mercoledì 24 settembre 2014

Un libro vale zero (ecco perché lo comprano sempre meno)

Questo libro sembra
Anna Karenina,
ma non lo è
G. Luca Chiovelli

Parabola del libro: da oggetto venerabile, custode del sapere, a contenitore di prosa.
Una prosa qualsiasi.
Dopo anni di sforzi utilitaristici il mostro è partorito: il libro è divenuto puro testo.
Tutta la sua profonda fascinazione, l'insieme di quegli elementi esterni al contenuto dello stesso (quelli materiali, ovvero la qualità della carta, la cucitura, la sobrietà della copertina, la pulizia nell'impaginazione, la cura e la nettezza dei caratteri, l'ariosità dei margini; e quelli spirituali: la possibilità di creare una biblioteca di edizioni scelte e durevoli, il lento accumulo di classici da trasmettere, quale bagaglio di base, a figli e nipoti) è stata raschiata via, accuratamente e con successo.
Un libro oggi si offre esclusivamente per il proprio nudo contenuto (spesso miserrimo).
Che senso ha entrare in libreria oggi?
Che senso ha acquistare tomi o brossure volgari, stampate su carta riciclata, dalle copertine sensazionali, patetiche o squillanti sino al kitsch più estremo, afflitte da traduzioni sciatte o tirate via per compiacere l'editore che vuol ramazzare talleri sulla scia della pubblicità globale, o impaginate in tutta fretta, per timore che l'effetto di recensioni o premiazioni farlocche si esaurisca nella mente dei residui lettori, zombie con la memoria dei pesci rossi?
Nessun senso se non l'acquisto del puro testo.

25 euri = 2,8 chili di bistecche
di costa di bovino adulto
presso centro Ipercarni
25 euro (venticinque) per leggere l'ultima sequenza di parole di Ken Follett.
Per l’intera trilogia occorrono 75 euro (settantacinque).
Esaurita la prima e unica funzione, il pacco di carta è subito avvertito come superfluo, un pacco di carta da cestinare, o demansionare (come regalo; ricordiamo: il valore è zero) o avviare verso i centri di riciclaggio più prossimi (mercatini, bancarelle dell'usato, bibliolibrerie gratuite, bookcrossing). L'ultima ossessione dei lettori italiani, infatti, è disfarsi dei libri, manco fossero macchine per la fonduta.
Il libro, concepito come puro contenitore di testo, diviene, infatti, uno dei tanti elementi del ciarpame di consumo transeunte che intasa le nostre case: gadget elettronici, oggettistica etnica, bigiotteria, poster, elementi d'arredo dal design postmoderno o finto tradizionale, cascami d'acquisti turistici.
Il destino comune e inevitabile, di libro e ciarpame, è, insomma, la dis-carica.
Rispetto al ciarpame, il libro, quale puro testo, presenta, però, tre enormi e ineliminabili svantaggi commerciali.

1. Aliena, con forza progressiva, il lettore forte e motivato (per sostituirlo con le pericolanti e sopravvalutate legioni di quelli occasionali).

Questo non è un libro
2. È meno appetibile rispetto a cellulari, pc e tablet, oggetti che consentono di gustare la vera letteratura dominante: lo spizzico in rete (facebook, wozzap, commenti, ripicche, pseudorecensioni, goliardate, informazione spazzatura, giochi).

3. È ampiamente sostituibile. Ragiona, infatti, il potenziale lettore: perché devo spendere 10, 15, 20, 25 euro per mettermi in casa un ammasso di carta (una sequenza di parole) che occupa spazio, è brutto, non arreda, fa polvere, quando posso scaricarlo di strasforo, oppure prenderlo in biblioteca oppure, ipotesi ghiottissima, non comprarmelo affatto (tanto c'è la letteratura alternativa: facebook, wozzap et cetera).

Una frangia minoritaria, ovviamente, pagherà il dovuto e se lo tracannerà come e-book, ma sappiamo tutti che l'e-book non sostituirà mai la fetta perduta del cartaceo: anche per cause eminentemente fisiche (gli occhi, la cui evoluzione ha tempi difformi rispetto a quella digitale, si stancano presto, la concentrazione crolla, gli altri sensi rifiutano la simbiosi con silicio e plastica et cetera).
Blande previsioni:

A. Si punterà sempre più su letteratura mordi e fuggi (quella di cui si legge una riga sì e due no), l'unica a potersi davvero apprezzare in pdf o epub o kindle (il serpente che divora se stesso).

Neanche questo
B. Il panorama si affollerà ancor più di testi sensazionalistici, legati all'attualità più sudicia e volatile, oppure di testi gonfiati dall'evento di massa (propaganda da lancio mondiale, costruzione artefatta di autori e mode, strombazzamenti da vittorie di campielli e strega, da recensioni a pagamento, da lappate massoniche).

C. Al di là di tali fenomeni steroidei, il libro come puro testo - a valore zero, oggetto fra gli oggetti - si ridurrà conseguentemente a zero, a gratuito allegato di eventi di massa ben più godibili e spettacolari: blockbuster, show televisivi, videogiochi, gadget (esempio: la bibliografia di Faletti o Camilleri in omaggio con l'acquisto del nuovo super-ipad; un film fresco di Oscar in omaggio con l’acquisto di un pacchetto streaming).

D'altronde, chiediamoci: perché non dovrebbe accadere questo? Il sistema di trasmissione culturale è inceppato o sabotato; il passato negletto. Ci resta il qui e ora: il pasto veloce, le patatine precotte, le fettuccine al ketch up.
A meno di non puntare presso qualche antiquario di delicatessen.
O digiunare: in fatto di libri si può fare senza sforzi.

Ecco: questi sono libri

3 commenti:

  1. Forse sarò una delle poche, ma io compro i libri cartacei e... si fanno polvere, si occupano una buona fetta del mobile del mio salotto e si, copertine così diverse che non permettono definire l'arredamento in maniera coerente, ma... non ci rinuncio! Ho traslocato varie volte e la prima cosa che organizzo ed imballo sono proprio loro, che ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre in ogni momento della mia vita! Non ho nulla contro gli e-book, ognuno faccia le sue scelte purché si legga e ci si mantenga informati che credo sia il fine più importante!
    Kly

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  2. Grazie, G.Luca Chiovelli. Mi hai fatto molto male, ma è così. Esiste un'etica nel libro cartaceo che non c'è più e le ristampe come la Karenina nell'illustrazione, sono offesa ai classici. Stiamo nella spazzatura virtuale, tutti. Grandi e piccoli, e ci si sta di merda. Grazie.

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  3. complimenti per l'ammasso di luoghi comuni e banalità...

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