DR: Quest'anno cade il cinquantesimo anniversario della pubblicazione di Fahrenheit 451. Si rendeva conto, scrivendo il romanzo, di dar vita a qualcosa di speciale? O la reazione dei lettori l'ha colta di sorpresa?
RB: La reazione è giunta in un periodo di cinquant'anni e ne ho realizzato la portata molto lentamente. Ballantine pubblicò il romanzo in edizione rilegata e in edizione economica lo stesso giorno nell'ottobre del 1953; credo che la prima vendette circa 5.000 copie. Ci furono delle recensioni, ma non molte; qualche reazione da autori americani, molto positive, ma subito non mi resi conto che avevo fatto qualcosa che sarebbe durato così a lungo. L'edizione economica vendette circa 50.000 copie in un anno, il che è più di 5.000, ma non ne fa ancora un bestseller.
DR: Quando ha cominciato a rendersi conto che il libro avrebbe avuto potenzialità di tenuta nel tempo diventando a tutti gli effetti un classico?
RB: Solo negli ultimi due anni, per l'interesse suscitato in varie città dove numerosi sindaci e biblioteche avevano organizzato programmi di lettura per l'intera popolazione. Fu allora che la cosa mi colpì.
DR: Deve aver avuto una notevole conferma dell'enorme popolarità raggiunta dal libro quando uscì il film di Truffaut nel 1966....
RB: Il film fu un premio a doppia faccia. Non aderiva integralmente al romanzo come avrebbe dovuto. E' un buon film; ha un meraviglioso finale; ha una grande colonna sonora di Bernard Hermann che ha scritto una bellissima musica. Oskar Werner è splendido nel ruolo di protagonista. Ma Truffaut ha sbagliato ad assegnare a Julie Christie due ruoli nel medesimo film: questo ha disorientato il pubblico. Inoltre egli ha eliminato alcuni personaggi: Clarisse McClellan, Faber, il filosofo e il Segugio Meccanico, mentre non si può fare a meno di loro!
DR: Ricordo di essere rimasto molto deluso nel non vedere il Segugio Meccanico.
RB: Stanno pensando una nuova versione per l'anno prossimo: Mel Gibson la produrrà e Frank Darabont ne curerà la regia. Darabont ha girato The Shawshank Redemption (Le ali della libertà). E' un eccellente regista, molto simpatico e io aspetto con ansia la sua prova.
DR: Anch'io. Sa chi ne sarà il protagonista?
RB: E' troppo presto per dirlo.
DR: Fahrenheit 451 non è stato originariamente pubblicato nella rivista "Playboy"?
JR: No, è stato pubblicato nella rivista Galaxy come “The Fireman” (Il pompiere) nel febbraio
DR: Avrebbero almeno dovuto pagarla 451 dollari!
RB: (ride) Già!
DR: Come molta gente, ho letto Fahrenheit 451 per la prima volta a scuola. Rileggendolo la scorsa settimana, mi ha colpito quanto coincida il suo futuro immaginario con la realtà, certo più del romanzo di Orwell 1984 che viene spesso paragonato a Fahrenheit 451. Penso che quel libro non abbia più una valenza profetica, che invece il suo romanzo conserva.
RB: Orwell scriveva di comunismo, della sua disillusione per il comunismo in Russia e per quanto facevano i comunisti in Spagna. Il suo romanzo era una reazione a quelle situazioni politiche, mentre io ero interessato a una realtà che andava al di là della situazione politica . Mi interessavano gli aspetti della situazione sociale: l'impatto della TV e della radio e la mancanza di istruzione. Potevo prevedere l'arrivo di insegnanti che non insegnavano più a leggere; meno insegnavano e meno ci sarebbe stato bisogno di libri.
DR: E' proprio quell'elemento sociale che mi sembra il più profetico ora, e non solo a causa della diffusione della TV dei reality show, della onnipresenza di Internet, ma anche a causa della somiglianza fra la situazione degli Stati Uniti in Fahrenheit 451 ed il paese oggi, ed in realtà è proprio questo l'aspetto politico. Nel romanzo, gli Stati Uniti sono coinvolti in una guerra vagamente definita. Aerei da combattimento continuano a sorvolare il cielo in formazione. Il resto del mondo ci odia e non riusciamo a capirne la ragione. Nell'opinione di alcuni ciò è quanto descrive esattamente la situazione attuale come una guerra senza fine contro il terrorismo e conflitti armati in Afghanistan e Iraq, quest'ultimo nonostante le proteste del mondo intero. Non pensa forse che il paese si stia avvicinando all'America del suo romanzo da lei descritta cinquant'anni fa?
