mercoledì 8 maggio 2013
Il gioco dei giorni narrati
Un nuovo indirizzo si aggiunge alla lista degli Amati blog qui a fianco: si tratta di Dicono di oggi, è online dal primo gennaio di quest'anno e sicuramente piacerà a molti lettori di Monteverdelegge. L'idea di mettere insieme "un progetto editoriale basato su un vasto database di citazioni letterarie che parlano dei 366 giorni dell’anno" è di Antonella Sbrilli, ma l'iniziativa è aperta a tutte/i quelle/i che vorranno aggiungere il loro contributo a questo Gioco dei giorni narrati, per riprendere il titolo di un libro che la stessa Antonella Sbrilli (nascosta dietro l'alias Toni A. Brizi) ha pubblicato anni fa. Anche la Biblioteca Marconi di Roma ha aderito al progetto, allestendo addirittura una piccola urna dove è possibile inserire nuove citazioni. Frutto di vent'anni di ricerca, la lista di "romanzi, racconti, poesie (ma anche opere d’arte, film, canzoni) che si svolgono in un giorno dichiarato o fanno riferimento a una data, dal primo gennaio (compleanno di Lolita di Nabokov), alla notte di Capodanno raccontata da Saramago" è già molto lunga. Motivo di più per mettersi a caccia di date (finora) dimenticate.
martedì 7 maggio 2013
Gli anni fulgenti di Miss Brodie
Sul
risvolto dell'edizione
Adelphi di Gli
anni fulgenti di Miss Jean Brodie
è scritto, fra l'altro, che il romanzo di Muriel Spark
è
“un labirinto psicologico degno di Henry James, e insieme un
congegno narrativo perfetto come quello di certe inamovibili commedie
inglesi in cartellone per decenni”. Una definizione precisa e che
tuttavia rischia di far apparire il libro, uscito nel 1961, come un
oggetto sorpassato, se non polveroso. Utile quindi confrontare queste
parole con la
recensione che Martin Price pubblicò sul “New York Times”
all'indomani della pubblicazione del testo, in cui il critico osserva
che “la maggior parte di noi ha conosciuto qualcuno come Miss Jean
Brodie, forse un'insegnante, come nel romanzo di Muriel Spark, una
zia dalla reputazione un po' dubbia o una cugina di cui si preferisce
non parlare, forse la madre di uno dei nostri migliori amici”.
Questa assurda Miss Brodie, che “si impossessa di docili
ragazzine... e cerca di fare di loro delle europee, invece di
sciatte piccole provinciali” è una donna in cerca di Assoluto, a rischio di travolgere chi la circonda e se stessa. Una figura in via
di estinzione?
Alcuni link utili:
La biografia di Muriel Spark su Wikipedia (in italiano)
Gli anni fulgenti di Miss Brodie (The Prime of Miss Jean Brodie) è il libro di cui si parlerà nell'incontro mensile del gruppo di lettura di Monteverdelegge, sabato 11 maggio alle 11 nel Salone degli affreschi del Dsm (via Colautti 28)
Gli anni fulgenti di Miss Brodie (The Prime of Miss Jean Brodie) è il libro di cui si parlerà nell'incontro mensile del gruppo di lettura di Monteverdelegge, sabato 11 maggio alle 11 nel Salone degli affreschi del Dsm (via Colautti 28)
domenica 5 maggio 2013
Genealogia della casta
Ti racconto un libro:
Barbara Raggi, Baroni di razza,
Editori Riuniti, pp. 216, euro 22,90
G. Luca Chiovelli
Questo saggio si potrebbe tranquillamente titolare La casta. Appendice I. L’accademia italiana sotto il fascismo. Quasi tutti abbiamo perlomeno dato un’occhiata al libro di Stella e Rizzo, ci siamo indignati per il comportamento di coloro che abbiamo votato per decenni (ma non per il nostro comportamento che li ha legittimati), poi siamo tornati alle nostre occupazioni con il trito sentimento che accompagna sovente il lettore medio durante tale escursioni di coscienza civica: il presente non che è una degenerazione del passato, allora si stava meglio, nel dopoguerra vi era più sobrietà e tante belle cose. Gli stessi autori, abbastanza chiaramente, autorizzavano una tale interpretazione.
Purtroppo non è così.
Di cosa parla il libro della Raggi? Apparentemente di come un folto gruppo di accademici italiani (anche di livello altissimo) assecondarono la politica razzista del regime fascista decretando, di fatto, l’applicazione delle leggi razziali del 1938 (e del conseguente Tribunale della Razza dove alcuni magistrati attribuivano o meno patenti di italianità a individui e famiglie); e di come, tale gruppo di baroni, di razza appunto, sfuggì alle epurazioni del dopoguerra riconquistando carriere, privilegi, stipendi e pensioni ad onta delle scelte infami operate.
