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lunedì 26 luglio 2021

La poesia sussurrata all’orecchio: Flush, un progetto dell’Associazione Orlando di Bologna



Fiorenza Mormile

In questa torrida estate a volte perfino leggere può apparire una fatica insormontabile, o almeno procrastinabile… allora, cari monteverdeleggini, vi proponiamo una coppia di podcast, due antologie poetiche sonore (quella del 2021 e quella “madre”del 2020)  da ascoltare anche ad occhi chiusi, sdraiati sul lettino, oppure durante attività manuali di routine. 

Si è appena conclusa infatti la seconda stagione della rassegna “Flush. Altri punti di avvistamento sul reale” 

un progetto ideato dall’Associazione Orlando insieme alla Biblioteca Italiana delle Donne e l’Archivio di Storia delle Donne di Bologna, volto a presentare voci poetiche femminili, viventi e non, scelte e raccontate da altre donne dedite alla poesia e alla traduzione. Il nome Flush, come già per Orlando, è ulteriore titolo-omaggio all’opera di Virginia Woolf, facendo del vispo cocker spaniel appartenuto alla poetessa Elizabeth Barrett Browning il simbolo di uno sguardo alternativo, dal basso, necessario ad integrare la visione corrente della realtà.  Nel podcast autrici già note come Sylvia Plath, Amelia Rosselli, Ingeborg Bachmann, Carol Ann Duffy si alternano con altre meno familiari al pubblico italiano come l’estone Maarja Kangro o la tedesca Mara-Daria Cojocaru, presentate da diverse curatrici che ne evidenziano aspetti salienti (la mia scelta è caduta su Averno di Louise Glück). Ne esce un polittico di vite e di testi femminili variegato e coinvolgente - spesso segnato da esiti drammatici di lotta impari contro le convenzioni culminati a volte addirittura nel suicidio- ma anche testimonianza di quanto il linguaggio possa farsi robusta ancora di autoaffermazione e arma di orientamento del pensiero collettivo. Risalendo alla prima stagione della rassegna, nata come risposta condivisa all’isolamento della pandemia, troviamo riflessioni sulla parola poetica e cammei di figure chiave della voce poetica femminile come Emily Dickinson, Anne Sexton, Adrienne Rich, Audre Lorde, le battagliere  Marge Piercy e Mary Dorcey e la sorprendente Nella Nobili. Buon ascolto. 

giovedì 31 ottobre 2013

Ricordando Sylvia Plath. Una poesia

G. Luca Chiovelli


Sylvia Plath (27 ottobre 1932 - 11 febbraio 1963)

Il significato dell'opera di Sylvia Plath è tradizionalmente soffocato dall'ingombrante biografia; eppure, proprio le vicende della vita svolgono al meglio la funzione di commento alle sue creazioni poetiche.
Sylvia nacque a Boston, in un ambiente culturale d’ascendenza europea: il padre, Otto Plath, tedesco, divenne uno stimato entomologo; la madre, Aurelia Schober, figlia di immigrati austriaci, insegnò letteratura; poetessa precoce e studentessa modello, la vita della Plath fu segnata, all'età di otto anni, dalla morte del padre, la figura genitoriale con cui intratterrà un ambiguo rapporto postumo e che tornerà ossessivo in tutta la sua produzione in versi.
La depressione, le cure con l'elettroshock, il difficile rapporto col marito fedifrago, Ted Hughes, curatore sleale delle memorie della moglie (arrivò a distruggere i suoi ultimi diari che, forse, lo mettevano in cattiva luce), e il suicidio, a poco più di trent'anni, contribuirono alla nascita della leggenda Plath che, nell'immaginario pubblicitario, sostituisce con successo la poetessa Sylvia Plath.

sabato 20 febbraio 2010

Madri e figlie / 1 - L'eccedenza

Il pensiero bianco
Sarò felice di star zitta, mamma, e di ascoltarti,
m'hai fatto parlar troppo e i miei pensieri non son forti.
Me li terrò per me, e quando sarò grande
splenderanno come splende
un verme bianco sotto un macigno verde.

Stevie Smith (traduzione di Gilberto Sacerdoti)

Medusa
Là da quel promontorio di sassi tappabocca,
occhi-palla da bianche mazze giocati,
orecchi tesi alle incoerenze del mare,
tu alberghi la tua snervante attesa - globo oculare
di Dio, lente di compassioni,

e i tuoi accoliti fanno
lavorare le loro pazze cellule all'ombra
della mia chiglia, pulsanti come cuori,
rosse stigmate proprio al centro,
correndo il risucchio al più vicino punto di partenza,

tirando i loro capelli alla Gesù.
L'ho scampata? mi domando.
La mia mente volge a te
vecchio ombelico incrostato, cavo atlantico,
che si conserva, sembra, in un miracoloso buonostato.

Sei sempre là, in ogni caso,
tremulo fiato al limite della mia linea,
curva d'acqua sprizzante
alla mia verga di rabdomante, radiosa e grata,
che tocca e succhia.

Non t'ho chiamata.
Non ti ho chiamata proprio.
Eppure, eppure
via mare a me sei arrivata,
grassa e rossa, placenta

che paralizza i riottosi amanti.
Luce di cobra
che alle sanguigne campane della fucsia
spreme il fiato. Non potevo prender fiato,
morta e senza un quattrino,

sovraesposta, come un raggio X.
Chi credi mai di essere?
Ostia da comunione? Madonna addolorata?
Non prenderò un boccone del tuo corpo,
bottiglia nella quale

io vivo, Vaticano spettrale.
Questo sale bollente mi nausea da morire.
Verdi eunuchi, le tue brame
fischiano ai miei peccati.
Vade retro, anguilloso tentacolo!

Non c'è niente fra di noi.

Sylvia Plath (traduzione di Giovanni Giudici)

Donna imponente
Donna imponente, non grassa
veramente, non alta, ma imponente.
S'impone a me con l'aria del mattino,
chiamata dalle ombre quando la luce
è forte, risiede sempre fresca di pensiero,
a lei do il mio pensiero per nutrirla
così pesante sovranità che a me
toglie le forze, non so che cosa sia
potrei chiamarla forse mammità.

Patrizia Cavalli

Di te non scriverò (a mia madre)
Di te non scriverò,
io sono tutta scritta di te.
Non c'è al di là del mio margine ombroso
pagina chiara che ti possa accogliere.

Elena Clementelli
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