G. Luca Chiovelli
Di
uno degli uomini decisivi dell’Occidente si conosce a malapena la data di
nascita (1447 o 1451?); si sa che morì in disgrazia; se ne ignorano persino le
fattezze poiché nessun artista ritenne rilevante effigiarlo in vita: il più
famoso ritratto, di Ridolfo del Ghirlandaio, è assolutamente infedele se prendiamo
per buona la descrizione che del granduomo ci fa il figlio Fernando: “viso lungo, zigomi sporgenti, naso aquilino,
capelli bianchi già a trent’anni”. Genovese, fu al soldo dei francesi proprio
contro gli spagnoli e i genovesi, poi al soldo degli spagnoli stessi, fu
corsaro e commerciante di schiavi africani nonché splendido bugiardo (falsificò
la propria genealogia riannodandola a un tal Colo, in realtà Cilo, console
romano dell’epoca di Tacito); si sposò in Portogallo, poi si recò in Spagna
dove deitalianizzò il proprio nome da Cristoforo Colombo in Cristóbal Colón. Si
interessò di cartografia e cosmografia, studiò Aristotele, Marino di Tiro,
Tolomeo, Plinio. Navigatore straordinario, mosso da una febbrile ansia di predestinazione
dettatagli dalle profezie di Isaia e Esdra, sognava il passaggio breve per le
Indie e per l’Asia di Marco Polo, per il Catai e la Cipango dai tetti d’oro
(ovvero la Cina e il Giappone).
Il
12 Ottobre 1492 il convertito (dall’Islam) Rodrigo Bermejo de Triana avvistò
dalla Pinta l’attuale costa di San Salvador nelle Antille. Lo sbarco vien fatto
coincidere storicamente con la nascita dell’evo moderno. In realtà le tre
caravelle di Colombo furono le prime cellule tumorali destinate a metastatizzare
prima le Antille, poi il Messico, l’America centrale, le Ande, il Brasile, infine
il Nord America.
Proprio
quella sensazione di missione biblica che pervadeva l’animo del nuovo
conquistatore, ne dettò anche gli ambigui comportamenti che oscillavano fra l’entusiasmo
sincero per la bellezza dei paesaggi e la naturale bontà degli indigeni (da
vero cristiano) e la volontà classificatoria mercantile, che egli applicava
indistintamente a esseri umani, metalli, pappagalli, erbe (dai sovrani spagnoli
aveva strappato anche una grassa partecipazione agli utili). Il suo stesso nome
ispanizzato, a cui teneva moltissimo, rivela la doppia natura dell’uomo, e
dell’Occidente stesso: Cristóbal ovvero Cristoforo, portatore di Cristo,
apportatore di cristianità, e Colón, ovvero ripopolatore, colonizzatore. D’altra
parte sarà lo stesso navigatore, in una lettera alla Corona spagnola appena un
mese dopo il primo sbarco, a dichiarare: “Penso
che, se [le Vostra Altezze] cominceranno,
in poco tempo potranno ottenere la conversione di un gran numero di popoli alla
nostra Santa Fede, con l’acquisizione alla Spagna di grandi e ricche signorie e
di tutti i loro abitanti. Senza dubbio infatti in queste terre c’è gran
quantità d’oro” e, in una missiva del 1498: “Le Vostre Altezze hanno qui
un altro mondo, nel quale è possibile assicurare un grande incremento alla
nostra Santa Fede e ricavare grossi profitti”. Questa schizofrenia troverà
inveramento, storico e giuridico, nel grottesco istituto del requerimiento (esperito con tanto di
notaio) per cui i conquistatori formalizzavano, in una lingua incomprensibile agli
sbigottiti nativi, lo spossessamento delle terre a cui erano approdati; eventuali
resistenze generavano ulteriori dichiarazioni, stavolta più esplicite: “Dichiaro che, con l’aiuto di Dio, entreremo
con tutte le forze nel vostro paese … e vi sottometteremo al giogo e all’obbedienza dovuti alla Chiesa e alla Corona. Prenderemo
voi, le vostre mogli e i vostri bambini
e vi renderemo schiavi e , in quanto tali, vi venderemo e disporremo di
voi secondo il volere della Corona”. Circa cinque secoli dopo una tale
scena simile la ritroveremo in Fontamara
con i cafoni nella parte degli indiani.
Tale
atteggiamento portò inevitabilmente ad una escalation
inarrestabile.