Barbara Raggi, Baroni di razza,
Editori Riuniti, pp. 216, euro 22,90
G. Luca Chiovelli
Questo saggio si potrebbe tranquillamente titolare La casta. Appendice I. L’accademia italiana sotto il fascismo. Quasi tutti abbiamo perlomeno dato un’occhiata al libro di Stella e Rizzo, ci siamo indignati per il comportamento di coloro che abbiamo votato per decenni (ma non per il nostro comportamento che li ha legittimati), poi siamo tornati alle nostre occupazioni con il trito sentimento che accompagna sovente il lettore medio durante tale escursioni di coscienza civica: il presente non che è una degenerazione del passato, allora si stava meglio, nel dopoguerra vi era più sobrietà e tante belle cose. Gli stessi autori, abbastanza chiaramente, autorizzavano una tale interpretazione.
Purtroppo non è così.
Di cosa parla il libro della Raggi? Apparentemente di come un folto gruppo di accademici italiani (anche di livello altissimo) assecondarono la politica razzista del regime fascista decretando, di fatto, l’applicazione delle leggi razziali del 1938 (e del conseguente Tribunale della Razza dove alcuni magistrati attribuivano o meno patenti di italianità a individui e famiglie); e di come, tale gruppo di baroni, di razza appunto, sfuggì alle epurazioni del dopoguerra riconquistando carriere, privilegi, stipendi e pensioni ad onta delle scelte infami operate.
Questo però è il livello visibile. Sotto l’epidermide incombe una verità semplice da svelare, ma che nessuno ama riconoscere ovvero che la classe intellettuale italiana, composta da magistrati, scienziati, umanisti, artisti (quella che supporta tuttora la casta di Stella e Rizzo) era ed è, oggi Maggio 2013, vergognosamente conformista e illiberale. Più avanti definiremo in maniera più stringente il termine conformista.
Una petizione per il Teatro all'aperto di Villa Pamphilj
A due mesi dall'inaugurazione dell’Estate Romana, l’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma, malgrado le numerose richieste e sollecitazioni, non ha ancora comunicato agli organizzatori se verrà realizzato o meno il Teatro all’aperto di Villa Pamphilj. Silenzi, incertezze e ritardi mettono a rischio l’abituale programmazione estiva, con un danno enorme per le centinaia di lavoratori coinvolti nella stagione estiva e per cittadini e turisti che, estate dopo estate, hanno imparato a frequentare ed apprezzare Il Teatro di Villa Pamphilj, È possibile sollecitare e sostenere la realizzazione del Teatro firmando una petizione su Change.org.
Olivetti, il sogno di un uomo proiettato nel futuro
Ti racconto un libro:
Adriano Olivetti, Democrazia senza partiti, Edizioni di Comunità, pp. 80, euro 6
Anna Marendino
Democrazia senza partiti è un
saggio di Adriano Olivetti pubblicato dalla casa editrice Edizioni di
Comunità per la prima volta nel 1949 e ripubblicato nel 2013 con una
illuminante introduzione di Stefano Rodotà.
Olivetti nacque nelle vicinanze di
Ivrea l’11 aprile 1901 da padre ebreo e madre valdese, origini che
lo portarono a opporsi al regime fascista con momenti di militanza
attiva (partecipò con Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Sandro
Pertini e altri alla liberazione di Filippo Turati). Fu un
protagonista dell’industria italiana e unì alle capacità
manageriali un'instancabile sete di ricerca e di sperimentazione su
come si potesse armonizzare lo sviluppo industriale con
l'affermazione dei diritti umani e con la democrazia partecipativa,
dentro e fuori la fabbrica. Fondò, tra le altre cose, la rivista e
il movimento di Comunità, con il quale riuscì a essere eletto in
Parlamento nel 1958. Nel 1956 fu eletto sindaco di Ivrea. Studioso di
urbanistica, diresse il piano regolatore della Valle d'Aosta e fu
anche presidente dell'Istituto nazionale di urbanistica. Il 27
febbraio 1960 morì prematuramente durante un viaggio in treno da
Milano a Losanna.
Come afferma Rodotà nella prefazione,
Democrazia senza partiti non è un manifesto di antipolitica,
ma un richiamo a un’identità autentica tra politica, tecnica e
valori spirituali. «Questo scritto è una difesa appassionata di una
dignità che la politica non può abbandonare e che trova il suo
alimento in grandi idealità, in passioni profonde, in opportunità
concrete, perché la persona riesca a esprimersi pienamente come
cittadino». Non a caso il libro esce nell’immediato dopoguerra, in
un periodo di grande fermento politico e culturale che darà vita
alle nuove costituzioni, quella italiana del 1948 e quella tedesca
del 1949, e che per l’autore rappresenta il momento di conversione
al cattolicesimo.
giovedì 2 maggio 2013
Seamus Heaney tradotto da Paolo Febbraro
![]() |
Seamus Heaney |
‘Had I not been awake’
Had I not been awake I would have missed it,
A wind that rose and whirled until the roof
Pattered with quick leaves off the sycamore
And got me up, the whole of me a-patter,
Alive and ticking like an electric fence:
Had I not been awake I would have missed it
It came and went so unexpectedly
And almost it seemed dangerously,
Returning like an animal to the house,
A courier blast that there and then
Lapsed ordinary. But not ever
Afterwards. And not now.
