venerdì 13 aprile 2018

Poesia dagli USA: Akbar, Boruch e Zarin. Il laboratorio di traduzione di Monteverdelegge ne presenta tre testi e un’intervista sul fare e insegnare poesia.




Fiorenza Mormile

Su “Poesia” in edicola (Aprile, n. 336) è uscito l’articolo Tre poeti americani che riporta testi di Kaveh Akbar, Marianne Boruch e Cynthia Zarin nelle versioni  del Laboratorio di traduzione di Monteverdelegge.
Riportiamo qui una poesia per autore: Orchids Are Sprouting from the Groundfloor (Kaveh Akbar), The Hawk (Marianne Boruch), Birch (Cynthia Zarin) con l'aggiunta di un inedito:il resoconto delle loro risposte a un nostro questionario sul loro rapporto con la poesia e sull'inusuale sostegno economico riservatole negli States. 
Comporre poesia: per tutti è iniziato molto presto, seguendo il ritmo delle filastrocche infantili (Zarin) e scandendole nel percorso casa/scuola (Boruch).
Poeti preferiti: Zarin cita Marianne Moore e Dylan Thomas, tra i tanti citati da Boruch nominiamo Keats e Hopkins, Whitman, Dickinson, Bishop, Larkin, Plath, ed anche il nostro Pavese. Akbar cita solo poeti strettamente contemporanei: Anne Carson, Carl Phillips, Heather Christle, Franz Wright, Frank Bidart.
Il terrore della pagina bianca:
per Akbar si tiene a bada con il metodo. Ogni giorno siede anche otto ore di seguito attendendo fiducioso qualcosa che di certo giungerà. Si tratta della modalità “begging bowl”: l’attitudine da mendicante teorizza Boruch in un’intervista rilasciata ad Akbar su Divedapper. La poesia non deve mai tradire l’intenzione, viene da fuori, è un dono. Per riceverlo bisogna svuotare la mente, come nella meditazione, e cercare l’occasione. Boruch ironizza su questo ricordando come le suore cattoliche della sua infanzia fossero ossessionate dalle “occasioni di peccato”: come il peccato anche la poesia è un'effrazione dell'ordine mentale costituito. Accolto il primo verso inizia un lento e attento percorso di accudimento. Subentra la pratica che Boruch definisce “hospital rounds”, ritornare senza posa sulle poesie, come il medico che visita ogni giorno i ricoverati per aggiornare diagnosi e terapia. 
Quanto ai corsi di Scrittura Creativa: Zarin dichiara il proprio impegno ad insegnare precisione e consapevolezza e sottolinea l’importanza della lettura, che invece pochi aspiranti poeti praticano spontaneamente a sufficienza. Per Boruch i corsi aiutano ad evitare i preconcetti, ad avere coraggio, a scrivere con chiarezza pur lasciando un tocco di mistero, ad assorbire tecniche assimilando la lezione dei predecessori. Akbar crede in due semplici prerequisiti: una sincera curiosità naturale e l’attitudine a porsi delle domande. Unite a studio ed esercizio assidui non potranno non dare risultati. Insiste poi sull’importanza dell’atmosfera creata nei corsi: un ecosistema fatto di entusiasmo e passione, dove si celebrano i poeti studiati e la nuova produzione che lievita durante il corso stesso.

