martedì 15 dicembre 2015

Casal di Principe e la sua dissidente, faticosa bellezza

Elvira Sessa
Possono venti opere d’arte dichiarare guerra alla mafia?
I numeri della mostra “La luce vince l'ombra. Gli Uffizi a Casal di Principe”, svoltasi dal 21 giugno al 13 dicembre scorsi nel feudo del “clan dei Casalesi”, sembrano dire di sì.
Con circa 38.000 visitatori, di cui oltre 20 mila studenti, 50 scuole e 50 partners coinvolti ed 80 giovani volontari - casalesi e dei comuni limitrofi - designati come “Ambasciatori della Rinascita”, ossia come portavoce di un riscatto che parte dalla cultura, Casal di Principe ha lanciato la prima forte sfida contro il suo destino.
Tutto nella mostra - curata da Antonio Natali, Marta Onali, Fabrizio Vona e prodotta da First Social Life - parla di contrasti. A partire dall'allestimento: i capolavori sono stati ospitati in una villa confiscata al boss Egidio Coppola (detto, ironia della sorte, “Brutus”) ora dedicata al concittadino don Peppe Diana, sacerdote assassinato dalla camorra sul sagrato della sua chiesa nel 1994.
Provengono dal Museo di Capodimonte di Napoli, dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, dalla Reggia di Caserta e dal Museo Campano di Capua e recano la firma di artisti che vanno da Artemisia Gentileschi Lomi a Mattia Preti, da Luca Giordano a Battistello Caracciolo, spaziando da Andy Warhol alle sculture precristiane romane delle Madri di Capua.
Il primo dipinto del percorso espositivo, “Il Concerto”, una delle maggiori opere di Bartolomeo Manfredi, irrimediabilmente polverizzata da un ordigno esploso agli Uffizi nella notte tra il 26 e il 27 maggio del 1993 in un attentato di stampo mafioso, fa venire in mente le parole dell'autobiografia “Prima che sia notte” di Reinaldo Arenas, lo scrittore e poeta cubano che ha combattuto il regime castrista con le armi della penna e del bello, subendo torture e carcere: “La bellezza, in un sistema dittatoriale, è sempre dissidente, perché le dittature sono di per sé antiestetiche, grottesche. Praticare la bellezza è per i dittatori e i loro scagnozzi un atteggiamento reazionario”.
Questa bellezza contrastata e inquieta prorompe nei chiaroscuri delle pieghe del volto della vecchia nel dipinto “Salomè” del Battistello, nella pelle levigata e perlata di Venere contrapposta a quella del ruvido Satiro nell'opera di Pacecco De Rosa, nella sensualità della spalla scoperta della mamma che assiste all'orrore della morte del figlio nell'opera “La Strage degli innocenti” di Stanzione, nella mano che, nella copia dal Caravaggio de “L'incredulità di San Tommaso”, scava feroce nel costato di un Cristo sereno e luminoso.
Con questa iniziativa, il comune di Casal di Principe, “terra di punizione” già nel suo nome – che sembra derivi dal casale dove, sul finire del XV secolo, quando era terra malsana e acquitrinosa, era stato confinato il principe d'Ungheria per punirlo dell' attentato alla vita del padre - si ribella a chi lo vorrebbe affossato per sempre, proponendo un nuovo modello economico della conoscenza che coinvolge banche e imprese (quali Coop Italia, Unipol, Fondazione Unipolis, Banca Monte Paschi di Siena, Aletheia, Centro Commerciale Campania), il mondo della cultura e della politica (dagli Uffizi alla collaborazione con il Soroptimist International d’Italia, l’Associazione Amici degli Uffizi, la Seconda Università di Napoli e del Comitato don Peppe Diana).

Il percorso di rinascita è tutto in salita, come sottolinea Alessandro De lisi, responsabile culturale di "R-Rinascita", il progetto di start up sociali in cui si inserisce l'iniziativa: "Il un comune di ventimila abitanti, ben ottomila casalesi sono venuti a vedere la mostra" e poi aggiunge con ramamrico: "Siamo soddisfatti, si, ma solo parzialmente. Si vergognino quelli che non ci sono!".

Già Calvino ne “Le città invisibili”, invitava a non abbassare la guardia: “Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”


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