Maria Vayola
Gli ultimi due film che il gruppo "Al cinema con MVL" ha visto e su cui ha conversato sono Roma di Alfonso Cuarón e Cold War di Paweł Pawlikowski.
Roma di Alfonso Cuaron
Il film inizia con l'immagine dell'acqua che scorre e si ritrae sul pavimento del cortile della casa dove Cleo, la domestica india, lavora senza sosta al servizio di una famiglia medio borghese di origine europea, nel quartiere Roma di Città del Messico. Scorre e si ritrae come il dolore che abita gli animi delle donne protagoniste del film, mentre gli aerei solcano il cielo in un andirivieni continuo.
Sulla scia dei ricordi della sua infanzia, per onorare quella che fu la sua tata, il regista costruisce un film asciutto e intenso intorno alla sua figura, mettendo a nudo le diseguaglianze sociali che collimano con le diversità etniche e di genere.
Cleo, insieme ad un'altra domestica sempre india, lavora incessantemente dalla mattina alla sera senza soluzione di continuità tanto che far finta di morire le appare come un gioco che dà pace.
Si occupa anche dei bambini con cura amorevole e la dedizione di una madre, tanto da rischiare la propria vita per loro. La sua vita però è stretta nella gabbia della discriminazione in cui è costretto il suo popolo da quando la colonizzazione europea ha fatto scempio delle loro vite, terre, culture; le contraddizioni non tardano a scoppiare, siamo nei primissimi anni '70, in manifestazioni che vengono sedate a colpi di pistola dalle milizie private sorrette dal governo.
Il volto di Cleo esprime la sua dolente situazione ma si apre a dolci sorrisi affettuosi quando si relaziona con i bambini, afferma il suo essere umano con dignità, amorevolezza e rispetto per gli altri. Il suo isolamento sociale verrà scalfito solo dalla solidarietà che la sua "padrona" le riserberà per l'innestarsi di una solidarietà femminile tra donne che "non possono che essere sole, sempre" ma i ruoli sociali, tra loro due, di fatto non vengono alterati da questo.
Messico, terra di deserti, di terremoti, di conquista, di contrasti in un bianco e nero luminoso che quasi abbaglia e contorna le figure e gli animi.
In una intervista il regista ha detto: "Ci sono periodi nella storia che lasciano cicatrici nelle società, e momenti nella vita che ci trasformano come individui. Tempo e spazio ci limitano, ma allo stesso tempo definiscono chi siamo, creando inspiegabili legami con altre persone, che passano con noi per gli stessi luoghi nello stesso momento. Roma è il tentativo di catturare il ricordo di avvenimenti che ho vissuto quasi cinquant’anni fa. È un’esplorazione della gerarchia sociale del Messico, paese in cui classe ed etnia sono stati finora intrecciati in modo perverso. Soprattutto, è un ritratto intimo delle donne che mi hanno cresciuto, in riconoscimento al fatto che l’amore è un mistero che trascende spazio, memoria e tempo."
Cold War di Paweł Pawlikowski.
Le opinioni sul film, all'interno del gruppo, sono state discordanti, c'è chi lo ha trovato banale come tematica e scontato nella rappresentazione dei luoghi e del periodo storico che attraversa, e chi come me ne è stato colpito favorevolmente. Quella che segue è la mia opinione.
Per quanto mi riguarda il regista Pawel Pawilikowski con l'intreccio tra cold war , amour fou e l'affascinante estetica del bianco e nero nel formato 4:3, ha creato un film che colpisce per la sua profonda bellezza e che conferma come il cinema sia forma d'arte complessa.
La seconda guerra mondiale è finita da pochi anni, in Polonia la guerra fredda si sta stabilizzando ed esacerbando, tra le maceria fisiche e umane lasciate dal conflitto, il pianista ed etnomusicologo Wiktor viaggia per la nazione alla ricerca di talenti per il gruppo di danza e canto popolare Muzurek. In una delle sue soste conosce Zula, ragazza dal passato tormentato, inserita nell'ambiente contadino, con una personalità travolgente e carica di sensualità.
I due sono molto diversi per estrazione sociale e culturale, per età, ma l'attrazione è forte e si tramuta in un potente amore passionale.
Il gruppo popolare si forma e va in tournè fino a Berlino dove Wiktor, dopo aver aspettato invano e per molto tempo Zula, passa il confine, (il muro ancora non è stato costruito), ma lei non trova il coraggio di lasciare il conosciuto per l'imprevedibile che potrà trovare.
I due, comunque si ritroveranno e perderanno più di una volta, vivranno insieme a Parigi, una città dove ferve il rinnovamento culturale e dove lui suona in un gruppo jazz. La loro reciproca intensa attrazione che vive alimentandosi di se stessa si scontrerà con l'inadeguatezza che Zula sente sia nei confronti di Wiktor che dell'ambiente parigino, lo spaesamento e la nostalgia di "casa" la porteranno a scappare dalla terra straniera per affrontare una vita che, senza di lui, la riporterà nella consuetudine di ruoli ben definiti in una terra ormai irreggimentata dal potere sovietico. Lui la rincorre perdendo tutto quello che ha e che potrebbe avere, la vita e la storia li travolgono, distruggendo chi volevano essere in cambio di qualcosa che non ha alcun sapore di autentica realizzazione del proprio essere e della possibilità di desiderare ancora. Alla fine si ritrovano, ma nulla che potrebbe avere senso li attende.
I dialoghi nel film sono ridotti al minimo necessario, l'immagine ha il compito di delineare i passaggi, gli stati d'animo, l'intensittà del narrato, le ultime parole pronunciate dai protagonisti sembrano di troppo ma si rivelano funzionali e significanti dell'immagine che le segue. Come spesso accade nel cinema in bianco e nero, il film si tramuta in fotogrammi che sono un album di fotografie d'autore.
Indubbiamente sono i contrasti la cifra narrativa, tra tradizione e aperture culturali, tra l'estasi e il tormento, tra classi sociali, tra uomo e donna, tra essere vivi e vivere.
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