Puškin apre un volume a caso; vi trova un fiore appassito e dimenticato, usato come segnalibro. Il poeta, preso da una vertigine, subito interroga quell'umile reperto: chi l'ha colto? In quale tempo? È, forse, un pegno d'amore? E, se sì, chi sono i due amanti? E dove sono? Sono ancora fra noi oppure, trascorso il tempo fugace della felicità, vivono di nostalgie oppure sono appassiti, come il fiore, e riconsegnati alla nuda morte?
Il poeta riunisce in sedici versi i doni della semplicità e della profondità.
Semplicità. Le parole sono usuali, quotidiane. La traduzione non le ha falsate. Sono termini che ciascuno intende, ieri come oggi, a qualsiasi latitudine del corpo e dell'anima.
Profondità. La lirica oscilla fra i soli due poli del cuore conosciuti dall'uomo, la Morte e la sua breve eccezione, la Vita. Morto è il fiore, che fu colto in un momento irrecuperabile, e scomparso nella moltitudine del tempo; e morti son forse gli amanti che lo condivisero, oppure morto è il loro amore. Mors omnia vincit. Eppure, dice Puškin, c'è stato un attimo in cui la Vita ha trionfato: il fiore, infatti, testimonia di un incontro, di un fatale abbandono, o di una passeggiata solitaria nei boschi: di una vittoria sulla morte.
"E lui è vivo, ed è viva lei? E dov'è ora il loro angolino?", si chiede ancora Puškin. E qui sorge la contraddizione fatale che rende ancor viva tutta la lirica occidentale. La risposta alle domande del poeta, nascosta al lettore, ma in realtà intimamente conosciuta, è: sì, quei momenti e i loro attori sono appassiti, dileguati, così è sempre avvenuto, questa la tragedia dell'umana natura; eppure, quando operiamo tale constatazione amarissima, sappiamo che no, quegli attimi e quegli amanti non sono morti, ma vivono attraverso l'ispirazione di Puskin; sappiamo, ora, che quel fiore ritrovato in un libro qualsiasi resiste alla memoria da almeno due secoli: un poeta russo ha eternato la testimonianza di esistenze altrimenti perdute.
Un fiore secco, un fiore senza profumo
Dimenticato in un libro io vedo;
Ed ecco che già di uno strano sogno
Si è colmata l'anima mia:
Dove è fiorito? Quando? In quale primavera?
E a lungo è fiorito? E chi l'ha colto,
Una mano nota o forse estranea?
E chi l'ha posto in questo libro?
Forse in ricordo di un tenero incontro,
O di un fatale abbandono,
Oppure di una passeggiata solitaria
Nel silenzio dei campi, nell'ombra dei boschi?
E lui è vivo, ed è viva lei?
E ora dov'è il loro angolino?
O forse sono già appassiti,
Come questo fiore sconosciuto?
Da Poesie, traduzione di Eridano Bazzarelli.
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