione misantropa ... la solitudine, la diffidenza per il prossimo, la paura per l'altro, l'ossessione per la sicurezza ...
Libertà senza libertà
Non siamo mai stati tanto liberi e non ci sono mai stati tanti divieti. La terza contraddizione. La fregatura delle parole. Diritti, democrazia, libertà ... mi è bastato un pomeriggio in giro sulla Casilina (ricca di reperti): una gitarella archeologica … sono incappato in cani da guardia, guardiani che ringhiavano come cani, sistemi d'allarme, antifurti, steccati, cancellate, reticolati metallici, muri, muretti, muriccioli, intimazioni, proprietà private, divieti d'accesso, entrate e passaggi riservati, pass, badge, esibizioni di documenti ... eccolo qua il bene comune per eccellenza, il passato, il padre di noi tutti, perso nel labirinto delle proprietà individuali, del menefreghismo, dell'abbandono, della disconnessione dalla collettività ... lo svanire dello Stato … lo Stato. Dov’è lo Stato? Dove siamo finiti noi, dovremmo dire.
Le élite non producono niente
Un gregge di banchieri e finanzieri della Morgan Stanley ospiti per un brunch nella sala capitolare di Santa Maria Novella a Firenze: crapula globalizzata e deluxe esornata da affreschi del Trecento.
Oppure: un tizio che, in Italia, fa affari con il cosiddetto biologico si prende due guglie del duomo di Milano con relative statue: per un giro d'affari a New York.
Ancora: sfilate di moda per bambini nella chiesa di Santo Stefano al Ponte; ecco il resoconto idiota:
Performance di gran classe, curata nei minimi dettagli, ove giochi di luci, live music e balletti facevano da cornice alle piccole modelle che sfilavano sicure, con la genuità e la spontaneità tipica dei bambini, regalando sorrisi ed emozioni a tutti i presenti.
Più di 250 gli invitati, tra giornalisti e buyer.
Un successo.
Sono notizie fresche. Di giornata. Fra le tante.
Il passato, bene comune, utilizzato per le scampagnate di nababbi illetterati. Ma dove sono queste élite? Mi sa che aveva ragione Pasolini pure su questo: i padroni del mondo e la classe media bramano le stesse cose e, quindi, sono vittime allo stesso modo. A volte rimpiango il complotto internazionale ... la Spectre capitalista che ordisce trame sopra le nostre inconsapevoli teste ... il buzzurro italiano con le sue guglie, e le sanguisughe americane, ecco le élite ... Il mondo sembra un treno impazzito guidato da un suicida. Ma quali élite! Sono feudatari sanguinari e stupidi, null'altro ... Guardate le nostre, di élite: parlamento sindacato confindustria dirigenti delle telecomunicazioni: sono peggio del trentenne con l'I-phone ... Il maggior intellettuale italiano redige ormai romanzi scipiti e dispense per un quotidiano che perde mille copie la settimana ... Le élite non parlano che a se stesse? Ma di che devono parlare questi fessi ... non producono niente da decenni … e soprattutto a chi parlano? a nessuno ... ma dove sono poi? Blair Schroeder Kohl Clinton Thatcher ... Appena staccano la spina del potere eccoli per quello che sono: nullità ... al massimo si fanno scrivere la biografia da qualche schiavetto ... le élite! Le élite culturali! Magari averle! Sono favorevole ad esse: esigo un signore rinascimentale, un Re Sole ... Pietro il Grande, Solimano il Magnifico, Pio II, Cosimo de’ Medici, Fanfani ... oppure Federico II di Svevia, un crucco che, nei ritagli di tempo, inventò la letteratura italiana ...
Liberateci da questa democrazia arida, fasulla, asociale, plutocratica, nichilista.
Attutire il frastuono
Uno schiamazzo infernale ... i sistri del nulla continuamente agitati ... nervi sensibili e sempre eccitati: squilli, messaggini, sonerie, promemoria, canzonette, stralci di romanzi che non si leggeranno mai, consigli per gli acquisti ... Una muzak che ci accompagna appena si è desti. È necessario abbassare il volume ... come reagire? Abolire il presente ... non scrivere libri, poesie, romanzi ... per carità ... ignorare gli empiti narcisistici ... Yes, we don't care ... non blaterare a vuoto, non distrarsi, non concedere nulla alla moda, recuperare il tempo, l'ortografia, la sintassi, la dignità, la cautela, la distanza ... la scuola e i maestri ... recuperare il passato ... e, soprattutto, selezionare le letture ... un classico all'anno: Il ritratto di Dorian Gray, le Operette morali, Gioco all'alba, Padri e figli ... iniziare la disintossicazione ... rehab ... un paio di centinaio di pagine all'anno ... da meditare lungamente, perché ogni classico possiede il dono della totalità e della verità ... chiudere account, bannare i cicalatori, non rispondere al telefono, fulminare la televisione, perdere di vista chi frequenta il salone del libro ... isolare gli untori del nulla.