Il sostegno alla poesia negli USA:
Certo un poeta italiano guardando agli States non può trattenere un moto di invidia: quasi tutte le università hanno corsi di scrittura creativa, per lo più affidati a poeti; molte hanno una casa editrice propria che ne pubblica direttamente i prodotti. La concorrenza è grande, ma un lavoro incessante di selezione e valorizzazione delle voci poetiche è svolto anche da case editrici no-profit come la Copper Canyon Press. Il sostegno economico di fondazioni e donazioni private garantisce l’assegnazione di soggiorni studio e borse di consistenza da noi impensabile. Il Kingsley and Kate Tufts Prize ricevuto dalla Boruch si aggira sui centomila dollari perché il sano pragmatismo americano ritiene che “sollevare un poeta per qualche tempo dalla preoccupazione di pagare l’affitto avrà un impatto positivo sulla sua produzione”. Sia Boruch che Zarin hanno beneficiato di sovvenzioni statali erogate dal Nea (National Endowment of the Arts), pilastro della promozione di attività culturali in tutto il paese, caduto tuttavia di recente sotto il mirino di Donald Trump che  vorrebbe abolirlo.
Di tutto ciò si ritengono abbastanza soddisfatti Zarin e Akbar che, pur auspicando maggiore attenzione a chi opera fuori dalle cerchie accademiche, dichiara che oggi i poeti hanno una nuova preziosa possibilità di comunicare e collaborare a distanza. Boruch appare la più preoccupata dalla possibile inversione di tendenza e la più scettica sul reale impatto della poesia in America. Se Zarin lamenta che ci sono più poeti che lettori di poesia (per non parlare in termini di acquisto di libri) Boruch va oltre, sostenendo che in America i poeti sono considerati tipi strambi e sostanzialmente emarginati. Non condivide la  convinzione che da loro si faccia molto per la poesia. Invidia invece l’attenzione più profonda che la poesia riceve in Europa citando le imponenti cicliche operazioni di promozione libraria attivate in Gran Bretagna. È possibile certo che anche in America ci sia una sproporzione, forse anche maggiore che da noi, tra i libri pubblicati e libri effettivamente letti, e soprattutto acquistati. Bisogna infatti vedere quanto i libri pubblicati vengano  promossi. Pubblicazioni e  riconoscimenti corrono a quanto pare il rischio di diventare trofei da curriculum e non  volano di diffusione culturale. Per questo Boruch considera “un piccolo miracolo” che il suo ultimo libro sia stato incluso dal New Yorker nella lista dei libri più amati del 2016.
Vorrebbero tutti che fosse più incoraggiata la pratica delle traduzioni, in un senso e nell’altro, ma soprattutto dall’italiano in inglese (Boruch) perché negli USA quasi nessuno conosce una seconda lingua e lei reputa invece il confronto con il diverso da sé importantissimo per un poeta. 

Kaveh Akbar (Teheran 15 /01/1989) è un poeta iraniano-americano.
Laurea in Scrittura creativa alla Purdue University, Master alla Butler University,  Ph.D (dottorato) presso la FSU (Florida State University) dove ha tenuto dei corsi. Di recente ha ricevuto un incarico pluriennale alla Purdue University. Nel 2014 ha fondato Divedapper (www. Divedapper.com), il sito dove pubblica settimanalmente un’intervista ai suoi poeti preferiti. Nel settembre 2016 ha ricevuto dalla Poetry Foundation la Ruth Lilly and Dorothy Rosenberg Poetry Fellowship.  Molti suoi testi sono apparsi su riviste e siti on line e di recente sono usciti: Portrait of the Alcoholic, Sibling Rivalry Press, 2017 e Calling a Wolf a Wolf, Alice James Books, 2017, legati entrambi alla dipendenza dall’alcol e al suo superamento.
L’importanza delle immagini in Akbar è evidente nella surreale visionarietà di Orchidee spuntano dalle assi del pavimento: "Oh, / Lidia, ci manchi tantissimo". Non sappiamo perché Lydia sia assente e quale sia il suo rapporto con
le orchidee, ma le improbabili immagini evocate si imprimono nella mente di chi legge, e ci restano.

Orchidee spuntano dalle assi del pavimento
Orchidee spuntano dalle assi del pavimento.
Orchidee sgorgano dai rubinetti.  
Il gatto miagola orchidee dalla bocca.
Anche i suoi baffi sono orchidee.
L’erba germoglia orchidee.
Sta diventando quasi tutta orchidee.
Gli alberi sono carichi di orchidee.
Il copertone-altalena volteggia orchidee.
Il sole sul cemento bagnato è un’orchidea bianca.
Le gomme dell’ auto lasciano una scia di orchidee.
Un bouquet di orchidee sale dal tubo di scappamento.
Adolescenti si scambiano  foto
di orchidee  sui cellulari, anch’essi orchidee.
 Vecchi in mocassini orchidee
commerciano furiosamente orchidee.
Madri riempiono i biberon di orchidee calde
per nutrire i loro piccoli, essi stessi orchidee.
Il loro tubare è una specie di orchidea.
Le nuvole sono tutte orchidee.
Piovono orchidee.
I muri sono tutti orchidee,
la teiera è un'orchidea,
il cavalletto vuoto è un'orchidea
e questo freddo è un'orchidea. Oh,
Lidia, ci manchi tantissimo.

Traduzione del Laboratorio di traduzione Monteverdelegge 2017 (M.A. Basile, M. Izzi, G. Mantegazza, F. Mormile, A. M. Rava, A.M. Robustelli, J. Wilkinson).


