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domenica 8 settembre 2013

La mia vita con Paco. Un racconto in quattro puntate / 2


Marta Ancona
 Era forse il 1974, ’75, quindi. Non ricordo quale sia stato l’input, che cosa mi sia venuto in mente, perché abbia improvvisamente deciso di prendermi un cane, e per giunta dal canile municipale; forse passavo per caso da lì, qualcuno mi avrà fermato per dirmi che stavano per sopprimere dei cani se non ci fosse stato qualcuno ad adottarli, mi sarò fatta coinvolgere, che so, oppure è stato un colpo di testa, uno dei tanti, è probabile che non vi abbia ragionato su affatto, che non abbia preso in considerazione né i problemi, né le responsabilità, una decisione d’istinto cieco.
Era carinissimo, un focato grigiastro a pelo semilungo, avrà avuto un anno, poco meno, decisi di chiamarlo Jeep, anche se nulla aveva della robustezza e resistenza del mitico mezzo militare.
Anche allora non capivo niente, meno di niente, erano passati troppi anni senza alcun contatto canino, al massimo qualche gatto, anche sfortunato, come il bellissimo mezzo persiano nero, di nome Chico che, uscito dalla nostra casa di piazza Giuditta Tavani Arquati per distrazione dei suoi abitanti, andò a finire sotto una macchina (o fu preso a calci da qualche imbecille superstizioso) e ne uscì con la pleura invasa dal sacco addominale, e fu soppresso perché non poteva vivere in quel modo.
Il guaio di Jeep fu proprio la sua cagionevolezza. Al canile aveva preso di tutto. Stazionavo dal veterinario, perché lui non si fece mancare niente. Finché non si beccò la rogna. Il veterinario mi terrorizzò dicendomi che non poteva stare con una bambina (Arianna aveva 3 o 4 anni), che era pericoloso, che sarebbe stato prudente che fosse il suo studio ad ospitarlo per almeno 15-20 giorni, per somministrare tutte le cure e i bagni necessari a far cessare l’infezione e quindi il pericolo di contagio per Arianna. Io mi sentii sopraffatta da tutto quell’impegno, dalla spesa da affrontare (quel veterinario era molto caro) e dissi a quel luminare le mie difficoltà, preoccupazioni. E fu lui a quel punto a propormi di sopprimere il cane.
Io non sono in grado di dire se quel veterinario fosse un farabutto o un ignorante (ma mi risultava esattamente il contrario), come non sono in grado di dire se le cose che mi disse allora dipendessero dalle cognizioni del tempo: non mi risulta oggi che la rogna sia così terribile e pericolosa (anche se solo a nominarla comincio subito a grattarmi, e quando vedo un cane rognoso istintivamente mi allontano). Fatto sta che il povero Jeep fu da me abbandonato seduta stante dal suddetto e non ebbi nemmeno il coraggio di fermarmi per assisterlo, fargli compagnia. Me ne lavai le mani in modo indegno, fu una vera e propria esecuzione, in piena regola.
Dire che me ne vergogno è dire troppo poco. Da allora è stata la mia assenza sul luogo del delitto a farmi sperare che il veterinario l’abbia curato e salvato, magari tenendolo lui. Ma io vigliaccamente mi guardai bene dall’informarmi e mi tenni ben alla larga dal suo studio, e non ricordo nemmeno il suo nome. Se c’è una cosa per la quale vorrei tornare indietro nel tempo, per rimediare, è questa.
Ora posso tornare a Paco. Con lui mi sono impegnata, ho avuto attenzione e capacità di ascolto, e quello che ho dato mi è stato abbondantemente restituito, con molti interessi.

domenica 5 maggio 2013

Una petizione per il Teatro all'aperto di Villa Pamphilj

A due mesi dall'inaugurazione dell’Estate Romana, l’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma, malgrado le numerose richieste e sollecitazioni, non ha ancora comunicato agli organizzatori se verrà realizzato o meno il Teatro all’aperto di Villa Pamphilj. Silenzi, incertezze e ritardi mettono a rischio l’abituale programmazione estiva, con un danno enorme per le centinaia di lavoratori coinvolti nella stagione estiva e per cittadini e turisti che, estate dopo estate, hanno imparato a frequentare ed apprezzare Il Teatro di Villa Pamphilj, È possibile sollecitare e sostenere la realizzazione del Teatro firmando una petizione su Change.org.

martedì 30 aprile 2013

L'Africa a Villa Pamphili

Una maratona aperta a tutte le età si terrà domenica 5 maggio a Villa Pamphili, dalle 9 alle 19 con partenza da via Vitellia 102, durante la giornata promossa dalle associazioni di Roma XVI con l'Africa. Alla gara di 5 e 3 Km partecipano anche le scuole romane che hanno organizzato le Monteverdiadi (monteverdiadi@libero.it) .
Oltre alla corsa curata dall'Aics, "In festa con l'Africa per il diritto di cittadinanza" (questo il titolo della manifestazione, che è arrivata quest'anno alla sua nona edizione) ospita esposizioni di artigianato africano e vari progetti avviati dalle associazioni di Roma promotrici dell'iniziativa e nel pomeriggio (dalle 16 ale 18) anche un concerto di ritmi, percussioni e danze africane.
Le letture africane di Monteverdelegge dal 2008 a oggi: Il crollo di Chinua Achebe, Palazzo Yacoubian di Ala Al Aswani e Gli Stati Uniti d'Africa di Abdourahman Waberi.
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