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Balthus, Il gatto nel Mediterraneo |
Prima o poi qualcuno si deciderà a raccontare
la storia della letteratura moderna come storia di una sconfitta. Una
capitolazione progressiva che vede l'artista sempre più emarginato dal ritmo
pulsante dei secoli, dagli onori, dai monumenti più duraturi del bronzo, dalle
acclamazioni dei re o dei signori, dal ruolo di creatori dello spirito dei
popoli.
A quando data l'inizio di questa parabola implacabile?
A quando data l'inizio di questa parabola implacabile?
In un post che parlava di tutt'altro (ma in
realtà parlava anche di questo poiché tutto si collega a tutto) abbiamo
presentato un brano de Il Novellino,
una raccolta duecentesca di brevi apologhi; in esso un giovane interroga due
individui. Ecco il primo:
“Uno, che
aveva il cuore più ardito e la faccia più tranquilla, si fece avanti ...”
Ardito, sereno, sicuro del proprio ruolo
sociale. È un mercante, molto ricco. Si è fatto strada da solo, ci tiene a
precisarlo, non deve nulla a nessuno.
Poi, il secondo:
“Una
persona d’aspetto nobile che aveva una faccia timorosa e stava più indietro che
l’altro. Non così arditamente disse ...”
Questo è un re, ma un re timoroso, uno
sconfitto. Il Novellino parteggia per il re; il Novellino è legato al Medioevo,
alla monarchia feudale, all’elaborazione poetica delle corti, a un mondo
libresco e pre-scientifico, legato ancora a una visione simbolica e fiabesca
della realtà.