In prima linea
Tirare i remi in barca ... ma quando mai ... sono sempre qui: la mia lotta e la mia etica coincidono ... scrivo online: mi si può leggere o meno, ma non inquino ... le mie elucubrazioni possono smiagolare nel nulla con un click ... in cinque minuti potrei annientare la mia presenza digitale ... non affliggo torchi, uffici stampa, correttori di bozze, alberi centenari, rilegatori, brossuratori, convegnisti, operatori culturali, traduttori ... quello che ho scritto l'ho bruciato tanto tempo fa ... circa un migliaio d'anni fa ... ah, che liberazione ... milioni di parole scritte con la Bic avvamparono con brevi e avide lingue di fuoco purificatore ... La terra stessa sembrò esalare un sospiro di soddisfazione ... ho liberato l'umanità da un paio di romanzi almeno ... e da qualche decina di racconti ... la Mazzantini pubblica (e vende) e inquina ... io non pubblico perché ho deciso di strangolare nella culla le mie creazioni: Cronache da un'illuminazione confusa e Un matrimonio ... Predico male o bene? Non lo so, ma razzolo di conseguenza.
Breve manifesto
Come lettori, intellettuali, amanti delle arti e delle scienze dobbiamo riguadagnare l'ombra, l'anonimato. Riscoprire il passato, abolire il presente; aborrire il chiacchiericcio, il calembour idiota, la battutina, il gioco di parole.
Privilegiare il silenzio, i classici, la profondità, il sacrificio lustrale.
Solo in tal modo potremo distinguere ancora il meritevole, l'armonioso, il bello.
Solo cosi la realtà si ricomporrà nella propria comprensibile unità.
E i frammenti ritorneranno al proprio posto per delineare il quadro della nostra identità: di lettori, cittadini, esseri umani ... quello che volete.
L'unica occasione che abbiamo per capirci di nuovo, parlare, assegnare al caos le parole esatte, definitive, giuste.
:)
RispondiEliminaLettura interessante e articolata. Io penso che questa nostro vivere sia una fase di transizione che ovviamente come tutte le transizioni vengono vissute male. Molteplici aspetti si sono inseriti in un ordine "umano" come orda e quindi non ci ha dato il tempo d'assimilare, ordinare, dare un senso logico a quanto ci è stato insegnato. I "valori di un tempo" parrebbero scardinati e questo genera perplessità e confusione, ma la legge del pendolo è sempiterna, la caduta veloce del grave rallenterà superato il livello inferiore per poi rallentare....
RispondiEliminaVi sono aspetti nella società odierna che sono alla base di quanto lei descrive, in primis la Scuola non è più tale, abnorme crescita della popolazione, il Lavoro che non è più lavoro, il senso della Misura che è stravolto dal lusso, ingordigia, erroneo senso del potere che dovrebbe essere Servizio e non schiacciamento del "vicino". Tutte queste abnormità o deviazioni che dire si voglia tolgono il "Tempo". Vi è però sempre "l'uccellino del vaso di Pandora" non come illusione ma come realtà assoluta: il cuore dell'uomo" per quanto dissacrato e offeso è sempre lo stesso sotto qualsiasi tragedia....Anoi rimane un imperativo, ossia: teniamo sempre accesa il lume della conoscenza per quanto sia difficile e complicato farlo, è il nostro compito e se oggi siamo sempre meno non ce ne calerà nulla, tempo verrà...Positivi, sempre, la "Storia" ha insegnato, per chi la sa leggere e studiare. Felice giornata :)
la Storia insegna, ma non ha allievi (Gramsci)
RispondiEliminaE poi: "Gil scopre che il vagheggiamento di un "glorioso passato ormai perduto" è.... " (Midnight in Paris, W. Allen: una visione leggera leggiadra lieve. Se non l'hai mai visto.... potrebbe perfino piacerti :-))))) Ci vediamo al tè-matico lunes. E intanto ti mando un disegno eloquente, peccato non si riesca a postare qui nei commenti. :-)