Sezione astrologica: foglio 68 v |
G. Luca Chiovelli
La scoperta.
Nel 1912, presso il Collegio Gesuita di Villa
Mondragone (nei dintorni di Frascati) si presentò un americano, Wilfrid
Voynich. L'incontro con un rappresentante del Collegio era stato preparato con
accuratezza, grazie a una serie di missive.
Voynich, d'origine polacca e lituana, era un cacciatore, nel pieno senso della
parola: un cacciatore di tesori. Un antiquario bibliofilo, uno dei maggiori del
mondo.
Nelle viscere del Collegio, in alcune
casse lignee insidiate dall'umidità e dai topi, fra ragnatele e salnitro,
riposavano libri magnifici, edizioni cinquecentesche, meravigliosamente
illustrate - una collezione mirabile, lacerto di quella, vastissima, dell'Ordine
Generale dei Gesuiti, requisita nel 1873 dopo l'Unità d'Italia e andata a
sostanziare il primo nucleo della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II.
Wilfrid Voynich |
Fu così che Wilfrid Voynich, in quelle
cataste secolari, rinvenne un piccolo e tozzo libretto, dalla copertina ocra, senza
alcun riferimento in grado di suggerire l'autore o la materia trattata o il
luogo di provenienza.
A prima occhiata, Voynich lo classificò
quale sorta di erbario o trattato biologico-cosmologico, scritto apparentemente
in caratteri sconosciuti. File ordinate e fitte di parole incomprensibili,
nitidamente vergate, e mai interrotte dal pentimento: un errore di scrittura,
una cancellatura, una correzione, un inserimento sopra e sotto quella teoria di
caratteri implacabili. La calligrafia aliena cedeva il passo unicamente a una
serie di disegni, piuttosto grossolani, ma, a tratti, di sconvolgente alterità:
se gli erbari sembravano non rimandare ad alcun vegetale conosciuto, era la
sezione biologica – in cui apparivano incongrui nudi femminili, pozze liquide, tubi
di connessione - a suscitare la
sensazione di trovarsi alla presenza di un trattato magico, esoterico. Stelle,
infiorescenze malsane, simbologie zodiacali accrescevano vieppiù l’impressione
di disagio.
Voynich presentì immediatamente
l'importanza del manoscritto; lo portò a New York e, per lungo tempo, non
rivelò a nessuno la sua provenienza. Lo conservò gelosamente, dedicando energie
alla risoluzione dell’enigma; sino all’anno della morte, che lo colse diciotto
anni dopo.
Il libro.
Piuttosto piccolo: 22 cm x 15 cm. 4 i
centimetri di spessore.
La pergamena è di pelle di capretto.
“È formato da 102 fogli, che danno un
totale di 102 pagine scritte e illustrate. In origine, i fogli erano 116, come
si è potuto dedurre dalla rilegatura dei vari fascicoli. Vi sono anche cinque
fogli ripiegati a metà, tre fogli ripiegati tre volte, un foglio ripiegato quattro
volte ed un foglio con ben sei ripiegature”.
I caratteri del linguaggio usato sono
250.000.
Le parole (ciò che si suppone siano
parole) sono 4182. "Di queste 1284 sono presenti più di una volta; 308
appaiono da otto volte in su; 184 da quindici volte in su; 23 sono presenti da
cento volte in su".
La struttura.
Gli studiosi hanno suddiviso il libro in
sezioni tematiche, suggerite dai numerosi disegni.
Sono ripartizioni di comodo poiché
nessuno può asserire che la sezione botanica, ad esempio, tratti di botanica. E
così via. Abbiamo perciò:
1. Sezione botanica (dal foglio 1 al
foglio 66)
Sezione botanica: f32v |
2. Sezione astrologica (dal foglio 67 al
foglio 73)
3. Sezione biologica (dal foglio 75 al
foglio 86)
4. Sezione farmacologica (dal foglio 87
al foglio 102)
5. Sezione indice (dal foglio 103 al
termine del manoscritto)
Fra la sezione biologica e farmacologica
vi è un foglio (85 recto-86 verso) ripiegato in sei parti (medaglioni
circolari).
Datazione.
Voynich, suggestionato da Johannes Marci (1), che
attribuiva l'opera al filosofo Ruggero Bacone, datò il manoscritto alla seconda
metà del XIII secolo.
