Ne L'attimo fuggente di Peter Weir, il professor John Keating, interpretato da Robin Williams, guida i propri allievi lungo un istruttivo itinerario: egli mostra agli studenti, nell'atrio della prestigiosa scuola privata che li ospita, le fotografie delle vecchie classi che si sono succedute nei decenni trascorsi; essi possono quindi osservare gruppi di centinaia di ragazzi e insegnanti; reclute, laureati; e belle speranze, e intenzioni; volti, atteggiamenti, sguardi, posture; il passato, recente o remoto, fissato dal nitido bianco e nero dei nitrati fotografici.
Keating, dietro a loro, come un bardo sapiente e amico sussurra: quello che vedete è passato, ma anche questo (noi!) passerà, sbrigatevi perciò, siate sinceri e cogliete l'attimo perché quello che vedete è passato, ma anche questo momento che viviamo passerà ... passerà veloce come un refolo improvviso e inafferrabile ...
Nel carpe diem oraziano (e di Lucrezio e Catullo) citato da Keating ognuno ravvede un invito a godersi la vita prima della morte, a decidere della propria esistenza senza curarsi dei soloni e dei benpensanti. Vero, ma tale invito si basa sul monito più antico della poesia occidentale: il memento mori, ovvero il ricordare, vivamente e acutamente, che anche una bellezza e una felicità godute in pieno svaniranno sotto l'imperio della Morte, figlia del Tempo.
Ecco perché le foto che il professore addita (all'inizio del film, si badi) donano a tutta la pellicola quel sottile tono struggente e nostalgico - un sentire diffuso che ne ha decretato il successo (al di là delle cadute finali nella commozione più facile).
Il tema del memento mori nella letteratura europea è costante; affiora prepotente nella letteratura classica, nel Medioevo, nel Seicento barocco e nel Romanticismo; deborda modernamente persino negli Stati Uniti con l'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, in cui ogni poesia è un epitaffio che riassume l'intera vita di un defunto nel cimitero dell'immaginario paese di Spoon River; non è inutile sapere che l'opera fu ispirata dal settimo volume dell'Antologia Palatina, sublime raccolta di epigrammi greci in quindici libri (ne abbiamo parlato a proposito di Paolo Silenziario; il settimo libro raccoglie gli epigrammi funerari e sepolcrali).
Irretito da Masters e dai Greci, mi ha punto la voglia di fare il Keating; vi presento, perciò, una serie di celebri carpe diem della poesia occidentale; fin qui nulla di nuovo. Li accompagno, però, con foto estive di attrici americane degli anni Venti (stars on the beach).
Chiederete: perché questo accostamento bislacco?
Rispondo: perché il cinema degli anni Venti in America (the silent cinema) fu una stagione felice, breve e quasi arcadica; giovane, elegante, ingenua, cosmopolita; uno sprazzo semplice e geniale in cui autori, registi, scenografi, attori e scrittori creavano storie al fine dichiarato d'intrattenere un pubblico vasto e popolare, naturalmente sollevati dalla preoccupazione per un gusto artistico alto e definito: come accadeva a Molière e Shakespeare, insomma.
E, soprattutto, il cinema muto appare oggi quale epoca assolutamente altra, un reperto straniero e irrecuperabile come la felice giovinezza; annientato dall'avvento del sonoro, esso è sopravvissuto in poche copie, negletto dalla critica, insidiato dalla corrosione; risalta alla nostra sensibilità come nostalgia per una perdita - una perdita di cui non sappiamo fissare i contorni o quantificare l'entità, ma che agisce insinuante nelle profondità sconosciute del cuore.
Queste immagini, come quelle di Keating, testimoniano di un mondo ormai dissolto, gioioso e vitale; ci sussurrano, come nelle parole del guerriero anglosassone:
Come è fuggito il tempo, e come si è oscurato
Sotto il velo della notte, quasi non fosse mai esistito! (glc)
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Anonime bathing beauties Ovidio Scorre nascostamente e sparisce il fuggevole tempo |
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Gloria Swanson (Gloria May Josephine Swanson, 1899-1983) e Phyllis Haver (1899-1960) |
William Shakespeare
Tempo divoratore, spunta gli artigli al leone
Tempo divoratore, spunta gli artigli al leone
e costringi la terra a divorar la sua dolce prole,
strappa le zanne aguzze dalle fauci feroci della tigre
ed ardi nel suo sangue l’immortale fenice,
rendi pure nel tuo corso stagioni tristi e liete
e fa quello che vuoi, Tempo dal veloce passo,
al mondo intero e ai suoi effimeri piaceri:
ma il più atroce dei delitti io ti proibisco.
Non scolpire le tue ore sulla fronte del mio amore,
non segnarvi linee con la tua grottesca penna;
durante la tua corsa lascia che resti intatto
qual modello di bellezza agli uomini futuri.
Oppure scatenati, vecchio Tempo: contro ogni tuo torto,
il mio amore nei miei versi vivrà giovane in eterno.