Paolo Morelli
- Forse da che esiste il mondo, tutti possiedono un orecchio abile, pronto ad accogliere la malìa nascosta nelle parole, solo da pochi decenni esso sembra otturato. L’orecchio per le parole della letteratura non dipende dal sapere culturale, bensì dalla tendenza naturale alla socialità.
- Per liberare l’orecchio dalla sua recente occlusione non c’è altro mezzo che la pratica della lettura ad alta voce e dell’ascolto.
- La lettura ad alta voce di testi letterari è da considerare al pari di un atto di teurgia, volto a suscitare in chi ascolta echi di riconoscimenti profondi. È pure un’arte curativa che può essere esercitata su sé stessi.
- La lettura ad alta voce di testi letterari è una pratica efficace che tutti possono coltivare, tranne gli attori, in quanto essi fin da principio sbagliano l’approccio, tagliandosi fuori da ogni possibile prodigio.
- Per leggere ad alta voce è necessario ripristinare l’attenzione all’atto di respirazione. La cura della pratica respiratoria dovrebbe essere insegnata ai piccoli prima dell’alfabeto, o meglio ricordata, perché diventare consapevoli del proprio respiro è per un neonato il primo gesto di autonomia culturale. Anche un buon lettore gliela ricorderà.
- Il respiro dev’essere lungo e sottile, partire da molto in basso, privilegiare la fase espiratoria, al fine di aumentare la stabilità dell’emissione vocale e agevolarne l’orientamento nel rincorrere il modo delle frasi. Ma pure con benefici effetti collaterali per la stessa agilità della mente, altrimenti con un respiro corto si avranno pensieri inevitabili di corto respiro.
- La respirazione è volontaria e involontaria allo stesso tempo, nel suo carattere tra impersonale e personale si trova l’apertura da e verso il mondo. Quando la voce parte da quel giusto mezzo non si sa da dove viene.
- Se parte da lí e non dalla testa, la voce raggiunge il libro senza saper bene come, s’affida alla Stimmung quasi con bella sprezzatura, annulla il distacco, si fa tutt’uno con la voce vera con cui è stato scritto il testo, evoca la presenza viva del narratore pure se lontanissimo nel tempo e nello spazio, persino in una traduzione.
- Può essere utile, per ampliare la gamma tonale e le tipicità della propria voce, utilizzare le vecchie tecniche, quali ad esempio delle prove di lettura con una matita tra i denti o i gargarismi con la pasta d’acciughe.
- È utile trovare, prima del démarrage, un brevissimo istante di silenzio interno, conosciuto dagli antichi col nome di eufèmia, che nell’attesa costituirà elemento di condivisione con chi ascolta e ne favorirà l’ingresso in quell’ambito di intimità allargata che può esser chiamata letteratura.
- Come è piú che ovvio, la tonalità di tutto il testo, anche se lungo, si trova nella prima frase.
- Pare che la coscienza offuschi gli atti che essa rende consci, quindi una volta partita la lettura si smetta il controllo e ci si affidi completamente alla voce che è connaturale al testo e ne forma l’ordito. Non si potrà sbagliare.
- Vale anche per chi ascolta. Se le capacità di concentrazione vanno scemando è perché l’attenzione forzata è una finta dolorosa che si stanca presto. E poi anche dormendo la voce entra lo stesso.
- Di fronte ad uno scritto mai letto prima può apparire utile carpirne preventivamente la trama, ovverosia l’andamento e i significati, in seguito però diverrà più che chiaro lampante che la logica di un testo letterario si trova nella sua voce per la stragrande parte.
- Se si legge un proprio testo, sarà bene trovare il giusto punto focale dimenticando il più possibile tale particolare, acciocché andando avanti l’ascoltatore abbia l’impressione che se autore e lettore coincidono sia un dato del tutto casuale. Perché il rischio dell’oralità è il narcisismo.
- Spesso l’accompagnamento musicale nasconde una mancanza di fiducia, il tentativo di addolcire la pillola che si dà già per amara, è un abbellimento che infiacchisce. L’eventuale musica, improvvisata o meno, perfino nel melologo, dovrà scovare una connivenza originale con la voce testuale, non limitarsi ad accudire da dietro quella dell’occasionale lettore.
- Nell’eventualità di un microfono, ci si ponga ‘sotto’ la sua area d’influenza, giacché le parole sono fatte d’aria che sale.
- Perché la lettura riesca, va comunque tenuto conto che è necessario voler bene alle pagine che si leggono, e che non tutti i libri contengono una voce, anzi la maggior parte di quelli odierni sono afoni a bella posta presumendo un lettore sordo, solo da poco in migliaia d’anni vengono proposte o meglio imposte l’incompatibilità e la selezione intellettiva, e nell’impianto burocratico d’un silenzio sí fatto si celano le ragioni della sorprendente sordità.
grazie! davvero utile e interessante.
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