Erwin Panofsky, storico dell'arte, suggerì
il decennio 1510-1520; cum grano salis: egli aveva infatti notato come le linee
dei disegni rifuggissero dalle acutezze dell'arte gotica e non godessero,
tuttavia, della piena morbidezza dei tratti rinascimentali. Il 1510-1520 veniva
individuato, perciò, come periodo di mezzo, interlocutorio, fra le due grandi
epoche.
Hugh O'Neill si basò,
invece, su evidenze botaniche: poiché il fiore del foglio 93 è un girasole, e
tale pianta giunse in Europa dalle Americhe solo nel 1493 (secondo viaggio di
Colombo), il manoscritto non può essere che cinquecentesco (lo stesso Neill
riconobbe al foglio 101 una pianta di peperone, altra solanacea d'origine
oltreatlantica).
Robert Brumbaugh osservò, con acume e
una buona dose di fantasia, che il simbolo del Sagittario ha "un copricapo
da arciere fiorentino del Cinquecento"; mentre al foglio 85 r., con
acribia meravigliosa, rinvenne un orologio con lancette (di lunghezza diversa)
di foggia irrefutabilmente cinquecentesca.
Altri studiosi (Robert Babcock della
Yale University; Harvard University) sono arrivati alle stesse conclusioni
basandosi sull'esame della pergamena.
Sezione biologica: f77v |
L'area culturale della composizione
varia con nettezza: alcuni ravvisano influssi italiani, altri della
koinè centro-europea (praghese, insomma).
Una recente datazione al radiocarbonio (2011),
tuttavia, con la forza dell’oggettività scientifica, ha fatto strame di tali
congetture filologiche retrodatando il manoscritto alla prima metà del Quattrocento
(1404-1438)
Decifrazione del manoscritto
Diciamolo subito: il manoscritto rimane
a tutt'oggi inviolato. Forse.
Nessuno ha proposto una soluzione né definitiva
né solidamente ragionevole; i tentativi, esercitati da accademici o dilettanti di talento, grossolane
o minuziose, dirette come fendenti o arzigogolate come una decorazione gotica, hanno
sempre cozzato contro una muraglia impenetrabile.
La letteratura formata da tali assalti
al cielo è assai corposa e, spesso, piuttosto che rientrare nell'annalistica
della filologia, pare deragliare in quella dell'insensatezza; con notevole
guadagno della letteratura tout court, insomma, a cominciare da quella
umoristica.
Ecco alcune tappe di tale naufragio.
William Romaine Newbold. Nel 1921 Newbold pubblica un articolo
sensazionale: secondo lui il Voynich era opera del duecentesco Ruggero
Bacone (Roger Bacon); in esso il filosofo inglese aveva trasfuso scoperte
eccezionali, in netto anticipo sui tempi a venire: in alcuni passi, assicurava
il professore della Pennsylvania, Bacone descriveva la nebulosa di Andromeda,
in altri la riproduzione sessuale - nientepopodimeno - scoperte davvero
eccezionali, opera di un genio assoluto dell'umanità, anche in considerazione
del fatto che nel Duecento non esistevano né telescopi né microscopi.
La splendida costruzione di Newbold
resistette pochi anni: quando si conobbe il suo metodo di indagine (nel 1931),
il responso fu severo: le dichiarazioni (e le dimostrazioni, davvero astruse e
arbitrarie), erano interamente senza fondamento e da esporre al più duro dei
rifiuti (Newbold aveva inoltre scambiato, nel suo dotto e ingenuo entusiasmo,
sbavature e colature d'inchiostro della pergamena per occulti simboli
chiarificatori).
Sezione biologica: f84r |
Il professore non ebbe, tuttavia,
l'animo esacerbato da tali confutazioni poiché , nel 1931, era passato a miglior vita da
cinque anni.
Joseph Martin Feely. Nel 1943 Feely pubblicò un libro
titolato ottimisticamente Ruggero Bacone: trovata la chiave giusta. Lo sforzo
filologico del Nostro si esercitò sul foglio 78: egli suppose che tale pagina
fosse dedicata da Bacone alla riproduzione sessuale; esaminò quindi alcuni scritti baconiani (d'attribuzione certa), redatti in latino, individuandone alcune regolarità
(la frequenza nell'uso delle lettere: nell'ordine e, i, t, a, n, u, s);
quindi operò un collegamento fra caratteri latini e caratteri del Voynich
estrapolandone il latino ivi occultato: ecco alcune gemme riesumate alla luce:
istsnfunduntr (per istis infunduntur), immcisnntr (per immiscuntur), festsn
(per festivi sunt).
