mercoledì 16 luglio 2014

"Mentre parliamo il tempo sarà già fuggito, come se ci odiasse ..." / 1


Ne L'attimo fuggente di Peter Weir, il professor John Keating, interpretato da Robin Williams, guida i propri allievi lungo un istruttivo itinerario: egli mostra agli studenti, nell'atrio della prestigiosa scuola privata che li ospita, le fotografie delle vecchie classi che si sono succedute nei decenni trascorsi; essi possono quindi osservare gruppi di centinaia di ragazzi e insegnanti; reclute, laureati; e belle speranze, e intenzioni; volti, atteggiamenti, sguardi, posture; il passato, recente o remoto, fissato dal nitido bianco e nero dei nitrati fotografici.
Keating, dietro a loro, come un bardo sapiente e amico sussurra: quello che vedete è passato, ma anche questo (noi!) passerà, sbrigatevi perciò, siate sinceri e cogliete l'attimo perché quello che vedete è passato, ma anche questo momento che viviamo passerà ... passerà veloce come un refolo improvviso e inafferrabile ...
Nel carpe diem oraziano (e di Lucrezio e Catullo) citato da Keating ognuno ravvede un invito a godersi la vita prima della morte, a decidere della propria esistenza senza curarsi dei soloni e dei benpensanti. Vero, ma tale invito si basa sul monito più antico della poesia occidentale: il memento mori, ovvero il ricordare, vivamente e acutamente, che anche una bellezza e una felicità godute in pieno svaniranno sotto l'imperio della Morte, figlia del Tempo.
Ecco perché le foto che il professore addita (all'inizio del film, si badi) donano a tutta la pellicola quel sottile tono struggente e nostalgico - un sentire diffuso che ne ha decretato il successo (al di là delle cadute finali nella commozione più facile).
Il tema del memento mori nella letteratura europea è costante; affiora prepotente nella letteratura classica, nel Medioevo, nel Seicento barocco e nel Romanticismo; deborda modernamente persino negli Stati Uniti con l'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, in cui ogni poesia è un epitaffio che riassume l'intera vita di un defunto nel cimitero dell'immaginario paese di Spoon River; non è inutile sapere che l'opera fu ispirata dal settimo volume dell'Antologia Palatina, sublime raccolta di epigrammi greci in quindici libri (ne abbiamo parlato a proposito di Paolo Silenziario; il settimo libro raccoglie gli epigrammi funerari e sepolcrali).
Irretito da Masters e dai Greci, mi ha punto la voglia di fare il Keating; vi presento, perciò, una serie di celebri carpe diem della poesia occidentale; fin qui nulla di nuovo. Li accompagno, però, con foto estive di attrici americane degli anni Venti (stars on the beach).
Chiederete: perché questo accostamento bislacco?
Rispondo: perché il cinema degli anni Venti in America (the silent cinema) fu una stagione felice, breve e quasi arcadica; giovane, elegante, ingenua, cosmopolita; uno sprazzo semplice e geniale in cui autori, registi, scenografi, attori e scrittori creavano storie al fine dichiarato d'intrattenere un pubblico vasto e popolare, naturalmente sollevati dalla preoccupazione per un gusto artistico alto e definito: come accadeva a Molière e Shakespeare, insomma.
E, soprattutto, il cinema muto appare oggi quale epoca assolutamente altra, un reperto straniero e irrecuperabile come la felice giovinezza; annientato dall'avvento del sonoro, esso è sopravvissuto in poche copie, negletto dalla critica, insidiato dalla corrosione; risalta alla nostra sensibilità come nostalgia per una perdita - una perdita di cui non sappiamo fissare i contorni o quantificare l'entità, ma che agisce insinuante nelle profondità sconosciute del cuore.
Queste immagini, come quelle di Keating, testimoniano di un mondo ormai dissolto, gioioso e vitale; ci sussurrano, come nelle parole del guerriero anglosassone:     

Come è fuggito il tempo, e come si è oscurato
Sotto il velo della notte, quasi non fosse mai esistito!  (glc)

