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martedì 1 ottobre 2013

Funzionari (o della scrittura come attività delinquenziale e curativa)


Paolo Morelli
Un paio di anni fa, poco prima dell’estate, in un paese sul lago di Bracciano si sono accorti che l’inquinamento delle acque prospicienti superava il livello consentito per la balneazione. Subito hanno convocato un consiglio comunale, durante il quale hanno alzato i parametri del livello consentito, aprendo così la stagione balneare. Un mio amico che ci abita mi ha detto che pure il sindaco e gli assessori si bagnavano con tutta la famiglia.
Abbiamo qui un esempio di realtà, la prova che la realtà è un fatto di proporzioni, e pure un fatto di maggioranza. È come la democrazia per esempio, e come la democrazia tende a infiacchirsi e poi in sequenza a irrigidirsi. La realtà oggi è come l’identità regionale per esempio, un angolo ritenuto sicuro nel quale rifugiarsi e difendersi dalla ‘confusione’. È come la razionalità, nella fissazione, hegeliana ma ormai inveterata, che tutto il reale sia razionale. La realtà è una malattia che hanno tutti o quasi, quindi nessuno se ne accorge.
Questo secondo me è il punto di partenza, se non si vuole dare tutto per scontato.
Ma poi è vero bisogna raccontarla, la realtà dei fatti. Ci sono per esempio i giornali. C’era una bella immagine di Gianni Celati che descriveva un articolo giornalistico come un’insegna sopra e sotto una serranda chiusa fatta di parole. Dietro quella serranda c’è il fatto, reso irrangiungibile dal linguaggio che gli si sovrappone, una serranda chiusa fatta di stilemi troppo affidabili e parole morte, già concluse nel loro ciclo di reattività e percezione.
Poi però si arriva alla realtà quando cade in mano alla letteratura. Qui il livello percettivo sembra cambiare. Ma cosa lo fa cambiare? La qualità delle parole? La particolare percezione dell’autore o la sua autorevolezza?

domenica 7 luglio 2013

Morelli e Donalisio, viaggio sonoro nella poesia di Caproni

Si può "raccontare una lettura"? E di più, una lettura poetica? Enza Bertoni, dopo avere ascoltato sabato scorso le voci di Paolo Morelli e Fabio Donalisio alternarsi seguendo le pagine della raccolta Il muro della terra di Giorgio Caproni, ha scelto di raccontare il suo personale ascolto della lettura.  E chi ha assistito all'incontro e al dibattito vivace, perfino pungente, che lo ha seguito, sa che proprio degli infiniti modi di leggere e di ascoltare si è parlato.

Enza Bertoni

Nell'intimo spazio di Plautilla, abbiamo condiviso la lettura integrale della raccolta Il muro della terra di Giorgio Caproni, fatta dai poeti/scrittori Paolo Morelli e Fabio Donalisio. Mentre le letture si alternavano tra i due, noi abbiamo sperimentato forme di conoscenza della vita, delle cose, che riverseremo nei gesti della quotidianità. 
La poesia di Caproni è viva, è vera! Per il poeta si tratta di mantenere le forme, la purezza essenziale del linguaggio e svuotarlo di senso, cercando di lavorare con le parole, di attraversare la storia senza esserne attraversati. 
"Tutto sembra intatto, ma il poeta rimane con se stesso" dice Morelli.Ed è una posizione etica del poeta Caproni, il luogo dal quale guarda e scrive, ma che non dà la possibilità di impossessarsi e raccogliere gran quantità di ricordi, di emozioni, poiché nel suo "viaggio" tra le parole e i suoni dimostra umiltà nel cercare una possibile verità delle cose. Le parole, dice Donalisio, sono algide e quindi non devono trasmettere pathos (?), ma lasciano un segno particolare, afferrando il senso profondo, nascosto che ci spinge oltre.

                                             "L'uomo che se ne va
                                              e non si volta : che sa
                                              d'aver più conoscenza
                                              ormai di là che di qua"
Il tono si modifica nel ritmo, nei suoni, che a volte si fanno incalzanti, altre volte ossessivi come i canti dei pastori.
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