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venerdì 19 luglio 2013

Di cosa parliamo quando parliamo d'amore

G. Luca Chiovelli


L'Italia ha da secoli rinunciato a una propria identità nazionale, e, quindi, a una propria letteratura; per ciò stesso le nostre più valide intelligenze si son sempre incuriosite a cosa gli altri - i popoli che ancora ce l'hanno, una letteratura - intendano quando parlano d'essa. Poiché i nostri attuali colonizzatori culturali sono americani (e, di riflesso, d'area linguistica affine), non è senza interesse che ci accostiamo al saggio della professoressa Janice Radway (La vie en rose. Letteratura rosa e bisogni femminili), curato da Elisabetta Flùmeri e Gabriella Giacometti, esperte del settore, sceneggiatrici e loro stesse fresche produttrici di letteratura rosa.

Tale interesse deriva, oltre che dalla provenienza culturale (quella che, in ultima sostanza, decide ciò che deve piacerci e quanto), dal fatto che il romance, nelle sue varie filiazioni e coloriture, è, specie nelle ultime decadi, in costante e irresistibile espansione, spesso a danno dei generi letterari canonici.

Esamineremo dapprima i contenuti salienti delle tesi della Radway, per poi passare a una breve valutazione sia dei limiti estetici del romance che delle ragioni del suo successo globale.

Cominciamo col dire che il saggio - che risale al 1984 - ci mette parecchio a carburare. Inizialmente la Radway, che, da brava empirista d'area angloamericana ha studiato sul campo il fenomeno, cerca di definire il romance quale personale area d'evasione femminile dal pesante e impegnativo ruolo di madre e moglie; una sorta di isolamento rigenerante che non si risolve, però, nella semplice fuga in mondi più desiderabili, ma è connotato, in special modo nei decenni risalenti, da una certa rivalsa sociale: leggere, infatti, al contrario della passività televisiva, trasporta in un mondo che richiede partecipazione intellettuale e che può donare uno spessore culturale altrimenti impossibile da ottenere.

Il romance pende, insomma, come una mela succosa dall'albero del bene e del male.

Queste le prime schermaglie argomentative, in cui pare delinearsi una versione moderatamente ribelle della letteratura rosa.
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