M. C. Reggio
Non è facile dire qualcosa che non sia già
stato detto su Pasolini, sui suoi incubi e sulla sua morte, avvenuta
quarant'anni fa. Ci prova al teatro Vascello Daniele
Salvo, con il suo spettacolo "Siamo
tutti in pericolo" immaginando l'ultimo giorno fatidico della vita del
poeta, saggista, scrittore e regista, situando quest'ultimo in una stanza vuota
che sembra quasi l'enorme cella di una prigione. L'atmosfera del palco è sempre
tenuta notturna, come si addice alla vulgata dell'intellettuale vegliante che
si dedica alla scrittura quando il resto del mondo dorme. Ma Pasolini era
proprio questo intellettuale che di notte sogna bei "machi" nudi
pronti a gettare il viso nell'incavo dei suoi calzoni? Forse, o forse anche no.
Di notte Pasolini stava poco a casa e piuttosto preferiva uscire per andare in
cerca della vita che non avrebbe mai potuto vivere di giorno, e lo faceva
davvero, come testimonia nei suoi romanzi "cinematografici" e nei
suoi film che sanno fluttuare tra il mito e il documentario.
Raccontava come un antropologo, come un
mistico eretico che cercava quel Dio in cui credeva davvero proprio là dove il
mondo contemporaneo aveva annientato il divino. Non lo trovava mai, questo suo
Dio nascosto, e se ne doleva con il clero, con i gesuiti, con le istituzioni,
con la politica democristiana e con la scuola, accusandoli tutti di arrendersi
alla commercializzazione della vita quotidiana. Eppure negli anni '70
erano bazzecole rispetto da oggi, epoca di una chiesa divenuta pop, di una
politica demenziale da talk show televisivi globalizzati e di una scuola che,
spesso dimentica della poesia di Dante, si è arresa al livellamento
intellettuale dilagante delle tre I. Ma il teatro è sempre generoso, e
questo spettacolo, pur nelle sue fiammanti e impudiche ingenuità, e che in
realtà si potrebbe meglio definire un monologo, ben costruito a partire dalle
parole pasoliniane, ci dona, in apertura, magnificata dagli altoparlanti, e
seppur soffocata dal mormorio degli spettatori che entrano in sala, la voce
inconfondibile del poeta che aveva tanto da dire su quello che gli succedeva
intorno: ed è una voce che ha il tono inconfondibile dell'orazione, quella di
Pasolini, l'eretico religioso che conosceva bene il tono grave della preghiera.
Si replica fino al 15 marzo al Teatro Vascello.
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