Tale sforzo, adeguatamente tradotto, dava passi di cristallino surrealismo come questo:
Tale sforzo, adeguatamente tradotto, dava passi di cristallino surrealismo come questo:
"Il flusso combinato quando è bene
umidificato, ramifica; più tardi è spezzato più piccolo ..." Oppure
"l'effeminato, essendo stato effeminato, spinge innanzi il predestinato;
quelli che si spingono innanzi sono inumiditi ... Saranno dispersi; sono
umiliato".
Leonell C. Strong. Tentó una decifrazione della sezione
biologica. A suo avviso il Voynich era una sorta di manuale sessuale, scritto
in gergo inglese, e celato sotto tali caratteri enigmatici solo per evitare
scandali, in un'epoca, quella seicentesca, assai peritosa in materia.
I risultati, purtroppo, paiono usciti
dalla bocca di un'entitá lovecraftiana:
"When skuge of tun'e-bag rip, seo uogon kum sli of se mosure-issueped-stans skubent, stokked kimbo-elbow crawk-not".
"When skuge of tun'e-bag rip, seo uogon kum sli of se mosure-issueped-stans skubent, stokked kimbo-elbow crawk-not".
1st Voynich Manuscript Group. Supergruppo
di studiosi riuniti nel 1944 dal crittologo William S. friedman. Ognuno di essi
lavorava come esperto di cifrature per l'esercito americano; nel tempo libero
si dedicava alla decifrazione del Voynich. Il lavoro, affrontato con perizia, e
con l'ausilio di un primitivo computer IBM, non diede, però, risultati degni di
nota. Un secondo gruppo, riunito sempre da Friedman fra il 1962 e il 1963, non
ebbe miglior fortuna. Friedman, tuttavia, si convinse che il testo fosse
redatto in una sorta di esperanto, così come avvenne per la Lingua Ignota, inventata
da Santa Ildegarda di Bingen.
Robert S. Brumbaugh. Docente di filosofia medioevale
a Yale, Brumbaugh ebbe un'intuizione brillante: secondo lui il Voynich era un
falso, redatto per spillare soldi all'imperatore mecenate Rodolfo d'Asburgo. L’operazione
venne concepita con finezza da lestofante, instillando il sospetto che il libro
fosse stato davvero redatto da Ruggero Bacone (accrescendone, in tal modo, il
valore scientifico e venale). Il Voynich era perciò: "un libro in codice...
scritto col proposito di venire decifrato".
Il sistema decrittatorio di Brumbaugh,
tuttavia, risente di scarti arbitrari e traduce le righe sibilline in un latino
approssimato e pericolante.
William Ralph Bennett. Bennett affrontò il codice con
netto piglio scientifico; una sua conclusione, irrefutabile, è che il
linguaggio del Voynich vanta un livello di entropia basso, più basso di
qualsiasi altra lingua europea nota. Cos'è l'entropia linguistica? La si può
definire, grossolanamente, quale livello di prevedibilità.
"Se trovo una sequenza così
composta ab ab ab ab ab abab ab a, posso supporre con buona probabilità che la
lettera successiva sarà una b ... se invece ho una successione di lettere del
tipo dsghttfkptuyewsxhbrjyhko, sarà ... impossibile prevedere quale sarà la
lettera che seguirà all'ultima ...".
Nel primo caso si parlerà, quindi, di bassa entropia (alta prevedibilità); nel secondo di alta entropia (bassa prevedibilità).
Nel primo caso si parlerà, quindi, di bassa entropia (alta prevedibilità); nel secondo di alta entropia (bassa prevedibilità).
Sezione farmacologica: f99v |
Il Voynich ha una bassa entropia (solo
l'hawaiano, fra le lingue esistenti, può paragonarvisi), e quindi può
ragionevolmente definirsi quale linguaggio artificiale (e, perciò, non un
codice, poiché un codice codifica appunto una lingua esistente e viva).
Ucraini, cinesi, Catari, extraterrestri. Altre
soluzioni all'enigma: John Stojko (consonanti della lingua ucraina
traslitterate); Leo Levitov (manuale liturgico cataro per il suicidio rituale);
Jorge Stolfi (invenzione di studiosi cinesi in viaggio in Europa).
Non mancano (e perché dovrebbero?)
ipotesi iperuranie: i soliti marziani che scendono sulla Terra a impiastricciare
pergamene ... lingua aliena, e come ti sbagli … mai una volta che parlino
chiaro questi birichini.