Durante
il primo viaggio di Colombo furono rapiti qualche decina di indiani e deportati
in Spagna assieme ad animali esotici, piante, pietre, manufatti vari. Ne
sopravvissero due. Durante il secondo viaggio i deportati salirono a 550: duecento
morirono durante il viaggio e furono gettati in mare, i restanti arrivarono
moribondi. In pochi mesi morirono tutti. Nel gennaio 1494 Colombo approdò
all’isola di Hispaniola (le attuali Haiti e Repubblica Dominicana) recando in
dono mietitori di morte invisibili: l’influenza, il morbillo, il vaiolo: i nativi,
inermi di fronte a malattie da sempre sconosciute, vennero falciati via a
migliaia. “Morivano così tanti indiani
che era impossibile tenerne il conto” dirà Fernandéz de Oviedo. Gli europei,
induriti da secoli di malattie, forgiati per la rapina e l’omicidio da guerre
millenarie, febbricitanti per l’avidità d‘oro, di donne, di cibo, di potere, spogliarono
i nativi di Hispaniola d’ogni bene e si abbandonarono ad una furia omicida
spaventosa quanto gratuita. I resoconti sono una teoria di orrori che
diventeranno moneta consueta nei decenni successivi: “strappavano i bambini dalle braccia delle loro madri e spaccavano loro
la testa contro le rocce … li infilzavano con la spada” … “iniziarono a sventrare, tagliare e uccidere
quelle creature innocenti, uomini, donne, bambini e anziani” … “strapparono il bambino dalle braccia della
madre e lo gettarono ancora vivo al cane che lo divorò sotto gli occhi di lei
“ … Riferisce Bartholomé de Las Casas, domenicano e testimone oculare dei primi
eccidi, autore del classico e fededegno Brevissima
relazione delle distruzione delle Indie: “… quando gli spagnoli li trovavano li massacravano senza alcuna pietà,
come pecore al macello … essere crudeli era una regola generale; non
semplicemente crudeli, ma straordinariamente crudeli, in modo che il
trattamento duro e spietato impedisse agli indiani di considerarsi eseri umani…”
. Un capo di Hispaniola, il cacicco Hatuey, si rifugiò a Cuba con parte della
popolazione, poi, di fronte al proprio popolo, additò l’oro come causa della
cupidigia spagnola e lo gettò in un fiume. Fu ritrovato e bruciato vivo, la sua
gente massacrata.
Nel
1492 l’isola di Hispaniola contava 8 milioni di individui; quattro anni dopo si
erano ridotti alla metà circa; nel 1508 a circa centomila; nel 1535 la
popolazione nativa era pressoché estinta.
Nel
1492 la popolazione delle due Americhe contava quasi cento milioni di esseri
umani, un quarto del pianeta; in un secolo si sarebbe ridotta a un decimo. Fu
un genocidio, nella più stringente accezione della parola, materiale e
culturale assieme: lingue, usanze, città, credenze religiose, produzioni artistiche,
saperi tradizionali, caddero nell’oblio eterno. Civiltà complesse, strutturate
secondo architetture distillate in almeno 50000 anni di evoluzione culturale. Di
esse oggi si parla per ricostruzioni dotte come si fa per i dinosauri, il
Colosso di Rodi o il Prete Gianni.
E questa tragedia non
possiede neanche il risarcimento dell’elegia, poiché i suoi cantori non hanno
più memoria dei loro antenati e il passato di dolore si erge davanti a
loro sconosciuto come un monolite alieno. E i carnefici, in Occidente, non
hanno eretto né musei né memoriali: il loro senso di colpa si appaga esclusivamente
nella carità pelosa di qualche film hollywoodiano.
David E. Stannard, Olocausto americano, Bollati Boringhieri
David E. Stannard, Olocausto americano, Bollati Boringhieri
Bello G.C., il tuo post, ho letto il libro cercando di vincere il senso di orrore che le storie narrate, di cui in generale ero a conoscenza, mi hanno causato.
RispondiEliminaMolto incisiva questa tua frase e veritiera "In realtà le tre caravelle di Colombo furono le prime cellule tumorali destinate a metastatizzare prima le Antille, poi il Messico, l’America centrale, le Ande, il Brasile, infine il Nord America.", rende e sintetizza molto bene quello che la conquista delle Americhe è in realtà stata.
Ho trovato anche molto interessante la terza parte del libro che cerca di capire come è potuto succedere tutto ciò, chi erano gli uomini che hanno perpretato un così grande genocidio e
quali le strutture sociali a cui appartenevano e che li sostenevano, sintetizzandole "l'occidente". Trovo che sia un gran libro che apre gli occhi su un pezzo di storia tanto ignorato e nascosto quanto tremendo e oscenamente inumano ( o forse umano?).
Ciao, Maria
che l'errore da me commesso nel termine perpetrare sia un lapsus froidiano? cioè: per -"pretato" :-)
EliminaGrazie dell'apprezzamento.
EliminaTi consiglio, sullo stesso argomento, Memoria del fuoco di Eduardo Galeano, una serie di brevi fantasie letterarie sulla storia dell'America Latina.
Un saluto.
Grazie del consiglio, lo seguirò :-)
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