Maria Cristina Reggio
Le tragedie di Harold Pinter si compiono sul palco con
apparente naturalezza, di fronte agli sguardi sorpresi e divertiti, ma al tempo stesso inorriditi di
chi vi assiste e anche in Il Ritorno a casa, un testo del 1964, in scena al Vascello con la regia di Peter
Stein la platea risponde alle battute a raffica
degli attori con un inseguirsi di sorrisi trattenuti e scoppi increduli di risate sofferte,
consapevole che in questa pièce si ha ben poco a che fare con il teatro comico. Si
ride per l'eccesso di crudeltà che straripa
dai personaggi e perché, ridendo,
si assume, più o meno consapevolmente, il punto di vista del crudele, pur
di sfuggire dal ruolo della vittima. Il ritorno a casa è infatti uno straordinario affresco sullo
scambio, in una famiglia, dei ruoli di
vittima e carnefice, in cui una donna, moglie di un professore di filosofia,
sceglie di restare, dopo una breve visita compiuta con il marito ai famigliari
di lui, fratelli maschi e padre
compreso, proprio in quella casa. L'apparentemente fragile giovane donna, sempre
vestita con un elisabettiano cappottino celeste e borsetta, (che abbandona per
un sexy quanto monacale tubino nero), si rivela, nell'incedere del tempo scenico, la dominatrice di fronte alla quale tutti i
maschi (tranne il marito) infine si prostrano e che decide di vivere in quella
situazione piuttosto che altrove, come se questa fosse l'unica scelta di una convivenza possibile. L'attacco di Pinter
alla famiglia è violento quanto lo sono, in modo diverso, tutti i suoi
personaggi e senz'altro la sua interpretazione simbolica del nucleo piccolo
borghese sconcerta, ma viene anche da chiedersi oggi, nell'epoca delle famiglie
allargate fino allo sfascio, e delle violenze esibite nei reality planetari,
quanto quel quadretto che ritrae il vecchio padre e i figli, tutti avviluppati
intorno alla donna-madre-vittima e regina della casa non resti, per gli spettatori, soprattutto un
perturbante quanto oscuro oggetto del desiderio.
Quello che si è visto al Teatro Vascello è attualmente
uno degli ultimi lavori del regista tedesco
Peter Stein (storico fondatore nella Berlino Ovest degli anni '70 del collettivo
teatrale della Schaubühne am Halleschen che ha guidato fino al
1985), che da tempo ha scelto
l'Italia come sua residenza elettiva. A titolo di informazione Stein sarà anche, in un prossimo futuro, il regista della prima
compagnia residente del teatro di Roma (così
racconta l'articolo di Anna Bandettini su
Repubblica.it)
che sarà composta da otto attori, tra i
quali figurano anche Paolo Graziosi,
Alessandro Averone, Elia Schilton e Andrea Nicolini, che hanno recitato al Vascello
insieme alla brava e misuratisssima Arianna Scommegna e Antonio Tintis. Per
quanto riguarda la produzione de Il Ritorno a casa al Teatro Vascello, si
tratta del Teatro Metastasio Stabile della Toscana, con sede a Prato, già
diretto da Massimo Castri sino al 2000 e ora, dal 2010 (dopo il succedersi di
altri registi e attori) da Paolo Magelli.
Il lavoro di Pinter è in realtà il frutto di un ulteriore incontro: si
tratta infatti di una co-produzione del Teatro Metastasio Stabile della
Toscana e di Spoleto56 Festival dei 2Mondi, per la quale Peter Stein ha costruito nel 2013 una regia carica di un'attenzione
quasi cinematografica per i dettagli,
tanto da utilizzare un'inglesissima celestina moquette per i pavimenti (che
ovatta i passi e assorbe voci e rumori) e una stretta scala che mena a un
ipotetico piano superiore. Stein ha intessuto un teatro di parole e di gesti
per captare l'attenzione degli spettatori mediante la maestria della prossemica
degli attori, che in qualche circostanza
ha sfiorato quasi la tipizzazione caratteriale dei personaggi.
Per
la verità questa stessa produzione si era già vista a Roma non molto tempo fa e
precisamente a gennaio del 2014, all'ormai obliterato Palladium, nel cartellone del Teatro di Roma.
Ma ora riappare in nuovo contesto perché Emanuela Kustermann la ripropone
nell'ambito della sua intelligente programmazione al vivissimo Teatro Vascello
da lei diretto, all'interno di un'iniziativa che prevede, in questa stagione
14-15, tanti approfondimenti su diverse
compagnie italiane: non solo singoli spettacoli isolati, ma tante produzioni "storiche" per ogni compagnia, con
annessi laboratori e approfondimenti filmici. Il
prossimo spettacolo, che conclude il ciclo dedicato al Teatro Metastasio
Stabile della Toscana sarà, da martedi 31 marzo, La cantatrice calva di Jonesco, con la regia di Massimo Castri.
Si segnala anche, per chi sia eventualmente interessato,
il prossimo focus sul teatro di Chiara Guidi, una delle fondatrici della Sociètas Raffaello Sanzio, che si
svolgerà ad aprile e comprenderà alcuni lavori storici della Guidi e un suo
laboratorio sulla vocalità.
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