Paolo Cortesi. Secondo Cortesi, mio personale
Virgilio, il codice Voynich fu un artefatto, il tentativo di compilare un
manuale sospeso fra biologia, botanica e alchimia.
Tale congettura prende forza dall'esame
dei disegni in cui Cortesi nota "un crescendo di stranezze". E
l'autore prosegue: "l'insieme delle illustrazioni suggerisce che l'autore
del manoscritto abbia deciso ... cosa disegnare nel corso del lavoro stesso: si
è iniziato con un erbario ... non abbastanza misterioso e suggestivo ... in
seguito, per rendere più prezioso e desiderabile il volume, passò a oggetti
vistosamente magici, segreti oscuri ...". Un work in progress, insomma, in
cui il dato esoterico andava ingrossandosi con il fine di gabbare qualcuno
(l'imperatore Rodolfo II, forse, che lo acquistò per la considerevole somma di
600 ducati). Tale ipotesi, ragionevole, cozza tuttavia con la datazione al
radiocarbonio: la carta risale ai primi del Quattrocento; Rodolfo II ascese al
potere, come detto, nel 1576, un secolo e mezzo dopo. Si dovrebbe ipotizzare un falso, con
inchiostri cinquecenteschi, eseguito su pergamena quattrocentesca ... purtroppo
gli inchiostri contengono poco carbonio e la controprova scientifica è,
stavolta, impossibile ...
Un altro cul de sac? Non del tutto, come vedremo.
Gordon Rugg. Lo scozzese suppone che il testo del
Voynich sia stato compilato usando una griglia di Cardano (Girolamo Cardano fu
un matematico, astrologo e umanista cinquecentesco). Il sistema è semplice. Si
prende un foglio di carta o cartone, su cui sono state ritagliati dei fori
rettangolari, e lo si sovrappone sulla codice da vergare. In tali fori vengono
scritte le porzioni di frasi che costituiscono il messaggio vero o codice.
Rimosso il cartone, si completano le porzioni di frasi anzidette con parole di
senso compiuto, occultando, in tal modo, il messaggio originale.
Griglia di Cardano |
Il sistema, piuttosto veloce, è reso
ancor più semplice dal fatto che i simboli usati, sconosciuti, non devono
rendere parole e frasi di senso compiuto. Il messaggio rivelatore del Voynich,
insomma, è un testo scritto in un linguaggio sconosciuto annegato in un
linguaggio affine altrettanto sconosciuto ... come scorgere una foglia in una
foresta in cui abbiamo perso l'orientamento ...
Tale metodo, peraltro, era già
conosciuto; nel Seicento inglese, almeno: nientemeno che dai servizi segreti
elisabettiani. La conferma storica, tuttavia, non esaurisce i dubbi: il metodo
anzidetto può ricostruire un codice affine al Voynich, ma non è detto sia stato
usato per produrre il Voynich stesso; e inoltre rimane in sospeso la domanda
fatale: che diavolo significa il Voynich?
Richard Rogers. Lascio il campo a un sunto della
blogger Claudia Migliore che chiarisce, in parte, l'ennesimo tentativo di
soluzione. Divertitevi:
"Il manoscritto non contiene
lettere o parole ... in realtà il testo rappresenterebbe il primo foglio di
calcolo della storia. Si tratterebbe non di lettere ma di numeri. Algebra
simbolica. Rogers ... ha concluso che il manoscritto contiene un
messaggio segreto nascosto nelle figure. Alla base del documento c’è una
griglia 8×8. Come quella delle scacchiere. Simbolo massonico.
Giardini di Villa Mondragone |
La griglia ha
numeri nella parte bassa e lettere nella parte alta. Il documento è algebra ma
è anche un sistema per spiegare come navigare sulla scacchiera per leggere o
scoprire i messaggi segreti, le immagini e i simboli. La prima pagina non
rappresenta altro che le istruzioni su come leggere il manoscritto
... Rogers ha concluso che il manoscritto è stato redatto a più mani dalla famiglia [Longhi] proprio in Italia. Martino
Longhi (1534-1591), Onorio Longhi e Martino Longhi il giovane (1602-1660)
sarebbero gli autori. Datato intorno al 1578 prendendo come riferimento l’anno
di costruzione di Villa Mondragone a Frascati dove il libro era conservato dai
gesuiti. Rogers sostiene che proprio il giardino della villa, sia la chiave.
