Roberta Rondini
Un libro che, nel parlarne, mette le ali ai piedi e le catene ai polsi, perché non è solo cronaca di un delitto efferato, narrazione di una città in un quasi sfacelo, racconto di un incubo materializzatosi tra le quattro pareti di un mediocre spazio domestico ma spunto per riflettere anche su altro, di un molto altro che riguarda tutti noi e per questo forse più difficile da accettare e da metabolizzare.
Raccontare una storia orribile, l’omicidio efferato del ventiquattrenne Luca Varani da parte di Manuel Foffo e Marco Prato, due giovani poco più grandi di lui, accaduto nel 2016 a Roma, non era né semplice né scontato. Una vicenda ancora molto calda mentre Lagioia si accinge a scrivere e sulla quale gravavano polemiche e giudizi drastici anche per la grande risonanza sui media che non avevano lesinato sulla vicenda, e su alcuni suoi risvolti, articoli, servizi giornalistici e programmi televisivi.
Lagioia inizia ad interessarsi all’omicidio su incarico del Venerdì di Repubblica per un reportage all’indomani del delitto. Inizialmente declina per un suo malessere ad affrontare il lavoro, tenta di scantonare, ma ci torna su per una sorta di attrazione fatale, come poi espliciterà, un’ossessione, in parte spiegata da motivazioni personali e psicologiche legate alle sue esperienze passate, in ogni caso spinta da una spiccata sensibilità per certe situazioni di frontiera culturali, sociali e comportamentali.
Una maggiore sfida, dunque, a rappresentare in un “altro” modo un accadimento altrimenti inspiegabile che lasciava intravedere nelle sue molteplici increspature aspetti complessi e sotterranei della nostra contemporaneità. Un romanzo distopico? Forse, se si intende con ciò il racconto della distopia stessa del nostro vivere metropolitano odierno. Comunque, una storia resa viva e pregnante da fatti, emozioni, irrazionalità, solitudini ed efferatezze, da un dolore serpeggiante, nascosto, poi moltiplicato ed esploso in mille frammenti di ferocia e di apparente disumanità in una Capitale attonita e esterrefatta ma infine complice.
Perché, pur se racconto di un delitto tra i più feroci e disumani che si possa immaginare, è anche una narrazione corale che riguarda generazioni di giovani (a Roma ma non solo romani), spesso “di buona famiglia” che sembrano aver mancato molti dei punti di riferimento di quelle precedenti, e le generazioni dei loro padri e delle loro madri, genitori che si materializzano come comparse mute o fin troppo ciarliere ma sempre distanti e inadeguati, impreparati ad assolvere alla loro funzione di educatori e infine di cittadini:
… ragazzi assolutamente normali, a cui non mancava niente sul piano materiale, sembravano vivere come autentici disperati, per le droghe che prendevano, per come non riuscivano a mettere a fuoco la propria stessa identità, … per l’uso irrispettoso che facevano dei propri corpi, per il rapporto che intrattenevano con il denaro, per come sembravano incuranti di sprecare interi periodi delle loro vite...
È evidente, perciò, anche un atto di accusa forte e disperato verso una funzione genitoriale sempre più carente e incapace, fenomeno al quale negli ultimi anni molto poco si sta prestando attenzione a livello sociale e politico.
Così, altrettanto forte e disperato è lo sguardo sulla montagna di cocaina che “splende” sulla città, consumata senza differenza di censo o di status sociale; evidenza di certo non solo letteraria ma sostanziata dai numeri e dalle analisi che certificano costantemente l’aumento del consumo di cocaina soprattutto in Europa, soprattutto nelle grandi città.
Ecco che lo sfacelo di Roma acquistava all’improvviso una sua logica…. la noia diventava speranza, l’accidia svaniva nell’operosità. Era il percorso della coca, la bianca rete elettrica che avvolgeva la città.
Il risultato finale è un romanzo documentario, rigoroso, ben strutturato e congegnato, distaccato per l’alterità che l’autore cerca e mantiene nei confronti dei colpevoli e della vittima che non è mai freddezza, bensì tentativo testardo di comprendere nelle radici più nascoste una sequenza di avvenimenti apparentemente slegati tra loro, di banalità, di compulsioni, di solitudini, di compimento del male estremo.