"Perché Charles Dickens è così amato? Perché io amo Dickens? Dickens è solo un'istituzione? Se è così, allora è un'istituzione che non lascia scampo (. . .) Che lo si approvi o no, Dickens è sempre lì, come la colonna di Nelson in Trafalgar Square". Queste le parole di G. Orwell a corredo dell'edizione Einaudi di "Tempi difficili", pubblicato dallo scrittore inglese - a puntate mensili su un periodico di sua proprietà - nel 1854 con il titolo Hard Times.
L'annullamento della natura e del sentimento, nonché la reificazione del calcolo matematico, divengono stemma impareggiabile della città di Coketown nelle parole pronunciate dal giovane Bitzer in risposta alla richiesta di dare una precisa definizione della parola cavallo: "Quadrupede, erbivoro, 40 denti, di cui 24 molari, 4 canini e 12 incisivi. Muta il mantello in primavera, nei climi umidi anche gli zoccoli, duri, che richiedono la ferratura. Età riconoscibile da diversi segni nella bocca". Con questa sferzante e inappellabile rappresentazione del quadrupede scompaiono, come per incanto, le disneyane immagini che popolano la nostra fantasia, da Furia a Spirit, e si cancellano i ricordi legati alle mirabili evoluzioni acrobatiche di dolci cavallerizze in sella a indomiti destrieri circensi o quelle più sfrenate e rumorose all'interno dei recinti per animali selvatici provenienti dalle praterie. Le emozioni, le fantasie e tutti i termini immaginari, non rispondenti a semplici dati di fatto (ancor meglio se correlati a dati contabili, nel senso di possibile tornaconto economico) vanno respinti, annullati, dimenticati. "Speriamo di avere presto un consiglio dei fatti, composti da funzionari dei fatti, che costringano il popolo ad essere un popolo di fatti e null'altro che fatti. La parola immaginazione va bandita per sempre. (...) Non vi capiterà mai di vedere dei quadrupedi a passeggio su e giù per le pareti e quindi non dovrete avere rappresentazioni di quadrupedi sulle pareti. Ecco la nuova scoperta, ecco il fatto. Ecco il gusto".
Ecco il gusto, personalissimo e profondamente sorretto dalla logica del ragionamento, di uno dei protagonisti del romanzo, Thomas Gradgrind, che si accompagna all'amico del cuore, il signor Bounderby - antesignano di molti dei ricchi faccendieri che oggi spopolano sulle pagine di cronaca nera dei quotidiani - come la chiocciola alla sua dimora mobile: lasciando una viscida traccia dietro di sé.
Come sempre nei romanzi di Dickens, anche qui la forza è nei personaggi, nella minuziosa descrizione dei dettagli e nelle frequenti connotazioni morali, dense di ironia e di gusto per la battuta. Dietro ai tanti personaggi di Dickens ti puoi smarrire, ma, come afferma Orwell: "anche se a malapena si pensa ad essi come a esseri umani. Sono mostri, ma a ogni buon conto esistono".
G.M.