Che la griglia rappresentata nel giardino si integri con il documento che
conterrebbe importanti segreti commerciali nascosti alla chiesa ...".
In effetti i
Longhi furono incaricati dal cardinale Marco Sittico Altemps di realizzare la
villa attorno al 1667. La costruzione fu terminata nel 1673 e utilizzata da
Gregorio XIII, il riformatore del calendario, quale residenza (nello stemma
gentilizio di Gregorio compariva un drago, da cui il nome della villa). Rodolfo
II sale al trono nel 1676. E quindi?
Massoneria,
codici segreti, giardini patrizi, informatici americani, labirinti, inganni,
costruttori e muratori (ultramassonici!): il bric-à-brac tipico che Umberto Eco
provvide giustamente a ridicolizzare ne Il
pendolo di Foucault ...
Claudia Pandolfi. Ricordiamo, en passant, che villa
Mondragone fu utilizzata come sfondo per la fiction paraesoterica Mediaset Il
tredicesimo apostolo, starring la magica Claudia Pandolfi ... Una notiziola
televisiva che, nella mia mente sacrilega e scettica, non so per quale motivo,
chiude il cerchio dell'ennesima follia interpretativa ...
Auguro,
tuttavia, a Richard Rogers ogni bene e gli ammannisco, crepi l'avarizia!, uno spunto
alternativo.
Umano, troppo umano
Ho sempre amato i misteri, gli enigmi, i rebus, le sfide
logico-matematiche. Fui traviato da La Settimana Enigmistica, che cominciai a
consultare ancora analfabeta (annerivo spazi, univo puntini; la passione per l’enigma
e il mistero mi portò, peraltro, a costituire una vasta collezione di
letteratura fantastica che oggi affatica decine di scaffali).
Tale istinto - l'istinto per un sentimento antiborghese,
contrario al praticume e al più crasso buon senso, tanto da divenire in regola
di vita - non si è mai però spinto sino all'insania. I mulini a vento sono
mulini a vento anche se amo scambiarli per giganti. Tutto è umano, troppo
umano; l'adagio di Nietzsche è vero, assolutamente vero, sempre e comunque: e
così è - deve esserlo - per l'affare Voynich. Ogni evento, pur inspiegabile ed
elusivo, ha una propria radice umana che ne spiega la natura intima; e anche se
tale natura ama spesso nascondersi - è la sua bellezza - essa non sfuggirà mai alla luce della ragione.
Sezione farmacologica: f102r |
Le
soluzioni del codice Voynich formano una letteratura a sé stante che ho goduto
a compulsare (il fascino del bislacco), ma la verità è che al fondo dell’unica
soluzione possibile, quella giusta, non c'è un drago che custodisce un tesoro o
una Wunderkammer, ma solo un comunissimo scrigno e qualche brillocco. È sempre
la nostra ignoranza (beata davvero!) a creare il brivido del meraviglioso o il sublime
terrore per lo sconosciuto: ma la ragione, mossa implacabilmente da tali cause,
arriverà sempre a definire questi interminati spazi sino a ridurli a cantucci
ordinari. Una dannazione, ma è così.
Troppo
umano. Ovvio, dicevo tra di me. Il problema non è il manoscritto, ma lo
scopritore, Voynich stesso. L'ha compilato lui, non c'è dubbio. Rodolfo II,
Kircher, Johannes Marci, i Gesuiti, la Cabala, ma il rasoio di Occam dell'umano, troppo
umano, non sbaglia mai.
Qualche anno fa, seppur a livello
dilettantesco, mi sono occupato di pittura. Uno dei miei libri preferiti era Il manuale del falsario di Eric Hebborn,
sorta di breviario essoterico per contraffatori d’arte … e uno dei miei mascalzoni
favoriti era Han Van Meegeren, l’uomo che abbindolò tutti (compresi Himmler e
Göring) con i suoi Vermeer inventati dal nulla (non imitati!) con pigmenti e materiali
d’epoca. I musei pullulano di patacche. Federico Zeri, divertito detective di
falsi, ne individuò qualcuno (magari di Hebborn stesso; saranno stati sicuramente splendidi: un
falso, se inventato, è opera d’arte essa stessa).
La seconda dannazione. Non si è mai originali. Ogni
pensiero è la glossa di qualche idea precedente. Anche quell’ipotesi – Voynich artefice
del Voynich – che, peraltro, avrei tenuto per me, non è mica tanto originale. Anzi,
è una congettura, apparentemente solida e delineata con dovizia di particolari,
di cui è autore Aldo Gritti.
