Ho pensato di scrivere qualcosa su due dei libri letti per il gruppo di lettura "L'altro/2"; naturalmente è il mio punto di vista che si è formato sia durante la lettura individuale che durante la discussione del gruppo. L'intento di questo post è anche quello di sollecitare, attraverso i commenti, un confronto più ampio e articolato delle varie opinioni.
Maria Vayola
"Un pallido orizzonte di colline" di Kazuo Ishiguro
Divisa tra Giappone e Inghilterra, Nagasaki e i dintorni di Londra, passato e presente, il personaggio Etsuko ci racconta in toni sfumati, in frasi sospese e parole pacate, il vuoto di esistenze sopravvissute alla bomba atomica. I personaggi, uomini donne e bambini devono ricostruirsi una vita barcamenandosi tra quello che erano, quello che sono e quello che potrebbero essere.
La loro quotidianità, la loro cultura è stata squarciata, prima da bombardamenti furiosi e poi dai funghi atomici che, non solo nelle città colpite, ma in tutta la nazione hanno creato uno sconcerto esistenziale, una demarcazione tra il prima e il dopo, un'insicurezza generale rafforzata dall'occupazione americana del dopo guerra.
Di questo non se parla apertamente nel libro, è qualcosa che aleggia all'interno della narrazione, è qualcosa che noi sappiamo essere successa, ma che non viene affrontata direttamente, si riflette nell'indeterminatezza dei personaggi, nell'atmosfera fumosa che si respira.
Una vena di tradizionalismo serpeggia tra i protagonisti, più marcata tra quelli più anziani e negli uomini impauriti dalla perdita dei privilegi all'interno della famiglia nel rapporto con le loro mogli e i loro figli, mentre le donne reagiscono con maggiore duttilità anche se a volte in modo scomposto lasciandosi trascinare in situazioni poco rassicuranti.
Le vicende personali, la più drammatica quella di Etsuko che ha perduto una figlia che si è suicidata, non trovano soluzioni, niente si affronta veramente, nulla è risolto, tutto - fatti e personaggi - rimane sospeso, come una sequenza armonica senza risoluzione.
L'altro con cui entrare in contatto, è sia esterno: la situazione storica, la società che si modifica in modo forzato, il rapporto tra persone con diversi vissuti, caratteri, prospettive che si trovano a vivere lo stesso periodo storico; sia interno: l'eterno conflitto dualistico di chi non sceglie di cambiare ma ci è costretto, facendo anche i conti con le proprie storie e fragilità individuali.
Lo sguardo di Etsuko verso l'esterno non riesce ad individuare una meta definita, ma si scontra contro l'evanescenza di un pallido orizzonte di colline.
"La porta" di Magda Szabò
Le porte sono fatte per mettere un margine tra il dentro e il fuori, ma si possono aprire, socchiudere, spalancare o anche abbattere con un gesto violento.
Il fulcro tematico di questo romanzo è il rapporto tra due donne, una è la domestica dell'altra. La prima è ruvida, antica, determinata, segnata da un passato difficile e doloroso, è infaticabile e impeccabile nel lavoro a patto che sia lei a decidere le modalità di esecuzione, non accetta le consolazioni religiose, vive sola in una casa in cui non fa entrare nessuno, riceve nell'atrio parenti, conoscenze ed amici.
L'altra è una scrittrice, religiosa, sposata senza figli, la sua attività è puramente intellettuale come pure quella del marito, hanno estremo bisogno di qualcuno che gestisca la casa.
Il rapporto che si crea tra le due protagoniste ci viene raccontato in prima persona dalla scrittrice, voce narrante, di conseguenza è suo il punto di vista, sono sue le elaborazioni mentali che ci vengono rese note nella costruzione del rapporto.
Vengono a galla una serie di conflittualità dovute alla loro diversa concezione del vivere, e da ognuna di esse emergono contraddizioni che hanno valenza non solo individuale: il contrasto tra pensiero ed azione, tra fede e pragmatismo, tra amore e libertà, tra vita come concetto assoluto e vita come opportunità e senso, tra un comune, assodato comportamento sociale e una decisionalità individuale che da esso si discosti senza arrecare danno ad alcuno.
Uno dei temi che emerge dal racconto è la difficoltà di rapportarsi con l'altro nella tensione della comprensione e accettazione di chi ci sta di fronte, quella difficile modulazione tra le proprie convinzioni e quelle dell'altro, nello sforzo di esercitare un'empatia che sia non solo immedesimazione ma anche rispetto di ciò che in ogni caso sfugge al proprio modo di sentire anzi, a volte, ne è l'opposto.
Magda Szabo, con il suo libro, ci pone e ci lascia il dilemma di due domande:
a che punto l'amore verso l'altro può spingersi nell'intento di salvarlo anche da se stesso, quando la salvezza rischia di ucciderne l'individualità?
quale il margine invalicabile tra sè e l'altro pur nell'amore reciproco? quanto si può cercare di aprire quella porta senza rischiare di chiuderla per sempre?
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