venerdì 27 marzo 2015

Laboratorio di traduzione: Eleanor Wilner, La ragazza di Vermeer, una restituzione


Un'intensità erotica che esige in cambio qualcosa di altrettanto reale e umano. Benché il rapporto sia solo con un'immagine, esso coinvolge tuttavia tutto quanto l'arte dovrebbe tenere sotto controllo. – Edward A. Snow, A Study of Vermeer, 1979

Per un attimo, la vedo, prima che il suo volto diventasse un cliché,
dove era appesa, sulla parete accanto alla porta d’ingresso,
ai piedi della scala, nella piccola casa
della nostra infanzia,  sospesa su di noi, una presenza
costante, silenziosa, accanto alla porta stile
olandese, di cui d’estate spalancavamo la parte alta.

Hanno sporcato La ragazza con l’orecchino di perla,
sottoposta al loro sguardo impudico, romanzata,
erotizzata, ridotta a pettegolezzi e insinuazioni,
raccontata come serva, spina nel fianco
di una moglie, oggetto di desiderio, figlia della miseria, muta
per timore e diffidenza sociale, quasi potesse conoscere
l’opinione dei posteri sul pittore– tutto ciò
da un bagliore misterioso e un’espressione indecifrabile,
l’illusione di essere visti dal suo sguardo, un luccichio
di perla, pennellate di lapislazzuli, frantumati a intensificare 
l’azzurro.
                                       Sovraesposta, anche al cinema,
dove l’hanno seguita fino alla buia stamberga
della sua famiglia, fino alle pietre bagnate del mercato dove
incontrò il figlio del macellaio, sposato poi
per la carne–dio mio, non potevano lasciarla
in pace, nella regione occulta dell’arte dove lei è,
così splendidamente, nessuno–né serva, né amante,
né la figlia Maria, ma anonima,
segreta, che nessuno può nominare, puro mistero
dell’essere, restituita nel tempo
dall’arte, che non tiene nulla  sotto controllo.


VERMEER'S GIRL, A RESTORATION
An erotic intensity that demands something just as real and human in return. The relationship may be only with an image, yet it involves all that art is supposed to keep at bay. -Edward A. Snow, A Study of Vermeer, 1979

For an instant, I see her, before her face was cliché,
where she hung, on the wall by the front door,
at the foot of the staircase, in the little house
of our childhood, and floated above us, a presence,
always there, silent, by the Dutch-style
door, whose top we swung open in summer.

They have sullied The GirI with the Pearl Earring,
subjected her to their prurient gaze–novelized,
eroticized, reduced her to gossip and innuendo,
backstoried her as servant, thorn in the side
of a wife, object of desire, poverty's child, mute
with class diffidence and awe, as if she could be
aware of posterity's view of the painter–all  this
from a mysterious glow and unreadable expression,
the illusion of being seen by her gaze, a shimmer
of pearl, brush strokes of lapis lazuli, crushed
to intensify blue.
                                    Overexposed, even in film,
where they followed her to her family's dark
hovel, to the wet stones of the market where
she met the butcher’ s son she would marry
for meat–my god, couldn' t they leave her
alone, in the nether region of art where she is,
so beautifully, no one– not servant, or mistress,
or his daughter Maria, but anonymous,
secret, what no one can name, pure mystery
of being, restored across time
by art, which keeps nothing at bay.
 
da  Eleanor Wilner, Tourist in Hell, 2010
Il testo è riprodotto per gentile concessione dell’Autrice

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