giovedì 3 novembre 2011

Kapuscinski, umanità e tolleranza


Quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sul libro In viaggio con Erodoto, di Ryszard Kapuscinski (Feltrinelli 2005, pp.259), ho pensato subito a quale ‘cappello’ avrei indossato. Quello del viaggiatore appassionato, in cerca di riscontri, analogie e differenze fra le mie opinioni personali e quelle riportate dall’autore su alcuni dei tanti Paesi descritti nel libro? Oppure quello legato ai (lontani) ricordi di studente del liceo classico, con la grammatica greca sul banco e un’antologia di autori del periodo ellenistico nel consunto zaino, già messo a dura prova dal trasporto del tomo I miti greci, di R. Graves (Longanesi 1954, pp.720)? O, ancora, avrei usato più semplicemente il ‘cappello’ del lettore avido di racconti di viaggio, mettendo a confronto lo scrittore e giornalista – ha lavorato per oltre 30 anni come corrispondente estero dell’agenzia di stampa polacca Pap – con stile, dialettica e capacità descrittive dei vari Chatwin, Hemingway, London, Theroux, Terzani, Goethe, ecc.?
Poi, riflettendo sul fatto che il libro ospita un ampio territorio, che va dalla cortina di ferro dell’Est europeo alle rivolte anticolonialiste e religiose asiatiche, africane e mediorientali degli anni ’50-70, mi sono reso conto di aver individuato un fil rouge: l’umanità e la tolleranza.
Pur affiancando i cruenti resoconti di Erodoto della guerra greco-persiana a quelli altrettanto sanguinosi verificatisi di volta in volta in Somalia, Iran, Uganda, Indonesia, Laos… dalle pagine mirabilmente narrate da Kapuscinski emergono un’umanità grandissima e uno spiccato amore per la tolleranza o, se preferite, un’inappellabile condanna dell’intolleranza verso l’altro, il diverso.
Per comprendere meglio l’importanza e il significato di scegliere l’opera di Erodoto come compagna di viaggi, piuttosto che un altro libro o un altro autore, mi sono tornate in mente le parole contenute nel proemio dello storico di Alicarnasso, l’attuale Bodrum, in Turchia:
Questa è l'esposizione della ricerca di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani non svaniscano con il tempo (. . .) in particolare egli ricerca per quale ragione greci e barbari combatterono tra di loro”.
Perché scoppia una guerra e perché miete tante vittime, indipendentemente dal colore della pelle e dalla professione di fede politica o religiosa? Perché nel cosiddetto Terzo Mondo continuamente si susseguono rivolte democratiche e legittime lotte per l’indipendenza e la libertà, senza che esse sfocino in una pace e in una stabilità durature? Questa e mille altre sembrano essere le domande, probabilmente senza risposta, che hanno accompagnato la lunga ‘ricerca’ di un corrispondente di guerra suo malgrado, un uomo instancabile e mai dimentico delle sue povere origini, vissute sul finire di una guerra che ha martoriato il suo Paese.
Colui che si ritrova quasi per caso a soddisfare un desiderio indicibile – “vorrei tanto varcare una frontiera” – ed entrando per la prima volta, a Roma, in un negozio occidentale, scopre che le commesse rimangono sempre in piedi e dicono “Grazie!” anche ai clienti che non comprano; oppure il timoroso viaggiatore, che si rifiuta di prendere il risciò a New Delhi per rispetto verso le miserie di una moltitudine dignitosa, è lo stesso uomo a cui, nel 2006, pochi mesi prima di morire, l’Università di Udine conferisce una laurea honoris causa in traduzione e mediazione culturale, riconoscendo il lavoro, svolto senza strilli e fanfare, al servizio della pace e della solidarietà umana.
G.M.

3 commenti:

  1. Felice di leggere qualcosa di nuovo sull'ultima lettura del gruppo, Kapuscinski evidentemente non lascia indifferenti e spinge a comunicare. Con questo non intendo che le altre letture invece ... Ma forse K. entra talmente nel "territorio" delle domande essenziali che resta arduo non partecipare a un tentativo di risposta. In realtà più che la risposta, sono già le domande, la cura; quasi un vaccino?

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  2. Mi fa piacere aggiungere al commento di G.M. la seguente intervista a Kapuscinski (segnalata da Stella)

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  3. PROFESSIONE VAGABONDO

    Non riesco a postare l'intera intervista, mi viene rifiutata e non so come fare. Segnalo i termini per leggerla per intero. Espresso del 29 giugno 2006, l'intervista è di Wlodek Goldkorn, e questo è l'inizio:
    “Ci si mette in viaggio a causa di una tragedia, o perché travolti da un’insana passione. Ma andare altrove serve a scoprire gli altri. E se stessi”. Parola del massimo reporter vivente, Ryszard Kapuscinski, che nel suo nuovo libro Autoritratto di un reporter racconta la sua “folle” passione per il viaggio e per la scoperta dell’altro attraverso la professione giornalistica.
    “Ci si mette in cammino per fuggire dalla fame, dalla peste, dalla guerra, per cercare la sicurezza altrove”.

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