L'edilizia selvaggia schianta un paesaggio medioevale a Tor Chiesaccia, sulla Laurentina, a Roma ("Oh Roma, patria mia, città dell'anima!") La speculazione edilizia è un bel libro di Italo Calvino, 1963. Il protagonista, schiacciato dalle tasse (patrimoniali straordinarie, di successione), decide per una speculazione edilizia sui terreni paterni, avvalendosi delle prestazioni d'un costruttore di dubbia reputazione, Caisotti.
La vicenda è ambientata presso una indefinibile riviera ligure. Intrighi, sotterfugi, burocrazia, corruzione, e va bene. Ma il libro vale poiché vi risalta un inventario della fauna italiana in piena trasformazione da benessere: una generazione di arricchiti (d'ogni ceto), pronta a svendere (di fatto e ideologicamente) il proprio paese millenario per una manciata di granaglie. Ecco una descrizione tratta dal libro, degna di un grande antropologo. Vi prego d'annotare mentalmente la chiosa finale (a cominciare da 'eppure'), sorta di profezia sulla futura catastrofe politica della nazione: "Ormai a *** i ricchissimi venivano solo di passata, in corsa tra un casinò e l'altro, e nello stesso modo veloce ci venivano gli operai delle grandi industrie, in lambretta, a ferragosto, con le mogli in pantaloni cariche dello zaino sul sedile posteriore, a fare il bagno stipati nelle esigue strisce di spiaggia ... più a lungo si fermava l'esercito sterminato delle dattilografe e impiegate contabili in shorts che occupava le pensioni locali con dietro il codazzo della gioventù studiosa o ragioniera, gloria dei dancings ... La colonia stabile di *** era costituita da quel ceto medio-borghese ... abitatore d'agiati appartamenti nelle proprie città e che qui tale e quale si riproduceva (un po più in piccolo; si sa, si e al mare) gli stessi appartamenti negli stessi enormi isolati residenziali e la stessa vita automobilistico-urbana ... Era una folta Italia in tailleur, in doppiopetto, l'Italia ben vestita e ben carrozzata, la meglio vestita popolazione d'Europa, quale contrasto per le vie di *** con le comitive goffe e antiestetiche dei tedeschi inglesi svizzeri olandesi e belgi in vacanza collettiva, donne e uomini di variegata bruttezza, con certe brache al ginocchio, coi calzini nei sandali o con le scarpe sui piedi nudi, certe vesti stampate a fiori, certa biancheria che sporge, certa carne bianca e rossa, sorda al buon gusto e all'armonia anche a cambiar colore ... Eppure, a incrinare la facile alterigia dell'italiano ben messo ... Affiorava il senso severo delle democrazie del nord, il sospetto che in quelle ineleganti vacanze si muovesse qualcosa di più solido, di meno provvisorio, civiltà abituate a concludere di più, il sospetto che ogni nostra ostentazione di prosperità non fosse che una facile vernice sull'Italia dei tuguri montani e suburbani, dei treni d'emigranti, delle pullulanti piazze di paesi nerovestiti ..." |
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