Anita Page (Anita Evelyn Pomares, 1910-2008)

Kostantinos Kavafis

Stanno i giorni futuri innanzi a noi
Come una fila di candele accese
Dorate, calde e vivide.
Restano indietro i giorni del passato,
Penosa riga di candele spente:
Le più vicine danno fumo ancora
Fredde disfatte e storte.
Non le voglio vedere, m'accora il loro aspetto,
La memoria m'accora del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.
Non mi voglio voltare, ch'io non scorga, in un brivido,
Come s'allunga presto la tenebrosa riga,
Come crescono presto le mie candele spente.
Anonime bathing beauties

Ovidio

Scorre nascostamente e sparisce il fuggevole tempo
Bebe Daniels (Phyllis Virginia Daniels, 1901-1971) col marito Ben Lyon

François Villon

Ditemi dove, in che contrada
è Flora, la bella romana,
Alcibiade o Taide,
che fu sua cugina germana,
Eco che parla se la voce si rincorre
al di sopra di un fiume o su uno stagno,
la cui bellezza fu troppo più che umana.
Ma dove sono le nevi dell'altr'anno?

Dov'è la dottissima Eloisa,
per cui fu castrato e entrò in convento
Piero Abelardo a Saint Denis?
Per amor suo subì questo destino.
E dimmi ancora dov'è la regina,
quella che comandò che Buridano
fosse gettato nella Senna dentro un sacco?
Ma dove sono le nevi dell'altr'anno?

La regina Bianca come giglio
che cantava con voce di sirena,
Berta dal grande piede, Alice, Beatrice,
Erembourg che dominava tutto il Maine,
e la valorosa Giovanna di Lorena
che gli Inglesi bruciarono a Rouen,
dove sono, dove, Vergine sovrana?
Ma dove sono le nevi dell'altr'anno?

Principe, non chiedete oggi né domani
dove sono, né nel corso di quest'anno,
perché non vi rimandi al ritornello:

ma dove sono le nevi dell'altr'anno?
Gloria Swanson (Gloria May Josephine Swanson, 1899-1983) e Phyllis Haver (1899-1960)
William Shakespeare

Tempo divoratore, spunta gli artigli al leone
e costringi la terra a divorar la sua dolce prole,
strappa le zanne aguzze dalle fauci feroci della tigre
ed ardi nel suo sangue l’immortale fenice,

rendi pure nel tuo corso stagioni tristi e liete
e fa quello che vuoi, Tempo dal veloce passo,
al mondo intero e ai suoi effimeri piaceri:
ma il più atroce dei delitti io ti proibisco.

Non scolpire le tue ore sulla fronte del mio amore,
non segnarvi linee con la tua grottesca penna;
durante la tua corsa lascia che resti intatto
qual modello di bellezza agli uomini futuri.

Oppure scatenati, vecchio Tempo: contro ogni tuo torto,
il mio amore nei miei versi vivrà giovane in eterno.

Mack Sennett bathing beauties

Jorge Manrique

Cosa ne stato del re don Juan?
I principi di Aragona,
Cosa ne è stato?
Cosa è stato di tanta nobiltà,
cosa è stato delle tante mode
che portavano con sé?
Le giostre e i tornei,
paramenti, ricami,
e cimieri,
sono stati nient'altro che vento?
Cosa sono stati, se non erbe
del campo?
Clara Bow (Clara Gordon, 1905-1965)

Siracide
 Come foglie verdeggianti su un albero frondoso,
Alcune cadono e altre spuntano,
Così le generazioni di carne e sangue,
Una muore e l'altra nasce.


Constance Bennett (Constance Campbell Bennett, 1904-1965)
Omero 

Perché mi chiedi della mia stirpe, grande figlio di Tideo?
La stirpe degli uomini è come quella delle foglie:
Le foglie se alcune le getta a terra il vento,
Altre le genera la foresta rigogliosa,
E ritorna la stagione della primavera;
Così una stirpe d'uomini nasce e un'altra muore

Dolores Del Rio (Lolita Dolores Asunsolo, 1905-1983)

Virgilio


A ciascuno è dato il suo giorno, il tempo della vita
è breve e irreparabile per tutti
Dorothy MacKaill (1903-1980) e Jack Mulhall (1887-1979)

Ovidio

Mentre parlo l'ora fugge
Dorothy Sebastian (1903-1957) e Anita Page

Wilhelm Kindleben


Godiamo dunque, finché siamo giovani.
Dopo l'allegra gioventù,
dopo la scomoda vecchiaia
ci riceverà la terra!

