Questa è la poesia di un assassino. E di un ladro. Jean-François Lacenaire (1804-1836) fu ladro e assassino, e con parecchio successo. Divenne una celebrità. Sin alla sua morte per decapitazione, infatti, egli assurse a simbolo della lotta contro il potere costituito; la sua cella divenne un salotto letterario; Flaubert, Proust, Balzac, Stendhal, Gautier, Corbière, Lautréamont, Breton (che lo antologizzò nel famigerato Antologia dello humor nero) e il regista Marcel Carné (Lacenaire appare nel capolavoro Les enfants du Paradis) furono, più o meno velatamente, influenzati dalla sua figura.
Perché tale clamore? In fondo i delitti per cui venne condannato Lacenaire erano piuttosto ordinari: l'anziana signora Chardon e suo figlio. E allora? Filopauperismo e frontismo sociale ebbero la loro parte, ma probabilmente fu la gratuità e la ferocia del tutto a esaltare i lineamenti del lionese sino al più fascinoso diabolismo: gli omicidi non vennero eseguiti per lucro (in casa delle vittime vennero reperiti oggetti di scarso valore); Lacenaire e i complici (Victor Avril e François Martin) tennero un comportamento assolutamente distaccato e insultante; la vecchia Chardon fu torturata con gusto: ferita non mortalmente, fu ricoperta da un pesantissimo strato di materassi e coperte e lasciata lì agonizzante, per circa quaranta ore. Fu un atto gratuito, futile, e profondamente anarchico: i delitti di Raskol'nikov in Delitto e castigo, e di Lafcadio ne I sotterranei del Vaticano erano ancora lontani (1866 e 1914 rispettivamente), ma evidentemente l'aria era già satura dei tempi a venire e gli intellettuali francesi possedevano un naso fine.
Era la vera fine dell'Ancien Régime morale. Lacenaire fu uno degli apripista della modernità.
Solo Charles Manson, a sua volta artista (è autore di ottimi dischi folk), può debolmente rievocare il clamore suscitato dal Lacenaire ottocentesco. Con tale differenza: Manson non ha mai ucciso nessuno.
Quanto
si è felici sognando! …
Da
svegli sognare è stupendo,
in
meno di un’ora finisco
il
più gradevole romanzo.
Creo
tutto un mondo a modo mio,
ogni
cosa buona è per me,
perciò
non mi viene mai in mente
di
scegliermi il ruolo di re.
Nel
mio ritiro solitario
poco curando
l’avvenire,
mi
nutro della mia chimera
mescolando
ad essa un ricordo.
Bei
sogni della giovinezza,
che
la sorte non ha sciupato,
rallegrate
la mia vecchiaia
siamo
vecchi quando si muore.
Spesso
in un palazzo superbo
raduno
mille donne belle;
più
sovente steso sull’erba
non
ho che la mia Lisa accanto;
la
stoffa che il seno solleva
mio
malgrado mi fa sognare,
che
peccato che questo sogno
tocchi
completarlo da solo.
Ecco,
in un’umile casetta
padre
lieto e tenero sposo,
ho
vicino a me la mia mamma
e i
miei figli sulle ginocchia:
all’ombra
di un folto boschetto
leggo
o scrivo di volta in volta,
ma
sopraggiunge un temporale.
Perché
il mio sogno è così corto?
Poi d’un
tratto cambio esistenza
In carrozza
arrivo a Parigi,
sono
ricco e la mia opulenza
mi
attira numerosi amici.
Questo
Pilade mi accarezza:
è il
denaro che l’ha attirato?
Credo
invece alla tenerezza,
è
così dolce essere amato!
Fedele
alla mia musichetta
Ripeto
i più gai ritornelli
E vicino
alla mia Lisetta
Trascorro
giorni puri e belli.
Con
ciò che il caso mi fa avere
Do soccorso
allo sventurato;
mangiando
mi piace sapere
che il
povero accanto ha pranzato.
E
così in questa vita mia
Seppi
raccoglier qualche fiore;
ahimè,
se è stata una follia
essa
mi ha rallegrato il cuore!
Questo
desidero sognare
all’arrivo
dell’ultim’ore:
alla piazza del Greto (1) incontrare
amicizia,
poesia e amore.
La Conciergerie,
22 novembre
(1) Piazza del Greto era luogo di esecuzioni pubbliche.
Da Memorie di un assassino, 1994 (traduzione
di Alberto Beretta Anguissola)
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