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sabato 20 aprile 2013

Come pecore al macello, l'olocausto dimenticato

G. Luca Chiovelli
Di uno degli uomini decisivi dell’Occidente si conosce a malapena la data di nascita (1447 o 1451?); si sa che morì in disgrazia; se ne ignorano persino le fattezze poiché nessun artista ritenne rilevante effigiarlo in vita: il più famoso ritratto, di Ridolfo del Ghirlandaio, è assolutamente infedele se prendiamo per buona la descrizione che del granduomo ci fa il figlio Fernando: “viso lungo, zigomi sporgenti, naso aquilino, capelli bianchi già a trent’anni”. Genovese, fu al soldo dei francesi proprio contro gli spagnoli e i genovesi, poi al soldo degli spagnoli stessi, fu corsaro e commerciante di schiavi africani nonché splendido bugiardo (falsificò la propria genealogia riannodandola a un tal Colo, in realtà Cilo, console romano dell’epoca di Tacito); si sposò in Portogallo, poi si recò in Spagna dove deitalianizzò il proprio nome da Cristoforo Colombo in Cristóbal Colón. Si interessò di cartografia e cosmografia, studiò Aristotele, Marino di Tiro, Tolomeo, Plinio. Navigatore straordinario, mosso da una febbrile ansia di predestinazione dettatagli dalle profezie di Isaia e Esdra, sognava il passaggio breve per le Indie e per l’Asia di Marco Polo, per il Catai e la Cipango dai tetti d’oro (ovvero la Cina e il Giappone).
Il 12 Ottobre 1492 il convertito (dall’Islam) Rodrigo Bermejo de Triana avvistò dalla Pinta l’attuale costa di San Salvador nelle Antille. Lo sbarco vien fatto coincidere storicamente con la nascita dell’evo moderno. In realtà le tre caravelle di Colombo furono le prime cellule tumorali destinate a metastatizzare prima le Antille, poi il Messico, l’America centrale, le Ande, il Brasile, infine il Nord America.

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