Elvira Sessa
Possono venti
opere d’arte dichiarare guerra alla mafia?
I numeri della
mostra “La luce vince l'ombra. Gli Uffizi a Casal di Principe”, svoltasi dal 21
giugno al 13 dicembre scorsi nel feudo del “clan dei Casalesi”, sembrano dire
di sì.
Con circa 38.000
visitatori, di cui oltre 20 mila studenti, 50 scuole e 50 partners coinvolti ed
80 giovani volontari - casalesi e dei comuni limitrofi - designati come
“Ambasciatori della Rinascita”, ossia come
portavoce di un riscatto che parte dalla cultura, Casal di Principe ha lanciato
la prima forte sfida contro il suo destino.
Tutto nella
mostra - curata da Antonio Natali, Marta Onali,
Fabrizio Vona e prodotta da First Social Life - parla
di contrasti. A partire dall'allestimento: i capolavori sono stati ospitati in
una villa confiscata al boss Egidio Coppola (detto, ironia della sorte,
“Brutus”) ora dedicata al concittadino don Peppe Diana, sacerdote assassinato
dalla camorra sul sagrato della sua chiesa nel 1994.
Provengono dal
Museo di Capodimonte di Napoli, dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, dalla
Reggia di Caserta e dal Museo Campano di Capua e recano la firma di artisti che
vanno da Artemisia Gentileschi Lomi a Mattia Preti,
da Luca Giordano a Battistello Caracciolo, spaziando da Andy Warhol alle sculture precristiane romane delle Madri di
Capua.
Il primo dipinto
del percorso espositivo, “Il Concerto”, una delle maggiori opere di Bartolomeo
Manfredi, irrimediabilmente polverizzata da un ordigno esploso agli Uffizi
nella notte tra il 26 e il 27 maggio del 1993 in un attentato di stampo
mafioso, fa venire in mente le parole dell'autobiografia
“Prima che sia notte” di
Reinaldo Arenas, lo scrittore e poeta cubano che
ha combattuto il regime castrista con le armi della penna e del bello, subendo
torture e carcere: “La bellezza, in un sistema dittatoriale, è sempre
dissidente, perché le dittature sono di per sé antiestetiche, grottesche.
Praticare la bellezza è per i dittatori e i loro scagnozzi un atteggiamento
reazionario”.
Questa
bellezza contrastata e inquieta prorompe nei chiaroscuri delle pieghe del volto
della vecchia nel dipinto “Salomè” del Battistello, nella pelle levigata e
perlata di Venere contrapposta a quella del ruvido Satiro nell'opera di Pacecco
De Rosa, nella sensualità della spalla scoperta della mamma che assiste
all'orrore della morte del figlio nell'opera “La Strage degli innocenti” di
Stanzione, nella mano che,
nella copia dal Caravaggio de “L'incredulità
di San Tommaso”, scava feroce nel costato di
un Cristo
sereno e luminoso.
Con questa iniziativa, il comune di Casal
di Principe, “terra di punizione” già nel suo nome – che sembra derivi dal
casale dove, sul finire del XV secolo, quando era terra malsana e acquitrinosa,
era stato confinato il principe d'Ungheria per punirlo dell' attentato alla
vita del padre - si ribella a chi lo
vorrebbe
affossato per sempre, proponendo un nuovo modello
economico della conoscenza che coinvolge banche e imprese (quali Coop Italia, Unipol, Fondazione Unipolis, Banca Monte
Paschi di Siena, Aletheia, Centro Commerciale Campania), il mondo della cultura
e della politica (dagli Uffizi alla collaborazione con il Soroptimist
International d’Italia, l’Associazione Amici degli Uffizi, la Seconda
Università di Napoli e del Comitato don Peppe Diana).
Il percorso di rinascita è tutto in salita, come sottolinea Alessandro De lisi, responsabile culturale di "R-Rinascita", il progetto di start up sociali in cui si inserisce l'iniziativa: "Il un comune di ventimila abitanti, ben ottomila casalesi sono venuti a vedere la mostra" e poi aggiunge con ramamrico: "Siamo soddisfatti, si, ma solo parzialmente. Si vergognino quelli che non ci sono!".
Già Calvino ne “Le città invisibili”, invitava a non abbassare la guardia: “Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
Il percorso di rinascita è tutto in salita, come sottolinea Alessandro De lisi, responsabile culturale di "R-Rinascita", il progetto di start up sociali in cui si inserisce l'iniziativa: "Il un comune di ventimila abitanti, ben ottomila casalesi sono venuti a vedere la mostra" e poi aggiunge con ramamrico: "Siamo soddisfatti, si, ma solo parzialmente. Si vergognino quelli che non ci sono!".
Già Calvino ne “Le città invisibili”, invitava a non abbassare la guardia: “Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
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