lunedì 13 ottobre 2014

Manzoni e la chimera


Nei giorni scorsi Rizzoli ha rimandato in libreria uno dei più bei romanzi di Sebastiano Vassalli, La chimera, la cui prima edizione era uscita nel 1990 per Einaudi. Il libro aveva vinto allora lo Strega e se n'erano vendute molte copie. In seguito, come dimostra un rapido giro in rete, le vicende di Antonia, bruciata per stregoneria nel 1610, hanno accompagnato i percorsi scolastici di molti studenti italiani, forse anche per la contiguità temporale tra la storia raccontata da Vassalli e quella dei Promessi sposi. Che il rapporto con l'opera di Manzoni non sia stato secondario né casuale nell'elaborazione della Chimera, lo dice ora lo stesso scrittore nella postfazione alla nuova edizione, di cui presentiamo qui - grazie alla cortesia dell'editore - un breve stralcio: un testo sicuramente di grande interesse per i lettori di Monteverdelegge, all'interno degli itinerari di lettura proposti da Un libro un quartiere: I promessi sposi a Monteverde.

Sebastiano Vassalli
Uomo di fede ma anche uomo del Risorgimento, cioè della sua epoca, Manzoni aveva studiato a fondo i vizi e le virtù degli italiani e conosceva bene il nostro carattere nazionale. Avrebbe potuto rappresentarlo al peggio, scelse invece di rappresentarlo al meglio perché l'Italia doveva ancora nascere e si sperava che potesse nascere con il suo aspetto migliore. Perciò il Seicento, che fu un secolo a tinte violente, un secolo terribile, nel suo romanzo è corretto con molto Ottocento. Don Abbondio è un prete contemporaneo del suo autore. I preti della Controriforma, quelli veri, non avrebbero potuto concedersi le sue abitudini e i suoi tic, impegnati com'erano a ripristinare diritti e prerogative che risalivano al Medioevo e che si erano persi con il trascorrere dei secoli, e a tiranneggiare i loro parrocchiani con sanzioni per noi inimmaginabili, se non si confessavano e comunicavano almeno una volta all'anno e non seguivano i precetti della religione. Anche il cardinale Federigo Borromeo, rispetto al vero personaggio storico, nei Promessi Sposi è molto idealizzato; e anche la conclusione del romanzo, con la nascita dell'industria, è rivolta più al secolo dell'autore e alle sue prospettive di sviluppo, che all'età barocca in cui è ambientata la vicenda dei due fidanzati. Perciò io ho scelto di raccontare una storia del Seicento. Perché tornare in quel secolo dopo Manzoni significava tornarci dopo l'Unità d'Italia, dopo la Grande Guerra e il fascismo; dopo la catastrofe e il naufragio della Seconda Guerra Mondiale. Quanti Conti Zii e don Rodrighi e Innominati, quanti don Ferrante e donne Prassede e Fra Cristofori, ma anche e soprattutto quanti Renzi e quante Lucie si erano poi persi irrimediabilmente in quel naufragio!
Da Alcune considerazioni su questo romanzo dopo un quarto di secolo, postfazione a La chimera, Rizzoli 2014 © 2014 RCS Libri S.p.A., Milano

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