Una cosa ho
imparato nella vita. Tutto è già stato detto. Tutto. La buona letteratura consiste
solo nello scrivere meglio ciò che è stato già scritto.
Colpo di coda: Aldo Gritti. Nel 2012
esce un romanzo titolato I custodi della pergamena
proibita. Un’opera dal titolo infelice (sembra una delle tante imitazioni
del Codice da Vinci), ma che ha il
pregio di incastonare in sé la probabile soluzione del secolare enigma (1912-2012).
Sezione indice: 106r |
Gritti,
giustamente, lascia da parte l’enigma del manoscritto per occuparsi di quello
vero: Wilfrid Voynich. E scopre che il Nostro, ad esempio, non si chiamava
Voynich, ma Woynicz; che fu un truffatore, un falsario, una spia e, in modo
colposo, un assassino; e un antiquario e bibliofilo, certamente, in grado di distillare
inchiostri simili a quelli cinquecenteschi e di procurarsi delle pergamene quattrocentesche
da riempire con un falso codice magico-esoterico (così come Hebborn e Van
Meegeren raschiarono via tele d’epoca e le ridipinsero con pigmenti e medium simili
a quelli rinascimentali e secenteschi); e un uomo d’ingegno, tanto da
disseppellire l’opera del maggior crittografo del Rinascimento, Giovanni
Battista della Porta (De furtivis literarum
notis), e servirsene per criptare il testo del manoscritto fatale …
E perché lo
fece? Questo non posso dirvelo, devo rispettare la suspense gialla del libro.
Posso solo
anticipare che forse siamo sulla strada giusta. Inevitabile, come ho già scritto.
Dove altri vedono cose ideali, gli scettici – l’unica genia di filosofi
rispettabili secondo Nietzsche – vedono solo cose umane, troppo umane …
* * * * *
(1)
Proprietari del libro
Proprietari del libro
- Rodolfo II d'Asburgo (lo acquistò per
600 ducati prima del 1608)
- Jakub Horcicky de Tepenec (botanico e
chimico dell'imperatore)
- Georg Baresch
- Johannes Marcus Marci (lo ereditò da
Baresch nel 1665)
- Padre Athanasius Kircher, uno dei più
famosi eruditi del Seicento. Johannes Marcus Marci spedì a lui il manoscritto, nella speranza
d'una decifrazione. Kircher, poliglotta e faro di sapienza, "incollò la
lettera dell'amico Marci dietro la copertina del manoscritto e poi lo ripose in
uno scaffale della sua imponente biblioteca, in attesa di uno studio decisivo
che non fece mai".
Poiché a quel tempo Kircher operava
presso il Collegio Gesuita a Roma (nel 1938 fu nominato professore di
matematiche), il manoscritto rimase nell'ambito della Confraternita; nel 1873,
in seguito all'annessione dello Stato Pontificio al nuovo Regno d'Italia, la
biblioteca del Collegio gesuita fu interamente requisita (il materiale andrà a
costituire il primo nucleo della Nazionale di Roma); una parte del materiale,
tuttavia, era già confluita nella biblioteca di Jean-Pierre Beckx, padre
generale della compagnia di Gesù: tale collezione, fra cui era il manoscritto,
trovò scampo presso Villa Mondragone, dove fu abbandonata, alla polvere e alla
desolazione, sino al 1912 quando l'astuto Voynich la setacciò, appropriandosi
definitivamente del libro fatale, lì confuso.
Alla morte di Voynich (1930) la proprietà del manoscritto passò nelle
mani della moglie Ethel, quindi in quelle della sua amica, già segretaria di
Voynich, l’edace Anne Nill. Quest’ultima (1961) lo rivendette a un altro
antiquario, Hans P. Kraus, il quale ebbe finalmente la compiacenza di donarlo
all’Università di Yale, dove il birichino riposa, dal 1969, sotto la segnatura
(massonica?) di MS408 (Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell'Università di Yale).
Gran parte del materiale del post (e le citazioni) derivano dal capitolo di un bel libro di Paolo Cortesi, Manoscritti segreti, 2003.
Il libro di Aldo Gritti, I custodi della pergamena proibita, edito nel 2012 da Rizzoli, è ora di non facile reperibilità.
Qui il sito di Aldo Gritti:
http://www.aldogritti.com/home.html
e la pagina Facebook:
https://www.facebook.com/aldogritti
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