Dove sono quelli che prima di noi furono nel mondo?
Andate verso i cieli
passate per gli inferi
dove ora stanno.

La nostra vita è breve, in breve finirà
arriva la morte rapidamente
ci porta via atrocemente
non risparmierà nessuno ...

Viva tutte le ragazze, disponibili, attraenti!
viva anche le donne
tenere, amabili,
buone, laboriose ...

Alla malora la tristezza, alla malora chi ci odia!
Dorothy Sebastian (1903-1957) e Joan Crawford (Lucille Fay LeSueur, 1904-1977)
 Ciro di Pers

Mobile ordigno di dentate rote
lacera il giorno e lo divide in ore,
ed ha scritto di fuor con fosche note
a chi legger le sa: sempre si more.

Mentre il metallo concavo percuote,
voce funesta mi risuona al core;
né del fato spiegar meglio si puote
che con voce di bronzo il rio tenore.

Perch’io non speri mai riposo o pace,
questo, che sembra in un timpano e tromba,
mi sfida ognor contro all’etá vorace.

E con que’ colpi onde ’l metal rimbomba,
affretta il corso al secolo fugace,
e perché s’apra, ognor picchia alla tomba.
Eleanor Boardman (1898-1991) in pausa sul set

Christopher Marlowe
 Vieni, vivi con me e sii il mio Amore,
tutti i piaceri proveremo
che campi e colli e vallette e valli
donano e i boschi e i rapidi pendii.
E sopra le rocce siederemo;
vedremo i pastori pascolar gli armenti
ai rivi trasparenti e cascatelle
cantan madrigali melodici uccelli.

Ed io ti farò un letto di rose
e mille fragranti mazzetti;
e un berretto di fiori, e un mantello
tutto con foglie di mirto ricamato.

Una gonna di finissima lana
che toseremo dai nostri vaghi agnelli;
per il freddo pantofole imbottite,
con fermagli d'oro purissimo.

Una cintura di paglia e di gemme d'edera
bottoni d'ambra e fibbie di corallo;
e se sei attratta da tali delizie,
vieni, vivi con me e sii il mio Amore.

I pastorelli amanti canteran danzando
per tuo diletto ogni mattino a Maggio:
e se queste delizie allettano la tua mente
allora vivi con me e sii il mio Amore.

Esther Ralston (Esther Worth, 1902-1994)

Omero


Gli rispose Apollo, il dio che mira lontano:
"Scuotitore della terra, tu diresti che non sono sano di mente
Se, insieme con te, combattessi per quei miseri uomini
Che, simili alle foglie,
Un giorno, pieni di vita, mangiano i frutti dei campi
E il giorno dopo sono morti e consunti.
Presto, lasciamo la battaglia: che combattano da soli!"
Janet Gaynor (Laura Augusta Gaynor, 1906-1984)

Orazio


Mentre parliamo il tempo sarà già fuggito, come se ci odiasse:
cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel domani.
Lila Lee (Augusta Wilhelmena Fredericka Appel, 1901-1973)

Aristofane


Uomini nati nel buio della vostra vita,
Simili alla stirpe caduca delle foglie,
Esseri fragili, impasto di fango,
Vane figure d'ombra
Senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno,
Date ascolto a noi: immortali e sempre viventi,
Creature del cielo,
Ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri
Louise Brooks (1906-1985) e Nancy Phillips

Ciro di Pers


Poca polve inquieta, a l'onda, ai venti
tolta nel lido e 'n vetro imprigionata,
de la vita il cammin, breve giornata,
vai misurando ai miseri viventi.

