Torna sulle scene
italiane “Il Prezzo” di Arthur Miller, opera che debuttò nel
nostro Paese nel lontano 1969, ora pubblicata nella sua prima
edizione italiana per la Einaudi con la traduzione di Masolino
D'Amico.
La pièce,
interpretata dalla Compagnia Orsini per la regia di Massimo
Popolizio, traccia il quadro di un'America post-crisi del '29,
espressione delle incertezze e delle aspirazioni del nostro tempo.
Il
sipario si apre su una pila di mobili accatastati alla rinfusa, in
cui si distingue una poltrona tappezzata con fiori rossi, un’arpa,
un tavolo di legno massiccio in verticale. Appartenevano ad un uomo
morto da più di dieci anni, ora devono essere stimati da un perito e
venduti, in fretta, dai suoi due figli, Victor e Walter, perché si
trovano in un edificio che deve essere demolito.
Sarà
la trattativa sul “prezzo” al quale liquidarli a fare emergere a
poco a poco i “valori” dei quattro personaggi dell’opera,
Victor, Esther, Walter e Solomon.
I
protagonisti, che si muovono in una scenografia domestica ridotta
all'essenziale (un lavandino, delle sedie, una poltrona, una scala
che porta ad un pianerottolo ed una porta che immette in un'altra
stanza), sono tutti tratteggiati con grande efficacia dagli
interpreti e dal regista.
Victor
(un eccellente Massimo Popolizio, che assomma i ruoli di attore e
regista) è un poliziotto di mezza età prossimo alla pensione, con
più dubbi che certezze, dal tono di voce medio, il passo
dinoccolato, testa china, occhi bassi, un po’ di pancetta.
Contraltare
di Victor è Esther (una focosa Alvia Reale), moglie dispotica ed
esasperata per la vita mediocre che le fa condurre. Sin dalla prima
scena, Esther irrompe con il passo deciso, sbraitando e battendo i
tacchi, sfoggiando un abito arancione sgargiante, l’abito nuovo,
segno del desiderio di una svolta sociale ed economica che tarda ad
arrivare: “l’unica cosa che conta è il denaro” dirà più
volte, sprezzante, al marito che annuisce a testa bassa. La
pensa come lei l’ebreo Solomon (un carismatico Umberto Orsini),
antiquario novantenne chiamato da Victor a stimare i beni del padre.
Solomon si presenta al pubblico con un soprabito usurato e una busta
di plastica con cibarie varie, è arguto, pungente, ironico e si
muove con agilità tra i mobili usati, con i quali mostra di avere
molta confidenza e distacco professionale, come chiarisce subito a
Victor: “con i mobili usati non si può essere sentimentali”.
Quando ormai questi tre personaggi sembrano cristallizzati
nei loro ruoli e Victor sta per definire la vendita dei mobili con
l'antiquario, irrompe Walter (un impetuoso Elia Schilton), con un colpo di
scena che dà una svolta inattesa agli eventi.
Walter viene ritratto come l'arrivista spregiudicato,
l’uomo del “sogno americano”, il prepotente che si è fatto da sé recidendo ogni
radice e ogni legame affettivo: meno dotato negli studi del fratello, si è lanciato nella scalata per il successo, divenendo un
chirurgo primario di tutto rispetto che vede più interessante fare quattrini
con gli anziani, divenendo proprietario di tre case di riposo, che accudire il
vecchio genitore. Cinico, impeccabile, perfetto, ben ritratto dagli occhiali
squadrati con una spessa montatura nera che ne rimarcano la spigolosità del
carattere, la giacca nera stretta in vita e lo sguardo torvo e diffidente,
calca i passi sulla scena sentendosi una divinità in persona, imponente e pieno
di sé. Ripiomba nella vita di Victor, dopo un silenzio decennale, per esprimere
un parere sul “prezzo” dei mobili paterni e lo fa per il semplice gusto di
esercitare ancora una volta il suo potere sul fratello e ridicolizzarlo per il
suo “spirito di apostolica abnegazione”, come lascia intendere la frase che,
sprezzante, dice a Solomon, dopo aver saputo a quali svantaggiose condizioni
Victor stava vendendo i mobili: “Ruba ai ciechi, tanto loro non se ne
accorgono”.
Walter rinuncia subito alla sua eredità su quei beni, privi
come sono, ai suoi occhi, di qualunque interesse, come evidenzia la scena,
emblematica, in cui Victor recupera entusiasta un vecchio remo di legno,
ricordo dell'adolescenza del fratello, per salvarlo dalla vendita e Walter lo
rifiuta, con una smorfia di sufficienza, così fotografando due opposte
concezioni della vita: per Victor fondata sui “valori”, per Walter sui
“prezzi”.
E così, tra i due fratelli, si susseguono feroci duelli
verbali di sciabola e fioretto, in un gioco al massacro che travolge il
pubblico in un vortice di rivelazioni, menzogne, momenti di ilarità, mentre
aleggia l'imminente distruzione dell'edificio, sottolineata dall'incalzare di
sinistri boati fuoricampo e dall'affievolirsi delle luci sulla scena.
"Il Prezzo" replica al teatro Argentina fino all' 8
novembre, va poi in tournée nelle maggiori città italiane
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