Marianne Boruch è nata a Chicago (19/06/1950). Educata dalle suore cattoliche della St Eugene School vive col marito a West Lafayette, nell’Indiana. Insegna alla Purdue University dove dirige il MFA Program for Creative Writing .Ha pubblicato dieci raccolte di poesia, saggi critici, un memoir su un viaggio in autostop fatto a vent’anni, The Glimse Traveler, Indiana University Press, 2011. Citiamo qui le sue raccolte più recenti: The Book of Hours, Copper Canyon Press, 2011 (Kingsley and Kate Tufts Poetry Award 2013); Cadaver, Speak (Copper Canyon Press, 2014); Eventually One Dreams the Real Thing (Copper Canyon Press, 2016), che è stato inserito dal New Yorker nella lista dei libri più amati del 2016. Il nostro laboratorio le ha dedicato un Quaderno Omaggio in occasione di un suo Reading alla John Cabot University di Roma.


IL FALCO
Era a metà della gracola
quando tornai a casa. Dalla cucina vidi
il sangue, le penne nere sparpagliate
sulla neve. Come l'uccello si piegava
su ogni matassa di carne, i muscoli
protesi allo sforzo e allo strappo.
La ferocia del tutto, la noncuranza.
Il silenzio catturò il cortile, di solito
scosso da liti o richiami,
cinciallegra, passero e fringuello cinerino
e quello sgargiante, e la cincia tormentata
dalla sua piccola resa totale
alla paura di ogni cosa. Non sapevo
come guardare. Come restare lì
o prendere fiato tra i morsi
e gli strappi del falco, il suo piacere
così efficiente, così naturale, naturale,
la gola in trionfo,
che si sollevava. Non
la violenza, povera gracola. Ma la
cincia, alta sopra di noi, che
capiva ogni cosa.

da Poems: New & Selected, Oberlin Press 2004

Traduzione del Laboratorio di traduzione Monteverdelegge 2015 (M.A. Basile, D. Marchionni, F. Mormile, A. M. Rava, A.M. Robustelli, P. Splendore, J. Wilkinson).


Cynthia Zarin (1959) è un’affermata scrittrice e critica statunitense. Poetessa, giornalista (redattrice del New Yorker), autrice di libri per bambini, vive a New York e insegna Scrittura Creativa all’Università di Yale. Ha pubblicato le raccolte: New Age and Other Poems. Columbia University. 1984; The Swordfish Tooth. Alfred. A. Knopf. 1989; Fire Lyric. Knopf. 1993; The Watercourse. A. A. Knopf. 2002 e The Ada Poems, A. A. Knopf 2010. A marzo scorso è uscita la nuova raccolta Orbit, Alfred A. Knopf, 2017. Nel 2013 ha pubblicato la raccolta di saggi An Enlarged Hearth: A Personal History. Ha soggiornato a Roma ed ha una passione per l’Italia e l’italiano, che sta studiando.
Dal visionario e suggestivo Betulla  trapela, pur chiuso e cifrato,  l’amore tutto cicatrici per il padre appena morto. In un’atmosfera inquieta la betulla diventa correlativo oggettivo dell’io lirico, una Dafne rovesciata che per liberarsi dalla paralisi creativa in forma di prigione lignea chiede aiuto alla figura presente sulla scena. Questo elusivo personaggio, individuato solo attraverso l’uso di un “tu”, è una sorta di anti-Apollo, come quello capace di incidere positivamente sulla creatività e di rappresentare un diverso tipo di amore.


Betulla

Sperone d’osso, staffa di vene — l’albero
un bianco puledro, l’alberello di nuovo osso, ridotto a una scheggia,
            una guglia, la betulla arenata

nel suo burrone di foglie. Stammi accanto, arriva
ai suoi rami spellati, alle braccia tirate fuori
            dall’alberello, il tuo polso teso,

ogni ganglio uno squarcio nel tronco lacerato
dell'albero, un intaglio da bambino, amore più amore,
           i miei palmi nel tuo pugno, quel

trio un tridente che spacca la betulla, la corteccia
un papiro, le cicatrici una calligrafia,
           una storia di fantasmi scritta su

lenzuoli  funebri,  il tronco inchinato, morto è
mio padre, la betulla che legge ad alta voce
           la notizia del giorno, come se non l’avessimo

sentita, il muschio delle radici gas acceso,
come le vene sulla tua mano macchiata d’inchiostro—
           la betulla tutta gomiti, che ci accoglie.

da The Ada Poems  (A. Knopf, 2010). Copyright © 2010 by Cynthia Zarin.

Traduzione del Laboratorio di traduzione Monteverdelegge 2016 (M.A. Basile, M. Izzi, G. Mantegazza, F. Mormile, A. M. Rava, A.M. Robustelli, J. Wilkinson).



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