Orologio molesto, in muti accenti
mi conti i danni de l'età passata,
e de la Morte pallida e gelata
numeri i passi taciti e non lenti.

Io non ho da lasciar porpora ed oro:
sol di travagli nel morir mi privo;
finirà con la vita il mio martoro.

Io so ben che 'l mio spirto è fuggitivo,
che sarò come tu, polve, s'io mòro,
e che son come tu, vetro, s'io vivo.
Mabel Normand (Mabel Ethelreid Normand, 1892-1930)

Andrew Marvell

Sol che avessimo mondo e tempo sufficienti,
questo pudor, signora, non sarebbe delitto.
Assisi, penseremmo dove passeggiare
e trascorrere il nostro lungo giorno d’amore.
Tu sulla sponda dell’indiano Gange
rubini troveresti; io presso la corrente
del Humber mi dorrei. Io v’amerei
per ben dieci anni prima del Diluvio;
e voi ricusereste, se v’aggrada,
fino alla conversione degli ebrei.
Il mio amor vegetale crescerebbe
più vasto degli imperi, e più lento.
Cent’anni se n’andrebbero a lodare
gli occhi tuoi, e a contemplare la tua fronte,
duecento ad adorare ciascuno dei tuoi seni;
ma trentamila anni per il resto.
Per ogni parte per lo meno un secolo,
e l’ultimo dei secoli mostrerebbe il tuo cuore.
Ché, signora, voi siete degna di tanto onore,
ed io non v’amerei per minor prezzo.
Ma alle mie spalle odo continuamente
l’alato cocchio del tempo che rapido s’approssima:
e là tutto dinnanzi a noi si stendono
deserti di vasta eternità.
Più non si troverà la tua bellezza,
né più, nella tua tomba marmorea, risuonerà
il mio canto echeggiante; allora i vermi metteranno a prova
quella verginità sì a lungo preservata,
ed il tuo onore schivo si cangerà in polvere,
ed in cenere tutta la mia brama.
È la tomba una bella e segreta stanza,
ma nessuno, ch’io sappia, ivi si abbraccia.
Ora dunque, finché il color giovanile
posa sulla tua pelle al pari di rugiada mattutina,
e finché la tua anima vogliosa traspira
ad ogni poro pertinaci fuochi,
ora prendiam diletto fin tanto che possiamo;
ora, quali amorosi uccelli rapaci,
divoriamo ad un tratto il nostro tempo
piuttosto che languire nelle sue lente fauci.
Ravvolgiamo ogni nostra forza e ogni
nostra dolcezza in un unico globo;
ed avventiamo i nostri piaceri con rude violenza
oltre i ferrei cancelli della vita.
Così, sebbene non possiamo indurre il nostro sole
a star fermo, almeno lo faremo correre.
May McAvoy (1899-1984)

Fëdor Ivanovič Tjutčev

Stiano alti tutto l'inverno
I pini e gli abeti,
E di neve e bufere
Dormano avvolti
Il loro scarno verde,
Come gli aghi di un riccio,
Se mai non ingiallisce,
Pure non è mai fresco.
Noi, popolo lieve,
Fioriamo e splendiamo
E solo per breve tempo
Siamo ospiti dei rami.
Tutta la splendida estate
Siamo state in bellezza,
Abbiamo giocato coi raggi,
Immerse nella rugiada.
Ma è finito il canto degli uccelli,
E i fiori sono sfioriti,
Più pallidi sono i raggi,
E gli zefiri sono lontani.
Perché dunque invano pendere e ingiallire?
Non è forse meglio per noi
Volar via con i venti?
O venti furiosi,
Più veloci, più veloci,
Più veloci strappateci via
Dai rami noiosi!
Strappateci, portateci via,
Non vogliamo aspettare.
Volate, volate
Voleremo con voi.
Norma (1894-1957) e Constance Talmadge (Constance Alice Talmadge, 1898-1973)

Virgilio

Ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo
Sally Blane (Elizabeth Jane Young, 1910-1997), Louise Brooks e Nancy Phillips, 1927