“Non fossi stato sveglio”
Non fossi stato sveglio, me lo sarei perso,
Un vento che si levò e vorticò fino a che il tetto
ticchettò delle foglie acute dell’acero
e mi fece alzare, anch’io tutto un ticchettio
vivo e ronzante come un reticolato elettrico:
non fossi stato sveglio, me lo sarei perso
venne e se ne andò così inaspettatamente
e parve insidiosamente, quasi,
tornando come un animale alla tana,
una folata messaggera che lì per lì
cedette, usuale. Ma non da allora
in avanti. E non adesso.
‘The door was open and the house was dark’
Wherefore I called his name, although I knew
The answer this time would be silence
That kept me standing listening while it grew
Backwards and down and out into the street
Where as I’d entered (I remember now)
The streetlamps too were out.
I felt myself, for the first time then, a stranger,
Intruder almost, wanting to take flight
Yet well aware that here there was no danger,
Only withdrawal, a not unwelcoming
Emptiness, as in a midnight hangar
On an overgrown airfield in high summer.
In memory of David Hammond
«La porta era aperta e la casa era buia»
E dunque io chiamai il suo nome, sebbene sapessi
che stavolta la risposta sarebbe stata il silenzio
a tenermi in piedi, fermo, ascoltandolo scendere
a ritroso fin giù nella strada
dove al mio entrare (ora ricordo)
anche i lampioni erano guasti.
Mi sentii, per la prima volta, un estraneo,
un importuno, quasi, che vuol darsi alla fuga
pur consapevole che qui non c’era pericolo,
solo una reticenza, un vuoto
inaccogliente, come a mezzanotte, nell’hangar
d’un aeroporto abbandonato, in piena estate.
in memoria di David Hammond
mercoledì 1 maggio 2013
Storie di asini (e del cavallo di Nietzsche, del bufalo di Rosa Luxemburg e della vacca di Gadda)
![]() |
L'asino Balthazar e Anne Wiazemsky in Au hasard Balthazar |
Nella Bibbia, nei bestiari medioevali, nella letteratura religiosa egizia e classica (Esopo, Apuleio) l’asino è sempre tratteggiato simbolicamente, metafora che rimanda a significati ultraterreni o morali; spesso con graziosi bisticci storici; se nei Vangeli Cristo entra in trionfo sul dorso del mite animale, la più antica raffigurazione della Passione (il graffito Palatino del III secolo d.C.) contempla un Gesù crocefisso con testa d’asino: sorta di fumetto nato per sfottere un convertito alla nuova religione dell’Impero.
Solo con la fine del Medioevo l’animale perde la sua aura simbolica per divenire semplicemente sé stesso: il destriero di Sancho Panza, nonostante le interpretazioni dotte, è quello che è, un asino, in evidente affinità col proprio cavaliere.
Le cose cambiano a metà Ottocento. Victor Hugo, già reazionario in gioventù, vide svaporare gli ideali romantici ed eroici nello sviluppo di una società sempre più secolare. Esiliatosi volontariamente, cercò di ritrovare le pulsioni giovanili in quella forma di romanticismo sfrenato che fu (ed è) il socialismo – un socialismo, beninteso, umanitario e populista, declinato secondo uno stile melodrammatico e patetico. Nel 1880 (ma la gestazione è anteriore) dedica all’asino l’omonimo poema (L’âne) in cui l’animale, Patience, traversa la storia sino a dialogare con Kant [1] cui oppone una filosofia di vita basata sul mistero e lo spiritualismo. Ancor più indicativo il celebre componimento Le crapaud (1856; tradotto da Giovanni Pascoli): alcuni monelli torturano un rospo e lo abbandonano sadicamente nel mezzo della strada sicuri che un carretto lo schiaccerà; ma l’asino, che conduce il biroccio, pur stremato dalla fatica, lo risparmia:
“L’asino che era rientrato la sera, sovraccarico, distrutto,
Morente, e sentiva sanguinare i suoi poveri zoccoli consunti,
Aveva fatto qualche passo in più, aveva scartato e deviato
Per non schiacciare un rospo nel fango.
Quest’asino meschino, sudicio, straziato dai colpi di bastone,
Ha mostrato d’esser più nobile di Socrate e più grande di Platone”.
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