Maria Vayola
I segreti di Wild River è un film che si presenta come un thriller e che al suo interno contiene ben più di una trama tesa all'individuazione dei colpevoli di un omicidio.
Lo sceneggiatore e regista, Taylor Sheridan, ha voluto con questo film chiudere la sua trilogia sulla frontiera, dopo Sicario, ambientato al confine con il Messico e Hell or High Water ambientato in Texas ( di questi due ne è stato solo lo sceneggiatore) ha dislocato il suo film in una riserva indiana, individuando una "frontiera" che non è più limite, fisico e metaforico, da superare, ma ristagno di problematiche sociali e di marginalità estreme.
Una ragazza nativa americana della riserva di Wild River in Wyoming viene ritrovata morta per assideramento dopo essere scappata da una violenza di gruppo . Trova il suo corpo Cory Lambert, un cacciatore di animali predatori che mettono a repentaglio gli allevamenti della zona. La ragazza è la figlia di un suo amico, e, se ce ne fosse bisogno, ravviva il suo dolore per la perdita di sua figlia avvenuta in circostanze analoghe. La vittima è un "indiana" e la sua morte non interessa: è una delle tante donne native scomparse senza che gli apparati giudiziari se ne siano mai preoccupati, non esiste neanche una statistica che ne segnali il numero, a differenza delle altre donne americane. Per risolvere il caso viene mandata dall' FBI una agente di primo pelo, inesperta anche se determinata a fare il suo lavoro che chiederà a Cory di aiutarla nelle indagini.
La riserva è un luogo isolato e abbandonato dalle istituzioni, stretto tra monti perennemente innevati e battuto da tempeste di neve e da un freddo feroce. La vita lì non ha speranze di crescita, droga e violenza suppliscono la mancanza di aspettative e una coabitazione tra nativi e bianchi riproduce spesso le contraddizioni mai risolte del razzismo americano. A questo quadro di desolazione non corrisponde un adeguato apparato che riesca a contenere e indirizzare socialmente il disagio degli abitanti della riserva che, privati della loro identità culturale, inseriti in un contesto naturale estremo, non riescono tutti a costruirsi una vita di relazioni sane e autentiche, alcuni soccombono a un abbrutimento senza speranza di riscatto.
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Il film, dotato sia di una sottile ironia che di una giusta dose di cinismo, ha la forza lenta dei vasti paesaggi innevati, delle foreste coperte da un bianco assordante e gelido, la potenza di personaggi autentici contro la pochezza e la vigliaccheria di coloro che risolvono il loro disagio con la prevaricazione e la violenza sugli gli altri quando questi si trovano indifesi.
Ha l'impronta della cinematografia western "revisionista", Cory rappresenta l'eroe, quello vero, che sfida la natura conscio della sua inferiorità, che sopporta il dolore della vita con compostezza e forza di carattere, che non si compromette con la meschinità e si prende i rischi della ricerca della giustizia, quella naturale e umana, non costruita; moderno cowboy o indiano ( i due modelli hanno finito per assimilarsi uno all'altro quando alla base è l'onestà intellettuale ad avere la meglio) cavalca la moto slitta in terre estreme allo scopo di affermare un senso della vita che riconosca i valori di una umanità empatica e carica di rispetto per ogni essere che faccia parte della natura, ma anche la volontà di preservarla a tutti i costi da chi sembra avere solo un arrogante spirito distruttivo.
"Mi sento di voler combattere contro tutto il mondo. Tu non sai cosa sia…”
“Sì. Ma ho deciso di combattere questa sensazione. Perché so che il mondo vincerebbe”.
“Qui da noi – la ammonisce lo sceriffo – quando fa bel tempo, in piena estate, ci sono trenta centimetri di neve”.
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