Il rapporto con sé e con il mondo mediato dal Corpo è il filo conduttore dei due atti unici (Donna numero 4 e Nessuno ci guarda) scritti e recitati da Eleonora Danco, in prima nazionale al Teatro Vascello di Roma dal 16 al 21 aprile Nel primo, il cibo è l'elemento che scandisce il contatto con la realtà interna ed esterna in un andirivieni convulso fatto di dialoghi brevi, improvvisi, definitivi nelle domande e risposte che agitano il mondo interiore del personaggio femminile ritratto. È un corpo abitato dal bisogno di controllare i modi e i contenuti relativi all'assunzione di responsabilità che illusoriamente viene attribuita al cibo, alle cose che si mangiano. Un soggetto disincarnato che lotta per non acquisire memorie emotive che danno identità psicocorporea. La convinzione di sentirsi adulta solo attraverso definizioni tratte dal latino, l'evitamento ossessivo di produrre errori tratteggiano un personaggio alienato che intrattiene un dialogo disperato con l'ambiente circostante .
I testi della Danco sono costante ricerca di una comunicazione con il mondo interiore, affondi verso un contatto con l'inconscio inteso come possibilità di rappresentare il soggetto nel suo complesso, di interrogarlo senza fare sconti. Lo spazio scenico, vuoto, ha un confine segnato dalle luci che lo dividono dalla parte buia del palco, quasi a sottolineare la presenza del mondo dell'inconscio che va attraversato per fermare il flusso incontenibile della coscienza che agita parole e paure esistenziali. Sostare così alcuni attimi in quella area 'psichica' del palcoscenico è come sottrarsi alla mancanza di senso del limite, di confini sicuri fra sé e quel mondo sociale e urbano che rimanda questa mancanza attraverso i suoi eccessi di cose, di odori, di cibo da mangiare presente ovunque e sostitutivo impossibile di altre forme di socialità aggregante.
In Nessuno ci guarda, secondo atto unico, testo già pubblicato da Minimum Fax, la fisicità del teatro della Danco assegna alla corporeità una funzione che la fa assomigliare d un rabdomante attento alle vibrazioni di un sentire sempre vicino a quello che accade dentro di sé e intorno a sé, iscritto in una relazionalità senza interruzione. Il risveglio dopo un incubo, la difficoltà a vivere nella quotidianità, a uscire di casa, l'essere visitata dai ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza connotati dai condizionamenti operati dai codici familiari e l'esperienza di non essere vista sul piano affettivo sono gli elementi narrativi del testo. La rivisitazione attraverso la memoria che irrompe, sembra a sua volta la ripetizione di un trauma che l'attrice riesce a portare in scena con la solita intensità emotiva,facendosi medium per integrare linguaggi espressivi che rifuggono da una rappresentazione della realtà lontana dal reale.
(Questo articolo è uscito il 19 aprile 2013 sul sito della rete nazionale di giornaliste unite per il cambiamento Giulia con il titolo Il cibo, il corpo. E le donne)
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