domenica 19 novembre 2017

Laboratorio di traduzione di poesia: Joy Harjo


Joy Harjo, foto di Karen Kuehn
Fiorenza Mormile
Il laboratorio di traduzione è nato per condividere il piacere della traduzione di poesia dall’inglese.
Si può partecipare anche in veste di semplici uditori, le riunioni sono aperte a tutti. Negli incontri a scadenza quindicinale (ogni due martedì dalle 17:00 alle 19:15) ognuno confronta con gli altri la propria traduzione del testo del giorno, deciso in precedenza dal gruppo. Chi ama tradurre esce dalla sua solitudine per confrontarsi con le soluzioni degli altri, superando limiti, automatismi e personalismi.
La resa finale, collettiva, si sviluppa progressivamente: ogni poesia, prima di essere pubblicata sul blog, richiede più di un incontro. Le tematiche privilegiate finora sono state quelle relazionali, ambientali, interculturali. Anche quest’anno (il sesto) intendiamo occuparci di più autori, a partire dalla poetessa nativa americana Joy Harjo che nella sua poesia dà voce al disagio dei nativi americani, riconnettendosi alla propria tradizione.
Vi aspettiamo il 21 novembre, e comunque, seguiteci sul blog.  

Maria Adelaide Basile
Joy Harjo, nata a Tulsa in Oklahoma il 9 maggio 1951, membro della Mvskoke/Creek Nation, è un’apprezzata scrittrice statunitense. Laureata in scrittura creativa nello Iowa, attualmente insegna Inglese e American Indian Studies all'Università dell'Illinois. Impegnata nella rivendicazione dei diritti dei nativi americani e delle donne è autrice di sette libri di poesia, del memoir Crazy Brave e anche performer, musicista e cantante. Dichiara di non vedere separazione tra le arti così come tra tutto ciò che appartiene al pianeta terra: umani, piante, animali, acqua, cielo... Musica e poesia, pittura e disegno, storie e canzoni costituiscono tutto un insieme che è l’arte, che «replica l’intento della creazione».
La sua è al tempo stesso poesia della memoria e poesia dell'attualità. Come nativa di antica discendenza appartiene a una generazione che oggi è «la porta di accesso alla memoria» (Crazy Brave, cit, p.1); e tuttavia, come osserva in un'intervista del 2008 con Barbara Goldberg, le nuove generazioni sono in gran parte urbanizzate, hanno perso la lingua madre, devono riconquistare le proprie radici e far valere i propri diritti. Lei stessa ha studiato da adulta la lingua del padre, un indiano Creek, e nella sua scrittura la mescola all'inglese, cui pure riconosce il merito di aver permesso la comunicazione tra le tribù.                             
Harjo riesce a far dialogare passato e presente, a conciliare gli opposti come rabbia, dolore e amore. Le istanze di salvaguardia del pianeta nella sua scrittura in versi e in prosa acquistano oggi pregnanza e urgente attualità pur avendo radici nella tradizione degli indiani d'America che dialogavano con il creato consapevoli di esserne parte.
Joy ha sempre un'apertura, il desiderio di non farsi sopraffare, la fiducia interiore nella possibilità di superare i condizionamenti, il dolore, lo stesso pur legittimo risentimento che porta alla dipendenza dalla vendetta e dalla guerra.            


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