G. Luca Chiovelli
Ciò che sembrava impossibile è accaduto.
Un attacco dell'ISIS in pieno centro a Viterbo ha provocato la rovinosa distruzione di alcuni affreschi quattrocenteschi - affreschi unici nel suo genere.
L'ISIS, evidentemente, mira a ricalcare le cruente razzie dei Saraceni nell'Etruria centro-meridionale del Medioevo; il blitzkrieg dimostra che i jihadisti, non paghi dell'immane devastazione compiuta a Roma (presso il nuovo, sedicente Centro Congressi dell'Eur), si infiltrano con sempre maggior sicurezza nell'entroterra appenninico, con brevi folate tipiche della guerriglia corsara: una tattica tesa a disarticolare moralmente i cittadini, e a piegare lentamente le particolari e pur eroiche resistenze, sino alla resa finale, umiliante e definitiva.
Le autorità locali minimizzano l'accaduto, ma le anime più sensibili intravedono l'eccezionale gravità del fatto, e temono, con piena ragione, il rapido consolidarsi di un Califfato della Bassa Tuscia - fenomeno di cui si erano pur avvertiti i prodromi, non molto tempo addietro (distruzione degli affreschi della chiesa di San Leonardo a Graffignano).
Cosa deve ancora accadere prima che gli uomini di buona volontà si armino con forza contro tale minaccia?
Non abbiamo risposte. Di certo v'è solo l'inesprimibile dolore per una perdita artistica che pesa non solo sulla coscienza dei viterbesi e degl'Italiani tutti, ma - soprattutto - sulla gobba morale dei maggiori responsabili politici e civili, locali e nazionali.
Terribili calamità ci aspettano ancora!
Ed ecco il resoconto dell'esiziale avvenimento nelle parole del veterano Mauro Galeotti, appassionato cultore di storia viterbese:
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