Ecco una seconda poesia di Joy Harjo. Se la poesia precedente,
Photo Credit: Karen Kuehn |
Per Harjo i nativi che vorranno abitarvi non potranno prescindere dalla consapevolezza delle proprie radici tribali e dalla necessità di superare tanto i torti subiti che gli errori compiuti.
Prendendo forza dagli astri la piccola Desiray dovrà costruirsi da sola la propria mappa, senza farsi deviare dalle lusinghe consumistiche intorno a sé, per riconnettersi alla storia della sua gente e rinsaldare il legame tra le generazioni.
JOY HARJO
Una mappa per il prossimo mondo
per Desiray Kierra Chee
Negli ultimi giorni del quarto mondo ho voluto tracciare una mappa per chi si sarebbe arrampicato attraverso il buco nel cielo.
I miei soli strumenti erano i desideri degli umani via via che emergevano da campi di morte, camere da letto e cucine.
Perché l’anima è una vagabonda con tante mani e piedi.
La mappa deve essere di sabbia e non si legge con una luce qualunque.
Deve portare il fuoco alla città tribale vicina, per rinnovare lo spirito.
Deve portare il fuoco alla città tribale vicina, per rinnovare lo spirito.
Nella legenda ci sono istruzioni sulla lingua della nostra terra, come fu che dimenticammo di riconoscere il dono, come non lo abitassimo o non ne facessimo parte.
Attenzione al moltiplicarsi di supermercati e centri commerciali,
altari del denaro. Il segno più evidente dell'allontanamento dalla grazia.
Tieni nota degli errori della nostra smemoratezza; la nebbia ci ruba i figli mentre dormiamo.
Fiori di rabbia spuntano dalla depressione. Ne nascono mostri di furia nucleare.
Alberi di cenere dicono addio all'addio e la mappa sembra scomparire.
Non conosciamo più i nomi degli uccelli, né come parlare
loro chiamandoli per nome.
Un tempo sapevamo tutto in questa lussureggiante promessa.
Ciò che ti dico è vero ed è stampato in un avviso
sulla mappa. La nostra smemoratezza ci insegue, percorre la terra dietro di noi, lasciando una scia di pannolini, siringhe e sangue sprecato.
sulla mappa. La nostra smemoratezza ci insegue, percorre la terra dietro di noi, lasciando una scia di pannolini, siringhe e sangue sprecato.
Dovremo accontentarci di una mappa imperfetta, piccola mia.
Si entra dal mare del sangue di tua madre, dalla piccola morte di tuo padre che non vede l'ora di riconoscersi in qualcun altro.
Non c’è uscita.
La mappa si può interpretare attraverso la parete dell’intestino – una spirale sulla via della conoscenza.
Viaggerai attraverso la membrana della morte, sentirai odore di cucina dall’accampamento dove i nostri parenti banchettano con carne fresca di cervo e zuppa di mais, nella Via Lattea.
Non ci hanno mai lasciato, li abbiamo abbandonati noi in nome della scienza.
E al tuo prossimo respiro mentre entriamo nel quinto mondo
non ci sarà nessuna X, nessuna guida con parole da portare con te.
Dovrai navigare seguendo la voce di tua madre, rinnovare la canzone che sta cantando.
Dai pianeti balugina nuovo coraggio.
E illumina la mappa impressa col sangue della storia, una mappa che riuscirai a conoscere, se lo vorrai, dalla lingua dei soli.
Quando emergerai rintraccia le orme degli sterminatori di mostri, là dove sono entrati nelle città di luce artificiale e hanno ucciso ciò che ci stava uccidendo.
Vedrai dirupi rossi. Sono il cuore, contengono la scala.
Un cervo bianco ti accoglierà quando l’ultimo umano si isserà dalle rovine.
Ricorda il buco della vergogna che segna l’atto dell'abbandono dei nostri territori tribali.
Non siamo mai stati perfetti.
Eppure, il viaggio che facciamo insieme è perfetto su questa terra, che un tempo era una stella e ha fatto gli stessi errori degli umani.
Li potremmo rifare, ha detto lei.
Cruciale per trovare la strada è questo: non c’è inizio né fine.
Devi farti da sola la tua mappa.
(Traduzione di Maria Adelaide Basile, Marta Izzi, Giselda Mantegazza, Fiorenza Mormile, Anna Maria Rava, Anna Maria Robustelli, Paola Splendore, Jane Wilkinson).
JOY HARJO
A Map to the Next World
for Desiray Kierra Chee
In the last days of the fourth world I wished to make a map for
those who would climb through the hole in the sky.
My only tools were the desires of humans as they emerged
from the killing fields, from the bedrooms and the kitchens.
For the soul is a wanderer with many hands and feet.
The map must be of sand and can’t be read by ordinary light. It
must carry fire to the next tribal town, for renewal of spirit.
In the legend are instructions on the language of the land, how it was we forgot to acknowledge the gift, as if we were not in it or of it.
Take note of the proliferation of supermarkets and malls, the
altars of money. They best describe the detour from grace.
Keep track of the errors of our forgetfulness; the fog steals our
children while we sleep.
Flowers of rage spring up in the depression. Monsters are born
there of nuclear anger.
Trees of ashes wave good-bye to good-bye and the map appears to disappear.
We no longer know the names of the birds here, how to speak to them by their personal names.
Once we knew everything in this lush promise.
What I am telling you is real and is printed in a warning on the
map. Our forgetfulness stalks us, walks the earth behind us,
leaving a trail of paper diapers, needles, and wasted blood.
An imperfect map will have to do, little one.
The place of entry is the sea of your mother’s blood, your father’s small death as he longs to know himself in another.
There is no exit.
The map can be interpreted through the wall of the intestine — a spiral on the road of knowledge.
You will travel through the membrane of death, smell cooking
from the encampment where our relatives make a feast of fresh deer meat and corn soup, in the Milky Way.
They have never left us; we abandoned them for science.
And when you take your next breath as we enter the fifth world
there will be no X, no guidebook with words you can carry.
You will have to navigate by your mother’s voice, renew the song she is singing.
Fresh courage glimmers from planets.
And lights the map printed with the blood of history, a map you
will have to know by your intention, by the language of suns.
When you emerge note the tracks of the monster slayers where they entered the cities of artificial light and killed what was killing us.
You will see red cliffs. They are the heart, contain the ladder.
A white deer will greet you when the last human climbs from the destruction.
Remember the hole of shame marking the act of abandoning our tribal grounds.
We were never perfect.
Yet, the journey we make together is perfect on this earth who was once a star and made the same mistakes as humans.
We might make them again, she said.
Crucial to finding the way is this: there is no beginning or end.
You must make your own map.
(from How We Became Human: New and Selected Poems:1975-2001 by Joy Harjo. Copyright © 2002 by Joy Harjo)
Si ringrazia l’autrice per avere autorizzato la riproduzione del testo originale.