RB: Neanche per sogno. Il problema principale è l'istruzione, non la politica. Gli insegnanti del nostro paese devono essere preparati ad insegnare a leggere e scrivere all'asilo e in prima elementare. Quando i bambini vanno in seconda elementare, dovrebbero saper leggere e scrivere perfettamente, come è successo ad altre generazioni. Ero in prima elementare nel 1926 e i miei insegnanti erano tutti poveri; il loro stipendio era di 800 dollari all'anno, ma i loro alunni sapevano leggere e scrivere perfettamente alla fine della prima elementare. Ciò non ha niente a che fare con il governo. E' il sistema educativo che si deve correggere.
DR: Anche ora gli insegnanti non guadagnano molto...
RB: Il denaro non c'entra affatto, dipende da quanto ami o non ami ciò che stai facendo… Senta, io ho scritto per anni e non ero pagato. E' stata la mia passione che mi ha sostenuto per tutti quegli anni. Ho venduto giornali agli angoli delle strade e quando avevo ventidue anni guadagnavo 10 dollari alla settimana. Quando ho cominciato a fare 20 dollari alla settimana vendendo storie, ho smesso di vendere giornali.. O sei innamorato di quel che fai o non ne sei innamorato.
DR: Ciò che la gente a volte dimentica di Fahrenheit 451 è che non è il governo che ha cominciato a bruciare i libri – E' la gente comune che smette di leggere e si allontana dall'abitudine di pensiero e di riflessione che la lettura incoraggia. Quando il governo comincia attivamente a censurare l'informazione, la maggioranza delle persone non batte ciglio. Quanto è importante leggere per la salute di una democrazia come la nostra?
RB: Immaginiamo che ci sia un terremoto domani in una qualunque città universitaria. Se alla fine del terremoto potessero rimanere solo due edifici, quali dovrebbero essere per ricostruire tutto ciò che è andato perso? Il primo dovrebbe essere l'ospedale, perché è necessario aiutare la gente a sopravvivere, a curare ferite e malattie. L'altro edificio dovrebbe essere la biblioteca. In essa è contenuto tutto il resto. La gente potrebbe andare in biblioteca e prendere tutti i libri di letteratura o di economia sociale o di politica o di ingegneria di cui ha bisogno e portarli fuori sul prato, sedersi e leggere. Leggere è il centro delle nostra vita. La biblioteca è il nostro cervello. Senza biblioteca non esisterebbe civiltà.
DR: Quale crede che sia la più pericolosa forma di censura oggi?
RB: Ci sono troppi gruppi che rendono impossibile la censura: gruppi cattolici, ebrei e protestanti, i democratici e i repubblicani, i movimenti per la liberazione della donna, le lesbiche e gli omosessuali e i bisessuali, i giovani e i vecchi... Ci osserviamo l'un l'altro e così non c'è spazio per la censura. Il problema principale è
DR: Sembra ci sia stato un declino negli standard dell'obiettività giornalistica, tanto per dirla con moderazione.
RB: Non si tratta solo di sostanza; è anche questione di stile. L'intero problema della TV e del cinema oggi è riassunto nel film Moulin Rouge. E' uscito qualche anno fa e ha vinto una grande quantità di premi. E' fatto di 4.560 inquadrature di mezzo secondo e la macchina di ripresa non si ferma mai, e così cancella il tuo pensiero; non riesci a pensare quando ti bombardano in questo modo.
DR: Lei ha previsto tutto ciò negli anni cinquanta. Voglio dire che la gente di Fahrenheit 451 è legata a filo doppio alle pareti-schermo...
RB: Certo.
DR: Cos'altro ha inventato per creare il mondo futuro di Fahrenheit 451?
RB: E difficile dirlo. Ho scritto il romanzo perché amo scrivere. Tutte le mie storie sono scritte in impulsi di passione, così è difficile tornare indietro e recuperare tutti gli aspetti che ne hanno fatto parte, ma ricordo quand'ero bambino, avevo circa dodici anni, quando sul giornale locale sono stati pubblicati copioni per radio drammi che sarebbero stati trasmessi con delle pause, così che si sarebbe potuto recitare la parte di un personaggio mentre lo ascoltavi. Questo l'ho trasportato nel futuro di 451.
