In un quieto pomeriggio del 1828, Norimberga è teatro di un'apparizione inopinata: un ragazzo, con vesti da contadino, si trascina con passo incerto sulla pubblica piazza. Non sa dire da dove viene, farfuglia pochi vocaboli, incongrui ("Diventare cavaliere!"), si trova a suo agio solo col buio, rifiuta il cibo, che lo disgusta, a meno che non sia o pane o acqua; dimostra una naturale benevolenza, un candore disarmante; forse si chiama Kaspar Hauser.
Più tardi, affidato alle cure del professor Georg Daumer, Kaspar rivelerà d'aver passato la propria breve vita da prigioniero, in una cella oscura, seviziato al minimo cenno di ribellione.
La sua origine rimane, però, un mistero; chi è davvero il "Fanciullo d'Europa", come è stato ribattezzato? Un trovatello o, come suppongono alcuni, un membro della casa reale del Baden, vittima di oscuri intrighi dinastici?
Nell'ottobre del '29 Kaspar è oggetto di un'aggressione; quattro anni più tardi, mentre passeggia nei giardini del palazzo di Anspach, viene pugnalato a morte.
E la morte, come sempre, cancella l'individuo, e pone le basi per il simbolo Kaspar Hauser; un simbolo potentissimo poiché lascia intravedere, al di là della facile aneddottica temporale, un sottofondo profondo e terribile (Rudolf Steiner ha dato della vicenda un'affascinante interpretazione esoterica).
Werner Herzog, l'ultimo dei grandi romantici tedeschi, ha tratto da tale esistenza fragile e commovente uno dei suoi film più belli (L'enigma di Kaspar Hauser, 1974).
Le vie del bosco, il canoro uccello nero
e la gioia del verde.
Serio era il suo sostare all’ombra dell’albero
e puro il suo volto.
Dio parlava con soave fiamma al suo cuore:
oh, uomo!
Silenzioso il suo passo trovò la città di sera;
l’oscuro lamento della sua bocca:
voglio diventare un cavaliere.
Ma lui seguivano cespuglio e animale,
casa e giardino crepuscolare di uomini bianchi
e il suo assassino lo cercava.
Primavera ed estate e bello l’autunno
del giusto, il suo passo lieve
lungo le stanze oscure di sognanti.
Di notte egli rimaneva solo con la sua stella;
vide la neve cadere fra i rami nudi
e sulla soglia crepuscolare l’ombra dell’assassino.
Argenteo cadde il capo del non nato.
Da Sebastian in sogno, traduzione di Gilberto Forti.
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