Fiorenza Mormile
Nella Giornata contro la violenza sulle donne
vi proponiamo
Retaggio, un testo di denuncia contro la condanna a morte di una ragazza
iraniana impiccata per avere ucciso l’uomo che cercava di violentarla.
L’autore è il poeta iraniano-americano
Kaveh Akbar, nato a Teheran il 15 gennaio 1989 e trasferitosi con i genitori negli Stati Uniti in giovanissima età.
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Kaveh al lavoro - foto di proprietà dell'autore |
Nel testo l’impatto contro con il rigore spietatamente
misogino della giustizia iraniana mina l’attaccamento di Akbar alle proprie
radici natali e culturali. La penultima strofa “possa Dio colpirci /per farci
(…) ridestare il cervello a frustate” suona sarcastica rispetto ai metodi
adottati dalla Shari’a. Le aspettative deluse “esponiamo l’amore alla luce/ per
stupirci della sua impotenza” scatenano in Akbar un profondo senso di colpa,
facendolo sentire correo di quella morte: “malgrado tutti i nostri rituali di
misericordia (…) te abbiamo mandato avanti”. Qualcosa di simile avviene
all’interno di ciascuno di noi anche qui, così lontano dagli ayatollah, ad ogni
nuovo caso di violenza di genere.
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Reyhaneh Jabbary |
Retaggio
Reyhaneh
Jabbary, una donna iraniana di 26 anni, è stata impiccata
il 25 ottobre 2014, per aver ucciso
un uomo che
cercava di violentarla.
il corpo è una moschea prestata dal Cielo
secoli e secoli
macchiano il mattone smaltato la nostra pelle si sfalda come un frammento
al centro di una clessidra a volte mi vergogno tanto
del mio sentire
quanto poco conti gli angeli
non hanno a cuore l’umiltà
ti sei rasata il capo hai passato undici giorni in
isolamento mezza morta di fame
e non una tromba divina si è sciolta in canto ora è solitudine tutto intorno
più che una persona sto diventando un vaso di ricordi è un mito
che l’amore viva nel
cuore vive nella gola lo
spingiamo fuori
quando parliamo quando restiamo senza fiato ne prendiamo un po’ per noi
nei libri l’amore può far cessare la guerra un soldato getta la spada
per imboccare di ostriche il nemico nella vita esponiamo l’amore alla
luce
per stupirci della sua impotenza hai detto in una lettera a Sholeh
che non uccidevi neppure gli scarafaggi nella cella li tiravi su
per le antenne e li lanciavi tra le sbarre in un cortile
dove vedevi uomini martellare lunghe assi di cipresso per
farne una forca
gli stessi uomini che anni
prima avevano gettato i loro anelli nel fango che li innaffiavano
cinque volte al giorno che sparavano ai merli per scacciarli dai rami dei mandorli
e baciavano la terra alla vista dei germogli per poi maledirsi a vicenda quando gli
steli
invece di lambirgli le labbra si seccavano alle loro
ginocchia possa Dio colpirci
per farci svegliare ridestare il cervello a frustate si possa misurare ogni vittoria
dall’assenza momentanea del dolore non c’è conforto nella storia è un dono
ricevuto alla nascita una tasca in cui ci ripieghiamo alla morte e ora addio a te montagna
a te armada di fiori a te intero miserabile decennio con un groppo in gola
malgrado tutti i nostri rituali di misericordia
ripetuti all'infinito te abbiamo mandato avanti.
Traduzione di Maria Adelaide Basile, Marta Izzi, Giselda Mantegazza, Fiorenza Mormile,
Anna Maria Rava, Anna
Maria Robustelli, Jane Wilkinson.
Heritage
Reyhaneh
Jabbari, a 26-year-old Iranian woman,
was
hanged on October 25th, 2014, for killing a man
who was
attempting to rape her.
the body is a mosque borrowed from
Heaven centuries of time
stain the glazed brick our skin rubs away like a chip
in the middle of an
hourglass sometimes I am so ashamed
of my sentience how little it
matters angels don't care about
humility
you shaved your
head spent eleven days half-starved
in solitary
and not a single divine trumpet wept into
song now it's lonely all over
I'm becoming more a vessel of memories than a
person it's a myth
that love lives in the
heart it lives in the throat we push it out
when we speak when we
gasp we take a little for ourselves
in books love can be
war-ending a soldier drops his sword
to lie forking oysters into his enemy's
mouth in life we hold love up to the
light
to marvel at its
impotence you said in a letter
to Sholeh
you weren't even killing the roaches in your
cell that you would take them up
by their antennae and flick them through the bars into a
courtyard
where you could see men hammering long planks of cypress
into gallows
the same men who years before threw their rings in the
mud who watered them
five times
daily who shot blackbirds off almond branches
and kissed the soil at the sight of
sprouts then cursed each other when the stalks
which should have licked their lips withered dryly at their
knees may God beat
us awake scourge our brains to
life may we measure every victory
by the momentary absence of
pain there is no solace in history this is a gift
we are given at birth a pocket we
fold into at death goodbye now you
mountain
you armada of
flowers you entire miserable
decade in a lump in my throat
despite all our endlessly rehearsed rituals of
mercy it was you we sent on
Si ringrazia l’autore per l’autorizzazione alla riproduzione
dell’originale.