Maria Cristina Reggio
Il 27 ottobre scorso, quattro danzatori di Motus Danza (Martina Agricoli, André Alma, Maurizio Cannalire, Simona Gori) hanno accompagnato
Antonietta Mollica, una giovane donna uscita dallʼesperienza di un ictus, nel suo racconto autobiografico realizzato con il
movimento del corpo e rappresentato al Teatro Vascello in unʼunica
serata. Uno
spettacolo che nasceva dallʼurgenza di raccontare e condividere una storia vera
e che è stato interpretato in prima persona (talvolta "doppiata" da
una danzatrice) dallʼautrice stessa, protagonista
della storia. Gli spettatori lʼhanno vista attraversare i momenti salienti di
un breve tratto della sua vita, tragici, comici, drammatici, a volte vergognosi
per i sistemi sanitari internazionali e italici: nessuna novità, se non il
fatto fondamentale che Antonietta ha avuto una nuova possibilità di cominciare
a vivere, dopo la tragedia che lʼha colpita.
Unʼesistenza nuova, ma anche molto difficile, piena di ostacoli che, nel
momento in cui si è sani, sembrano inimmaginabili. Lei, una ragazza giovane,
ricca, bella e in carriera, ha attraversato la soglia tra la vita e la non
vita, rappresentata da una tra le malattie più insidiose e curate della
modernità, quella dellʼictus, il latino e classico "colpo", che quasi
sempre uccide, ma che, se superata, spesso lascia nel corpo che ha toccato i
segni di una paralisi cerebrale, menomazioni che, a diversi livelli, alterano
la possibilità di muoversi, di parlare o
di comunicare con il mondo.
Cosa resta, dunque, agli
spettatori che hanno assistito a questo racconto danzato, dopo un dovuto applauso
di sostegno e di ovvia condivisione, dopo una riflessione sullʼottima sanità
che ci salva al giorno dʼoggi da morte certa (e sullʼaltra faccia di tanta
sanità che uccide la speranza di quanti affrontano malattie simili) e dopo un
inchino certamente meritato di fronte
allʼenergia di questa giovane donna? Cosa differenzia questo spettacolo dalla
cronaca quotidiana o dalla clip commerciale per una campagna di raccolta fondi
per la ricerca (e bisogna ammettere che i video-reality, tanto didascalici che
intervallano il flusso del movimento aggiungono poco alla narrazione)? La
risposta potrebbe essere che resta una riflessione sulla meraviglia del corpo di quella donna preso in volo dai danzatori:
quel corpo vivo e reale, non finzionale, la cui postura leggermente incerta tradisce la
ferita subita, che si abbandona fiducioso alla caduta e al volo della danza
moderna, quasi che Martha
Graham negli anni Trenta lʼavesse inventata apposta per lei. Una danza che
accoglie e rielabora, con il movimento, il peso e la leggerezza del corpo umano, le
sue imperfezioni e i suoi gesti quotidiani, come ha insegnato molta ricerca contemporanea nella danza, a
partire da Pina Baush.
I danzatori della compagnia Motus-Danza interagiscono
con la protagonista e la integrano perfettamente nelle coreografie di coppia, nel trio o nellʼ insieme, in una
fluidità di movimento che contrasta continuamente lʼimmobilità, lʼinterruzione.
La narrazione del corpo, condotta attraverso gesti codificati, si fa
costantemente fluida, sciolta, voluttuosa, come un fuoco che attraversa,
vitale, tutti i componenti del gruppo e si propaga verso gli occhi e i corpi
degli spettatori. Guardare uno spettacolo di danza moderna è unʼesperienza non
solo visiva, ma percettiva, si danza guardando: si partecipa, da spettatori, al
movimento nel palco e in questo caso specifico il movimento del corpo dei danzatori si impone
allo sguardo degli spettatori che ne seguono le traiettorie, i disegni nello
spazio e nel tempo e la danza dà le sue ali benigne a una mitica moderna
Icaro-femmina. Così il corpo della
giovane Antonietta perde peso e
incertezza, scivola senza paura avvolto da quello degli altri danzatori, a loro
si appoggia, senza che ci si avveda dello sforzo, e da loro viene sospinto in
alto, leggero, come forma dinamica, fluida e vitale. Davvero, vola. E chi la guarda,
in platea, vola con lei.
peccato averlo perso, deve essere stato emozionante... ci saranno altre occasioni? Grazie per averlo condiviso.
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