DR: Nella postfazione di Fahrenheit 451 lei scrive che i personaggi di Montag, Clarissa e Beatty hanno continuato a parlarle a lungo dopo che il libro era finito. I suoi personaggi tornano sempre in vita a questo modo … e sono sempre così insistenti?
RB: Si, oh si. Io do loro semplicemente un palcoscenico e lascio che mi parlino. Tutte le mie storie riuscite mi sono raccontate dai personaggi. Non sono io che le scrivo, loro scrivono me.
DR: Scrive le trame delle sue storie in anticipo?
RB: No, no, no. Io vivo le mie storie.
DR: Ricordo di aver ascoltato una scrittrice parlare una volta dei suoi personaggi. Diceva di essere lei il capo e che loro erano le sue marionette. Diceva che andavano proprio dove lei diceva loro di andare e facevano ciò che lei ordinava loro di fare...
RB: Non puoi farlo, è cattiva scrittura. Sono loro che scrivono, che controllano, che tramano per me. Io non controllo mai; lascio che abbiano le loro vite.
DR: Ma non è preoccupante questo eccesso di fiducia?
RB: No, è uno straordinario divertimento. Amo i miei personaggi. Ne ho fiducia.
DR: Molta gente si è chiesta che cosa capiti a Montag dopo che il romanzo è finito. Lei suggerisce qualche spunto per quanto riguarda la sua vita dopo la conflagrazione nucleare che distrugge la città e probabilmente gran parte del paese. Ha mai pensato di scrivere un seguito?
RB: No, lascio sempre che siano i miei personaggi a decidere dove finisce la loro storia. Ho scritto un dramma e un musical da Fahrenheit 451 che ne approfondiscono un po' di più qualche aspetto, ma il finale consiste sempre nella civiltà che ritorna alla vita nel ricordo degli uomini-libro.
DR: E se Montag dicesse, “Signor Bradbury, la mia storia non è finita. Dovrebbe scriverne un seguito”?
RB: Credo che potrebbe capitare, ma non di frequente. Ora sto scrivendo un seguito a Dandelion Wine, quarant'anni dopo, ma sto scrivendo il dannato libro da quarant'anni. Non so se riuscirà mai a giungere a una fine.
DR: Perché certe cose prendono così tanto tempo?
RB: Chi può saperlo? Il mio io segreto non me lo dice.
DR: Ha scritto storie che vincono premi in quasi tutti i generi: racconti del mistero, fantascientifici, fantastici, horror, per non parlare di cinema e televisione. Preferisce un genere o tipo di scrittura particolare?
RB: Amo tutto. Amo scrivere saggi. Ho scritto un nuovo ponderoso libro di poesia, They have not seen the stars, (Non hanno visto le stelle) uscito sei mesi fa. Amo scrivere commedie: alla fine del mese ho scritto tre nuove commedie che verranno date qui a Los Angeles,, e anche altre più tardi nell'anno.
DR: Quali dei suoi libri, storie o personaggi sono più vicini al suo cuore?
RB: Tutti quanti. Sono tutti miei figli. Quando ami qualcuno, ti comporti verso di lui con grande affetto.
DR: Persino con un personaggio come Beatty, che sotto molti aspetti è il malvagio di 451?
RB: Certo. Deve capire come Beatty sia diventato un incendiario di libri. Ha una storia. Era un lettore, ma dopo varie crisi – sua madre morì di cancro, suo padre si suicidò, le sue storie d'amore andarono in pezzi – ma quando aperse i libri, questi erano vuoti; non potevano aiutarlo: così prese i libri e li bruciò.
DR: Può sembrare una domanda strana, ma la faccio seriamente; dopo tutto, lei si è descritto come un mago! Crede che esista la magia nel mondo?
RB: Dipende da cosa intende per mondo.
DR: Bene, lei cosa intende?
RB: Per mezzo del mio amore per le parole e del mio amore per le idee e le metafore, posso convincerla delle cose più incredibili. Questo fa un mago. Può far scomparire un elefante dal palcoscenico. Posso far sparire o apparire un mondo intero in una storia, o far si che dinosauri si innamorino di fari. Questa è magia.
DR: Una delle costanti del suo lavoro negli anni è stato il rilievo da lei dato a cose e genti comuni nel formare o cambiare il mondo... come fanno gli uomini libro in Fahrenheit 451. Nei suoi romanzi c'è sempre speranza per il futuro, eppure il suo ottimismo non è mai superficiale.
