Beatrice,
contessa di Dia (1140? - ?), originaria del Delfinato (antica provincia
francese fra Rodano e Alpi al confine col Piemonte) fu la maggiore trovatrice
in lingua provenzale.
Secondo una
tradizione preponderante fu moglie di Guglielmo di Poitiers, e si accese di
passione per Raimbaut d’Aurenga (1140?-1173), signore d’Orange, altro notevole poeta
occitanico.
Di Beatrice
sopravvivono cinque composizioni.
In Estât ai en greu cossirier, denotata da una
squisita sensualità, si esalta, secondo un riccorrente topos della lirica
provenzale, l’amore adulterino; e questo si accende per un cavaliere celato
sotto il senhal Florio (che identifica, quindi, Beatrice come Biancofiore).
La leggenda di
Florio e Biancofiore fu uno dei cantari più diffusi nell’Europa medioevale (ispirerà
anche il Filocolo di Giovanni Boccaccio).
Florio, figlio
del re pagano di Spagna, nasce nello stesso giorno di Biancofiore, orfana
presso la corte, ma di ascendenze cristiane e romane. Cresciuti ed educati insieme, i fanciulli si innamorano perdutamente. Divisi dal re (Florio è mandato
in terre straniere, Biancofiore venduta ai nomadi), i due amanti si
ricongiungeranno presso la Corte di Babilonia uniti nella fede in Cristo.
Che i due
senhal, Florio e Biancofiore, usati per celare l’identità di poetessa e amante, siano stati usati da Beatrice a causa di quella comune data di nascita?
Impossibile
dimostrarlo, ma la supposizione è così bella che mi piace credervi.
Io ho vissuto in gran pena
Per un cavaliere che fu mio
E voglio che per sempre sia saputo
Che l’ho amato appassionatamente;
Ma ora vedo che son tradita
Perché non gli donai l’amor mio
Per cui mi trovo in gran tormento
Sia nel letto che quando son vestita
Ben vorrei il mio cavaliere
Stringere nudo, una notte, fra le mie braccia,
Stringere nudo, una notte, fra le mie braccia,
E che lui si sentisse felice
Solo ch’io gli facessi da cuscino,
Perch’è lui che mi piace più di quanto
Non sia piaciuto Florio a Biancofiore.
A lui consegno il mio cuore e il mio amore,
Il mio sonno, i miei occhi e la mia vita.
Bell’amico, gentile e valoroso,
Bell’amico, gentile e valoroso,
Or quando vi terrò in poter mio?
Solo una sera insieme a voi giacere
Per farvi dono d’un bacio d’amore!
Avrei gran voglia, ben lo sappiate,
D’aver voi piuttosto che il marito
A patto d’avermi giurato
Di far tutto ciò ch’io volessi.
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