Pubblichiamo questo articolo che, uscito il 17 dicembre 2016 su alfapiù, offre numerose riflessioni interessanti sui Gruppi di Lettura, che non sono solo un'attività tra le tante a cui si dedica Monteverdelegge, ma sono il cuore pulsante, il motivo stesso della nascita, nel 2008, di questa associazione culturale.
Il 4 e il 5 novembre a Mantova si è tenuta la XIII edizione del Forum del Libro dedicata quest'anno al tema Libri lettori comunità. Pubblichiamo qui, per gentile concessione dell'autore, un ampio stralcio della relazione introduttiva di Luca Ferrieri, responsabile della biblioteca di Cologno Monzese e autore fra l'altro di La lettura spiegata a chi non legge (Editrice Bibliografica 2011) e Fra l'ultimo libro letto e il primo nuovo da aprire (Olschki 2013).
Luca Ferrieri
Al primo raduno dei Gruppi di Lettura (GdL) che facemmo ad Arco di Trento nel 2006, ponemmo molta enfasi sul concetto di lettura condivisa, e sulla sua radicale diversità rispetto a quello di lettura collettiva, ereditato dalla tradizione otto-novecentesca. Senza ripetere le considerazioni svolte in quella occasione, vorrei ricordare almeno una conseguenza pratica di questa diversità. I gruppi di lettura italiani, a differenza di alcuni americani, non sono mossi da una sorta di ostilità verso la lettura solitaria, ma anzi la prolungano, le offrono una nuova dimensione. Questa sfera resta squisitamente individuale, il gruppo di lettura si fa carico di tutto ciò che precede e segue l’atto privato e segreto della lettura, lo fa “detonare” nella prospettiva, appunto, della lettura condivisa. La quale resta terza (perché la lettura ci insegna sempre che tertium datur) tra lettura solitaria e lettura collettiva. C’è un filo che conduce dalla “stanza tutta per sé” di Virginia Woolf alle sale delle biblioteche o agli altri luoghi “ambulanti” dove si incontrano i gruppi. Quel filo è l’attenzione ai momenti della nascita, dell’iniziazione e della riproduzione della lettura, di cui non si sono occupati, per motivi diversi, né la tradizione del lettore solitario né quella della lettura collettiva.
Nel frattempo la parola condivisione ha fatto parecchia strada e, come spesso succede, ha perso un po’ di sostanza nel percorso: l’abuso delle parole spesso le trasforma in etichette segnaletiche, in termini passepartout, e quello che si perde è proprio il rapporto con la cosa stessa. Vorrei provare a ristabilirlo.
Nel cuore della condivisione
Condividere ha, da dizionario, due significati parzialmente contraddittori: a) avere in comune; b) spartire. Sullo sfondo, quindi, c’è un’altra parola chiave per i gruppi di lettura: comune. Tornerà negli accenni che faremo al rapporto con la comunità dei lettori e alla lettura come bene comune. Perché contraddittori? Perché il primo è identitario/proprietario e il secondo è comunitario/meticciario, se esistesse la parola. In realtà se i GdL avessero come scopo quello di raccogliere le persone che “hanno in comune la lettura”, farebbero un lavoro di tesseramento, senza nulla togliere alla utilità di questo lavoro. Invece quello che fanno è mettere la lettura in comune.
Ma proviamo a mettere dei picchetti, su quelli che sono i contenuti, i significati della condivisione nei gruppi di lettura.
nel GdL la lettura è ospitale. Non si tratta naturalmente di buona educazione. Questa non fa mai male, ma qui è questione delle differenze che la lettura alleva rigorosamente e rigogliosamente, e che soprattutto accoglie, preserva, difende come il pane. C’è sempre lo straniero nel libro, e lo straniamento alla prima lettura, e poi all’ultima, ancora di più. Se non ci fosse dovremmo inventarlo.
nei GdL la condivisione è stupita e stuporosa. Lo stupore avviene quando il lettore solitario esce di casa controvoglia in una sera umida e nebbiosa (come ci racconta Monique Pistolato) 1, per una punta di curiosità condita da molta diffidenza, e scopre, a volte con la forza di una rivelazione, i “valori aggiunti” della lettura condivisa. Quelli di cui discutevamo ad Arco di Trento, ossia, in forma di elenco, sempre parziale e provvisorio:
1. Un’altra lettura è possibile , che forse andrebbe meglio detto, Esiste la lettura degli altri;2. Ecco i libri che avrei sempre voluto leggere ma non sapevo che esistessero;
3. Io leggo perché ti rispetto, io ti rispetto perché leggo, ovvero la scoperta dell’etica della lettura;
4. Alla lettura sommo l’ascolto: il testo ha una voce, i personaggi hanno una voce, gli altri lettori hanno una voce; nel GdL queste voci vengono ascoltate, a volte auscultate;
5. Io non basto alla mia lettura, ossia il lettore non è un autarchico;
6. Sono orgoglioso di leggere, insomma trovo degli altri pazzi come me;
7. Leggendo sento e penso, ossia c’è un posto dove anche le emozioni della lettura hanno cittadinanza;
8. Leggo e poi rileggo; perché quel che fanno i GdL è anche riprendere in mano dei classici;
9. Tengo traccia delle mie letture. Sì le prendo sul serio: annoto, ci scrivo su, traccio un ponte tra scrittura e lettura; mi preparo anche. Lo avrei fatto senza il GdL della serata nebbiosa?
Questi valori aggiunti, nella grande maggioranza dei casi, sono inattesi, arrivano come un dono. Ma la condivisione è anche stuporosa: perché, quando scatta, ci rapisce, ci attanaglia, ci lascia senza fiato e senza parole.
nel GdL la condivisione avviene attraverso la narrazione; ma non la narrazione del plot, il riassunto della trama, bensì la narrazione della esperienza, delle emozioni, del lascito e del vissuto. Quelle che prendono vita nel GdL sono storie di lettura.
se la lettura condivisa perché la memoria è divisa? (forse perché la memoria di una lettura è spesso involontaria, e ogni lettore riscrive le storie, una cosa che con la storia non va bene, ma con le storie si può fare…)
nel GdL la lettura è anche una tecnica – che si impara;
nel GdL non si condivide solo la ricezione, ma la produzione e la postproduzione; si costruiscono artefatti di e sulla lettura, con appunti, disegni, mappe mentali, tavole associative, ecc.
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