RB: Io credo che se fai il tuo lavoro ogni giorno, alla fine della settimana, o del mese, o dell'anno ti senti bene per tutte le cose che hai fatto. E' la realtà, non è un falso concetto di ottimismo. Così, se ti comporti e scrivi bene ogni giorno, ed agisci bene, alla fine dell'anno ti sentirai bene con te stesso.
DR: Non c'è qualcosa di essenzialmente americano nel suo atteggiamento verso il lavoro? Lei si reputa uno scrittore americano?
RB: Non mi piacciono etichette del genere. Sono stato influenzato da qualsiasi tipo di scrittore irlandese: George Bernard Shaw, Sean O' Casey, William Butler Yeats, Oscar Wilde … o in inglese, Charles Dickens. Sono anche stato influenzato da scrittori americani del diciannovesimo secolo che scrivevano metafore: Hermann Melville, Nathaniel Hawthorne e Edgar Allan Poe. Non credo che in me ci sia niente di puramente americano.
DR: Mi sono immerso per ore nella lettura del libro Bradbury: An Illustrated Life, un libro meraviglioso...
RB: Non è un libro incredibile?
DR: E' proprio bello. Nell'introduzione lei dà risalto all'importanza delle immagini nel suo lavoro, e caratterizza la sua vita come “un movimento – una danza - fra tutte queste immagini”. La fonte e significato di queste è un mistero che lei ha cercato di dipanare nei suoi scritti o la sua scrittura non si avvicina piuttosto di più alla celebrazione di un mistero?
RB: E' una celebrazione. Alla fine della vita ci si volge indietro e si guarda quanto si è fatto. Il mio eroe era Federico Fellini, il regista italiano. Era un mio amico venticinque anni fa. Quando l'ho incontrato la prima volta, mi ha abbracciato e ha gridato, “Il mio gemello! Il mio gemello!” Ha vissuto secondo il detto seguente: “Non mi dire ciò che sto facendo; non voglio saperlo.” Non ha mai guardato i suoi film mentre li faceva; non ha mai letto i quotidiani. Solo quando aveva finito di girare un film, si sedeva e guardava quanto aveva fatto. Io mi comporto allo stesso modo. Non credo di dover osservare me stesso.
DR: Ha mai collaborato con Fellini?
RB: Oh, avrei voluto, ma non è mai successo.
DR: Quando riconsidera la sua carriera, che cosa la sorprende di più?
RB: Tutto quanto! Ho avuto una gran vita. Sono stato molto fortunato.
DR: Che cosa vorrebbe ancora portare a termine come scrittore?
RB: Voglio scrivere un musical.
DR: Scrive ancora tutti i giorni?
RB: Ogni giorno da settant'anni.
DR: Abbiamo sollecitato domande ai lettori e agli insegnanti del suo lavoro, e abbiamo scelte due persone per porle. Farò prima la domanda dell'insegnante: cosa bisogna fare perché i ragazzi apprezzino il potere della parola in un cultura che viene progressivamente dominata dalle immagini?
RB: (ride) Date loro un libro, questo è tutto. Fantascienza, fantasia – i miei libri hanno cambiato un gran numero di vite. Sono pieni di immagini e metafore, ma rimandano a concetti intellettuali. Date uno dei miei libri a un ragazzo di dodici anni a cui non piace leggere, e quel ragazzo se ne innamorerà e comincerà a leggere.
DR: Quali libri preferiva da ragazzo?
RB: I libri di Oz. Tarzan e John Carter, Warlord of Mars di Burroughs. Jules Verne a una certa età. Edgar Allan Poe quando avevo nove anni. E H.G.Wells, che è stato molto negativo, ma anche molto eccitante perché quando hai sedici anni, sei paranoico, e H.G.Wells è uno scrittore molto paranoico, ed anche molto necessario.
DR: Infine, mi permetta di farle la domanda scelta da uno dei suoi lettori: In Fahrenheit 451, mi ha particolarmente colpito che lei includesse il vangelo di Luca, mentre il film scelse di non farlo.
RB: Perché Luca? Non so. Sono cresciuto nella chiesa Battista, e così conoscevo tutti quei testi biblici, ma non sono stato io a sceglier i testi; è stato il mio subconscio.
DR: Il suo io segreto di cui parlava prima.
RB: Si, devi credere in quell'io scrittore o non staresti facendo ciò che fai.
Traduzione dall'inglese di Germana Moech.
Nessun commento:
Posta un commento