Walter Raleigh

Se il mondo e l’amore fossero giovani, 
E tutti i pastori fossero sinceri, 
Queste incantevoli delizie potrebbero convincermi 
A vivere con te ed essere l’amor tuo.
Il tempo caccia le greggi dal pascolo, 
Quando i fiumi s’ingrossano e i massi diventano freddi; 
E Filomele si ammutisce; 
Ed è tutto un lamento per le pene a venire.
I fiori appassiscono e l’abbondanza dei campi
Paga il conto all’inverno ostinato;
Parole docili e cuore amaro, 
Amor di primavera e pena d’autunno.
I tuoi abiti, le tue scarpe, i tuoi letti di rose,
Le tue acconciature, le tue gonne e i tuoi mazzolini, 
Son presto disfatti, appassiti e dimenticati, 
Maturi quando si è sciocchi, e putridi quando ci si ragiona.
Né la tua cintura di paglie ed edera, 
Né i tuoi ornamenti di corallo ed ambra, 
Né nulla ti tutto ciò mi convincerà 
A venire con te ed esser l’amor tuo.
Ma se la gioventù potesse durare e l’amore prosperare, 
Se la gioia non conoscesse data, o età o bisogno, 
Allora queste delizie potrebbero convincermi 
A vivere con te ed esser l’amor tuo.
Festa dai Talmadge. Parata di stelle.
In alto, da sinistra a destra: Fatty Arbuckle, Mae Murray, ?, Virginia Valli, Ronnie Colman, Bessie Love, Jack Pickford, Rudolph Valentino, Pola Negri.
A mezzo: ?, Alfred E. Green, Louella Parsons, Peg Talmadge, Hedda Hopper, Carmel Myers, ?, Bert Lytell, ?Richard Barthelmess, Constance Talmadge, Beatrice Lillie, ?,?,?,?, Agnes Ayres, ?, ?, ?, Marquis Henri De La Falaise, Marshall Neilan, Howard Hughes, ?
In basso: Antonio Moreno, David Mdivani, Charles Lane, Edmund Goulding, ?, ?, Harry D'abbadie D'Arrast, ?, ?, ?, ?, ?, ?, ?, ?, ?, Blanche Sweet

Severino Boezio

La Morte gli alteri petti e
Gli umili insieme involve;
China ogni altezza, e torna in riso il pianto.
Dov'è ora il fedele Fabrizio; dove
Giacciono le ossa e la polvere
Di Bruto, e del severo Catone?
Un piccolo ciottolo, e poca terra,
tanto valore ormai copre ...
Vilma Banky (Vilma Lonchit, 1898-1992).

Anonimo Anglosassone

Dov'è il cavallo? Dove l'eroe? E dove
Colui che dispensava ricchezze? Dove sono
Gli scanni del banchetto, la gioia della festa nelle sale?
Ah, splendida coppa! Guerriero in armi! Maestà del principe!
Come è fuggito il tempo, e come si è oscurato
Sotto il velo della notte, quasi non fosse mai esistito! 
Virginia Warwick, Harriet Hammond, Phyllis Haver, 1918

James Joyce

Un leggero picchiare sui vetri lo fece girare verso la finestra. Aveva ricominciato a nevicare. Osservò assonnato i fiocchi, argentei e scuri, cadere obliquamente contro il lampione. Era tempo per lui di mettersi in viaggio verso occidente. Sì, i giornali avevano ragione: nevicava in tutta l'Irlanda. La neve cadeva su ogni punto dell'oscura pianura centrale, sulle colline senza alberi, cadeva lenta sulla palude di Allen e, più a ovest, sulle onde scure e tumultuose dello Shannon. Cadeva anche sopra ogni punto del solitario cimitero sulla collina dove era sepolto Michael Furey. Si ammucchiava fitta sulle croci contorte e sulle lapidi, sulle punte del cancelletto, sui roveti spogli. La sua anima si dissolse lentamente nel sonno, mentre ascoltava la neve cadere lieve su tutto l'universo, come la discesa della loro ultima fine, su tutti i vivi e su tutti i morti.

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