Il
primo scatto d’autore di Helmut Newton, un nudo dell’attrice Charlotte
Rampling, è così descritto: “La linea
sinuosa della schiena, con lo sguardo fisso in camera. Nuda, vestita solo della
sua bellezza, tra l'opulenza di un arredamento d'alto antiquariato”. Una
notazione preziosa poiché riassume in un guscio di noce tutta l’estetica del
fotografo berlinese (e americano d’adozione), turgida di cattivo gusto e
altrettanto vincente nell’assecondare il montante edonismo delle nuove classi
borghesi.
Non
sappiamo se fu cosciente di tale complicità (in tal caso fu uomo assolutamente
astuto) o se fu uno dei casi in cui l’esprit
du temps riesce a concretarsi nella produzione individuale di un artista di
sensibilità superiore. In entrambi i casi va riconosciuto alle sue creazioni un
rilievo sociologico e documentario di assoluto livello pur nell’insignificanza
artistica.
Fu
sicuramente un precursore. Egli nacque nell’ambiente della moda (pubblicò in
gran parte su Vogue) e, quindi, della pubblicità; e dalla pubblicità trasse
l’unica, ma potentissima linea guida del proprio operare: épater le bourgeois, sbalordire il borghese, la nuova massa. In pochi anni, infatti, a partire dalla metà
dei Sessanta, in tutto il mondo occidentale (con ritardi più o meno
accentuati fra le varie nazioni), i ceti medi abiurano definitivamente le vecchie ideologie di
riferimento (famiglia, stato, religione) sostituendovi un permissivismo consumista e totalizzante. Il borghese si ritrova quindi libero
da reticenze e lacci morali fino a poco tempo prima asseriti da autorità
secolari: il nuovo cielo è libero da nubi; ciascuno può osare tutto,
purché consumi, ovvio.
Newton
attizza le pulsioni del nuovo individuo in libera uscita dall’antico ordine
morale sostanzialmente in due modi.
Il
primo consiste nell’uso massiccio delle categorie pubblicitarie dell’inatteso e
della sorpresa tramite il corto circuito fra nuovo mondo consumista, permissivo
ed eccitante, e l’ordinamento tradizionale in via di abbandono, chiuso e
deprimente: abbiamo, ad esempio, modelle che fumano ostentatamente e sfacciatamente
lunghi sigari (metafora d’una inversione di ruolo sociale col maschio dominante);
modelle, adeguatamente scostumate, alle prese con lavori una volta riservati
alla figura femminile repressa: lavandaie, stiratrici (ancora la sovversione-trasgressione
dei pregressi ruoli paternalistici); modelle seminude accanto a simboli di
ideologie totalitarie (cristiani o nazisti non fa differenza, entrambi
appartengono ad un mondo freddo e distante, lontano anni luce dal tepore dei
nuovi tempi).
Il
secondo grimaldello, di gran lunga più potente, consiste nel vellicare gli
istinti a lungo repressi del ceto medio mediante allusioni esplicite alle più
varie parafilie sessuali. Il ricorso a tali mezzucci è così sistematico da
ingenerare il sospetto che Newton abbia operato a tavolino con l’ausilio di un Bignami
delle perversioni: esibizionismo (ostensione di nudità in ambienti urbani),
voyerismo (ça va sans dire),
feticismo (tacchi, lingerie varia,
guaine di latex …), sadomasochismo, travestitismo
e omosessualità (sempre da parte femminile), abasiofilia (attrazione verso la disabilità:
le serie di modelle sorrette da grucce o ritenute da strumenti ortopedici …),
bestialità (modelle alle prese con cani, cavalli, coccodrilli …, in fondo il vecchio tema della bella e della bestia). Il tutto declinato
ai limiti della pornografia, poiché il prodotto deve istigare al consumo delle
classi medie e medio-alte e non ristare nelle secche di una provocazione
urtante e, commercialmente, fine a sé stessa.
Lo
stesso opportunismo artefatto dell’epater
le bourgeois informa anche i riferimenti colti della sua produzione: egli scimmiotta
la statuaria neoclassica, spogliata però d’ogni profondità simbolica, pur
elementare, e la grande pittura (ricrea il tableau
de La Maya desnuda; tramite uno specchio, in Self-portrait with wife and models, inscrive nello stesso scatto il
soggetto, l’oggetto e lo spettatore con un artificio tecnico tratto da I coniugi Arnolfini di Van Eyck e da Las Meninas di Velazquez); oppure ricrea
ambienti preziosi (liberty, decò): in tutti i casi egli opera in modo così artificiale
e grossolano da non raggiungere nemmeno lo status di midcult (ovvero di chi volgarizza l’alta cultura per abbassarla al
consumatore) scivolando verso il kitsch
più crasso - un cattivo gusto, certo, patinato e alto, ben diverso da quello da
rigattiere destinato alle classi meno danarose.
In
lui, al netto del fascino incontestabile del bianco e nero, tutto testimonia di
un’epoca fatua, stolida, androgina, irresistibile, e tuttora ideologicamente vincente. Ma, come scrisse Stendhal, basta non confondere tale moda "che non vive se non di cambiamenti, col bello durevole".
Helmut
Newton, Palazzo delle Esposizioni, 6 marzo - 21 luglio 2013
Serie fotografiche
Big nudes, White women, Sleepless nightsSelf-portrait with wife and models |
La nuova Maya desnuda |
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